Agenzia – Recesso per giusta causa – Illegittimità – (Tribunale di Genova, Sezione Lavoro, Sentenza n.1127 del 17 Settembre 2009)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI GENOVA

Il Giudice Monocratico di Genova — 5^ Sezione Civile del Lavoro in persona della dott.ssa PAOLA ZAMPIERI ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa promossa da :

F. F. SpA in persona dei dell’amministratore delegato dr. D. F. rappresentato e difeso dall’Avv. R. S. per procura in calce alla copia notificata del ricorso per D.l. ed elettivamente domiciliato presso l’Avv. R. S.

Ricorrente

CONTRO

M. F.

Rappresentato e difeso dall’Avv. M. F. per procura a margine del ricorso per D. I.

ed elettivamente domiciliato in Genova Via XXXX

presso l’avv. M. F.

CONVENUTO

CONCLUSIONI

Per la ricorrente:

Piaccia all’ll.mo Giudice Unico, contrariis reiectis, così giudicare:

preliminarmente: sospendere l’esecutorietà concessa al decreto ingiuntivo opposto.

Nel merito: dato atto della non spettanza dei crediti azionati dal Sig. Farinetti per mancanza di titolo e dei presupposti dalla loro maturazione, dichiarare nullo, illegittimo, annullare o revocare il decreto ingiuntivo.

In via principale e riconvenzionale: accertare e dichiarare il diritto di credito di F. & F. consistente nell’indennità sostitutiva del preavviso quantificata in €. 100.306,30 o in quella diversa che sarà ritenuta di giustizia e, conseguentemente condannare il Sig. F. a corrispondere alla Società detto importo,

in ogni caso: con il favore delle spese, diritti ed onorari di causa.

PER IL CONVENUTO:

piaccia al Tribunale di Genova, Sezione Lavoro, Ill.mo, previe le declaratorie tutte del caso e meglio viste e previo, altresì, il differimento della prima udienza di discussione, differimento per il quale formalmente di insta, ex art. 418 cpc come segue provvedere:

in via principale

  1. dichiarare inammissibile e/o improcedibile e/o destituita di fondamento in fatto ed in diritto, oltre che non provata, avversa opposizione al decreto ingiuntivo n. 518/2005 Ing.ne del medesimo Giudice, mandando il ccnchiudente M. F. integralmente assolto dalle infondate ed apodittiche pretese contro il medesimo fatte valere;
  2. confermare (in tutto o in parte) detto decreto ingiuntivo;
  3. comunque — per la denegata e non creduta ipotesi di anche parziale revoca e/o modifica del cennato decreto ingiuntivo — condannare F. & F. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore. corrente in Milano, a corrispondere al Sig. M. F. l’importo di € 106.642, 43 a titolo di indennità suppletiva di clientela ex art 14 A. Comm., e l’importo di € 120.030,37 a titolo di indennità di mancato preavviso ex art. 1750 c.c., ovvero quei diversi importi, superiori od inferiori, meglio visti e ritenuti dal Giudice adito Ill.mo, previa eligenda CTU. Ovvero anche d’ufficio, in via equitativa e tanto previi, se del caso, i meglio visti accertamenti in ordine alla giusta causa del di lui recesso;

in via riconvenzionale

  1. condannare, altresì, F. & F. SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore, corrente in Milano, a corrispondere al Sig. M. F. l’importo di €. 4.317,36 — ovvero quel diverso importo superiore od inferiore, meglio visto e ritenuto dal Giudice adito Ill.mo, previa eligenda CTU ovvero anche d’Ufficio, in via equitativa — in relazione alle competenze provvisionali maturate nel mese di ottobre 2005, e di cui allo statino paga sub 76.
  2. In ogni modo, sottoporre a rivalutazione monetaria gli importi tutti di competenza e/o da corrispondere al Signor M. F., e maggiorare le somme previamente rivalutate in ragione degli interessi legali maturati e maturandi dal dovuto al soddisfo,
  3. Porre le spese, i diritti e gli onorari della procedura di opposizione a carico della parte ricorrente in opposizione.

