Urgenza – Presupposti – ( Trib. Taranto, sez. lav., ordinanza 5 lug. 2010 )
Proc. n..
Ricorso ex art. 700 c.p.c.
Ric. ***************
IL TRIBUNALE DI TARANTO
GIUDICE DEL LAVORO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA NELLA PERSONA DEL DR. A. LASTELLA
- letti gli atti, a scioglimento della riserva di cui alla udienza del 29.6.2010;
- letto il ricorso ex Art. 700 c.p.c. avanzato da ***** nei confronti della *****, sentita la ricorrente ed informatori addotti dalle Parti;
PREMESSO IN FATTO
La ricorrente espone:
di essere stata assunta in data 3.10.2006 con contratto di lavoro a tempo indeterminato parziale dalla *****, esercente attività di impresa nel settore del turismo, con mansioni di operaio 5° livello CCNL settore Pubblici Esercizi, con orario di lavoro contrattualmente stabilito pari a 915 ore annue ripartite in 37 settimane a un. 15 ore/settimana, e 15 settimane a nn. 14 ore/settimana;venuto meno nel giugno 2008 l’accordo di solidarietà che prevedeva la riduzione dell’orario di lavoro di tutti i dipendenti a 17 ore e 30 minuti settimanali, l’orario di lavoro veniva riportato alle 24 ore settimanali come contrattualmente stabilito, tranne che per la *****, la quale aveva svolto per la predetta società la propria attività di lavoro presso la mensa ***** di Taranto, con mansioni di imbustamento posate, bicchieri monouso e tovaglioli ed allestimento con i predetti materiali la linea self service; servizio di cassa e di piccola contabilità;in data 28.1.2009 subentrava alla *****, nell’appalto del servizio mensa presso la detta caserma ***** di Taranto, la ****** con sede a Milano;nei confronti del nuovo datore di lavoro essa ricorrente continuava a svolgere le identiche mansioni con l’orario suddetto (17 ore e 30 minuti settimanali) mai adeguato alle 24 ore settimanali dei propri colleghi;ciò malgrado, nel novembre 2009 la ***** aveva assunto due unita lavorative, applicate al servizio mensa ancorchè a tempo determinato, e nel periodo aprile 2009 – agosto 2009 tre unità, svolgenti la propria attività lavorativa sempre nel servizio mensa ove essa ricorrente continua a svolgere la propria attività di lavoro;pur essendo essa ricorrente invalida al 70%, ciò non le impedisce di svolgere, da seduta, tutte ed integralmente le predette attività lavorative conformemente alle previsioni contrattuali;di aver proposto tentativo di conciliazione innanzi alla DPL di Taranto da prima nei confronti della ***** con richiesta in data 30.7.2008 (T.C. esperito il 25.9.2008) e successivamente nei confronti della ***** (T.C. esperito il 18.12.2009), in entrambi i casi con esito negativo;ravvisando ingiustificata discriminazione (con ricadute in ordine al quantum della retribuzione nonché pregiudizi non patrimoniali, venendo essa ***** privata di un incarico lavorativo commisurato al normale orario di lavoro spettantele), il fumus boni juris ravvisabile nell’essere allo stato ella l’unica dipendente fra i lavoratori già della ***** e poi in forza alla ****** cui non è stato concesso l’adeguamento dell’orario di lavoro, ed il periculum in mora ravvisato nella “stringente necessità di conseguire da subito l’adeguamento della propria posizione lavorativa per ottenere con sequenzialmente sin d ‘ora, e senza attendere i tempi del giudizio di cognizione, le differenze retributive, nonché per ritenere fondata la sussistenze di un pregiudizio grave ed irreparabile derivante dalla preclusione delle suddette utilità, urgenza che, per l‘entità delle possibili conseguenze negative”, la ricorrente ha in questa sede cautelare ed urgente richiesto pronuncia che ordini la cessazione della anzidetta condotta nei propri confronti, il conseguente adeguamento della posizione contrattuale della ***** a quella degli altri dipendenti svolgenti le medesime mansioni, la condanna della ***** al pagamento in proprio favore delle differenze retributive maturate sin dal 28.1.2009.
La convenuta si è costituita concludendo per il rigetto della domanda, e sono stati esaminati nn. 1 informatore per ciascuna parte.
OSSERVA IN DIRITTO
Dalla accurata disamina degli atti appare immediatamente carente il requisito del periculum in mora, che genericamente la ricorrente deduce ed illustra nei seguenti termini “stringente necessità di conseguire da subito l’adeguamento della propria posizione lavorativa per ottenere con sequenzialmente sin d’ora, e senza attendere i tempi del giudizio di cognizione, le differenze retributive, nonché per ritenere fondata la sussistenze