In data 18.5.2006 F. M. ha presentato ricorso per decreto ingiuntivo esponendo di essere divenuto agente della F. e F. C. S. spa – ora F. e F. – nell’ottobre 1987; di avere da allora Svolto attività di promozione e collocamento dei prodotti e servizi finanziari della menzionata Società, di avere poi ricevuto a decorrere dal 1994 l’incarico di coordinare e supervisionare le attività di altri promotori, che il rapporto di agenzia si era risolto il 14.10.2005 per effetto del recesso, dal medesimo esercitato, per giusta causa; di avere quindi maturato un credito pari a € 229.106,60, dovuti, in parte a titolo di indennità suppletiva di clientela in parte a titolo di indennità di mancato preavviso

Il tribunale di Genova, il 13.11.2006 ha emesso in suo favore il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 518/2006, per l’importo di €226.672,80.

Avverso detto decreto ingiuntivo la F. e F. spa ha proposto opposizione esponendo in fatto;

che il F. aveva stipulato con essa società un rapporto di agenzia a tempo indeterminato, con esclusiva e senza rappresentanza, per l’esercizio di attività di promozione finanziaria;

che detto contratto veniva rinnovato negli anni e che, dal 10 ottobre 2002, al F. veniva anche attribuito il livello provvisionale di “regional manager”;

che il rapporto proseguiva proficuamente fino al 6 ottobre 2005, data nella quale perveniva alla società la comunicazione del recesso da parte del F.,

che, in particolare, il F., nella lettera inviata alla società, lamentava che essa aveva provveduto a rimuovere dalla rete di promotori finanziari affidatagli in qualità di “reqional manager” il sig. R. G. , cosi diminuendo in maniera consistente il proprio portafoglio, e ciò senza alcun suo preventivo consenso;

che, tuttavia, contratto con il sig. R. G. era stato risolto circa sei mesi prima (nell’aprile 2005), a causa di gravi episodi di malversazione di cui si era reso protagonista il promotore;

che dunque non sussisteva alcuna giusta causa di recesso del F.

Chiedeva quindi la F. e F. spa, in via preliminare la sospensiva della provvisoria esecutività del decreto opposto e, nel merito, la sua revoca. In via riconvenzionale chiedeva la corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso, non sussistendo alcuna giusta causa delle dimissioni dell’agente. Si costituiva F. M. chiedendo il rigetto dell’istanza di sospensione.

Nel merito il F. ribadiva la sussistenza della giusta causa delle sue dimissioni rilevando che era stata violata la prassi aziendale relativa alla revoca dei promotori facenti capo ad ogni “regional manager”, revoca per la quale sarebbe stato indispensabile il suo assenso. Proponeva inoltre domanda riconvenzionale relativa al pagamento della somma di € 4317,36, somma di cui allo statino paga (doc. n. 76) non ancora corrisposta dalla società.

Rigettata – difettandone i presupposti – la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del decreto opposto, si procedeva quindi all’interrogatorio delle parti previo infruttuoso esperimento del tentativo di conciliazione.

La causa veniva successivamente discussa e decisa allo stato degli atti come da dispositivo di cui si dava lettura in pubblica udienza.

L‘opposizione è fondata e va accolta, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto.

In particolare non sussiste alcuna giusta causa di recesso che giustifichi le dimissioni comunicate nell’ottobre 2005 dal F. alla società oggi opponente.

Il F. ha sostenuto che detta giusta causa risiederebbe nell’avere la società risolto il rapporto di lavoro con uno dei promotori finanziari facenti parte del gruppo da lui diretto in qualità di “regional manager” ed assegnato ad altri, senza il suo assenso, il portafoglio del promotore medesimo. Da ciò sarebbe derivato un grave danno economico, dovuto alla consistente diminuzione del suo portafoglio e, conseguentemente, dei suo introiti.

Cosi non è. Precisa parte opponente – e tali circostanze non sono state in alcun modo contestate dal F. – che il rapporto tra la società e il D. G. si è risolto a seguito di gravi irregolarità commesse da quest’ultimo. Egli infatti confessava alla locale Procura di essersi appropriato di ingenti somme di denaro e veniva rinviato a giudizio per i reati di truffa e appropriazione indebita aggravati, commessi a danno degli investitori. Va da sé che una volta appurate, anche su segnalazione dello stesso F., tali gravi condotte, la società nell’aprile 2005, ha provveduto a risolvere il contratto con il menzionato D. G.. Le gravissime condotte poste in essere da quest’ultimo, infatti, hanno reciso il particolare rapporto fiduciario che deve sussistere tra promotore finanziario e Società preponente.

La risoluzione di tale rapporto, peraltro, e l’assegnazione ad altro gruppo di promotori del portafoglio del D. G. ha influito Solo marginalmente sull’attività del F. e sui suoi introiti. Lo stesso F., nel corso del proprio interrogatorio, ha riferito che il portafoglio del D. G. ammontava a circa dodici milioni di euro, laddove il suo era di circa quattrocento milioni di euro. Dalle produzioni (doc. 59 F.) si evince che, a seguito del venir meno del portafoglio personale del D. G., il portafoglio del gruppo F. è passato da € 351.451.150.00 ad € 338.277.053.00. Osserva l’opponente note scritte depositate in data 10.6.2009 che il portafoglio del D. G. rappresentava dunque il 3% del portafoglio del F. L’AEC applicato dalle parti prevede, all’art. 2, che le variazioni provvisionali di lieve entità (intendendosi come tali quelle fino al 5%) possono essere effettuate dalla mandante senza che sia necessario alcun adempimento.

Il venir meno del portafoglio del D. G., per la scarsa incidenza che ha avuto sul portafoglio del gruppo diretto dal F., non poteva dunque costituire giusta causa di recesso da parte dell’agente.

Va poi osservato che, anche sotto il profilo temporale, la condotta del F. è priva di alcuna giustificazione. La risoluzione del rapporto tra la società e il D. G. è stata formalizzata nell’aprile 2005. Le dimissioni del F. sono tuttavia sopravvenute a sei mesi di distanza. Sul punto deve osservarsi che la giusta causa di recesso è caratterizzata da immediatezza e deve essere di rilevanza tale da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria dal rapporto. Nel caso in esame il promotore, dopo aver conosciuto, nell’aprile 2005, la circostanza che poi ha fatto valere come giusta causa di risoluzione del rapporto, ha lavorato per ulteriori sei mesi prima di recedere dal contratto. Si osserva che, sulla base di quanto stabilito dall’art. 10 dell’ AEC del 20 3.2002. Si tratta di un periodo addirittura maggiore rispetto alla durata del preavviso dovuto in caso di risoluzione del rapporto ad opera dell’agente. Se ne deduce che la condotta della banca non ha integrato comportamenti tali da non consentire una neppure temporanea prosecuzione del rapporto.

Non era pertanto dovuta dalla società alcuna indennità di mancato preavviso. Per questa stessa ragione non è dovuta l’indennità suppletiva di clientela.

Secondo quanto previsto dall’ accordo economico collettivo del 2002 (capo II) tale indennità, infatti, deve essere corrisposta esclusivamente nell’ipotesi in cui il contratto si sciolga ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente. Si è già ripetutamente osservato come, nel caso in esame, il recesso sia stato operato dal F. per ragioni che esulano dallo svolgimento del rapporto lavorativo in essere con l’odierna opponente. Si osserva al riguardo che il F., come da lui stesso dichiarato nel corso del proprio interrogatorio, dopo un circa un mese dal recesso, intraprendeva la medesima attività di promotore per conto di altra società. Il suo recesso, quindi, non può trarre alcuna concreta giustificazione o ritenersi in qualche modo causato dalla condotta della preponente e gli è pertanto pienamente addebitabile, tenuto conto dell’assenza di qualsiasi concreta e consistente lesione dei suoi interessi.

A corredo di quanto finora illustrato si osserva che la Suprema Corte, n una fattispecie del tutto analoga, ha ritenuto insussistente la giusta causa di risoluzione del rapporto (Cass., sez. lavoro. N. 19678 del 10.10.2005). Osserva infatti la Suprema Corte “Nel contratto di agenzia, pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto o non per un fatto imputabile al preponente o all’agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, può essere utilizzato il concetto di giusta causa di cui all’art. 2119 cod. civ., previsto per il lavoro subordinato, in particolare, con riferimento al recesso dell’agente, la giusta causa può essere identificata solo con l’inadempimento, colpevole e non di scarsa importanza del preponente, che leda in misura considerevole l’interesse del primo”.

Nella specie la S. C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza d una giusta causa di recesso per l’agente nella riduzione delle provvigioni, decisa unilateralmente dal preponente, attesa la scarsa incidenza della riduzione della misura delle provvigioni nell’economia complessiva del rapporto e il notevole spazio di tempo intercorso tra la riduzione e la prima reazione da parte dell’agente, ad oltre sette mesi dalla comunicazione.

Anche nel caso esaminato dalla Suprema Corte, punta nodale della questione era la valutazione circa a sussistenza o meno della giusta causa di risoluzione del rapporto.

Come già detto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha piè volte ritenuto che la giusta causa di recesso possa essere identificata, con riferimento al recesso dell’agente, solo con l’inadempimento, colpevole e non di scarsa importanza, del preponente, che leda in misura considerevole l‘interesse del primo (tra le tante, Cass. 1 febbraio 1999 n. 845). Tale circostanza deve però essere esclusa, come già detto, nel caso di specie. Non si può che ribadire qui la scarsa incidenza che il venir meno del portafoglio del D. G. ha avuto nell’economia complessiva del rapporto intrattenuto dal F. con la preponente. Nè può sottacersi il notevole spazio di tempo – sei mesi – tra la riduzione delle provvigioni e la prima reazione del F.

Ciò non solo evidenzia che non vi è stata alcuna condotta imputabile alla preponente ma fonda anche il diritto della preponente medesima a vedersi corrisposta l’indennità sostitutiva del preavviso.

Gli elementi di fatto sopra enucleati consentono infatti di ritenere accoglibile la domanda riconvenzionale spiegata dall’opponente. L’insussistenza della giusta causa del recesso da parte del F. determina infatti il diritto della preponente alla corresponsione dell’indennità sostituiva del preavviso. Ciò in assenza di alcuna eccezione sul punto formulata dal F. né con riferimento all’ammissibilità dell’istanza ne circa il quanturn della pretesa. Del resto, l’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso a carico dei recedente in tronco, in difetto di giusta causa, discende direttamente dall’art. 2118 secondo comma c.c, , applicabile per analogia al contratto di agenzia.

Dalla somma richiesta dalla banca a tale titolo deve infine essere sottratta la cifra di € 4317,36. richiesta a sua volta dal F. quale retribuzione relativa al mese di ottobre 2005, non ancora corrisposta. Si perviene così alla somma di € 95988,94, oltre interessi. Quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza. L’accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dal F. nei termini sopra indicati appare di modestissimo rilievo rispetto all’accoglimento delle domande avanzate dall’ opponente e pertanto non può determinare alcuna diversa forma di bilanciamento circa le spese processuali.

PQM

I Giudice, definitivamente pronunciando:

revoca il decreto ingiuntivo opposto e, in accoglimento della domanda riconvenzionale dell’opponente, condanna F. M. a corrispondere a F. e F. spa somma di € 95988,94, oltre interessi.

Condanna altresì F. M. a rifondere all’opponente le spese di lite che liquida in 2000,00 per diritti, € 3000.00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA.

Genova, 16.7.2009.

Giudice
Dott.ssa Paola Zampieri

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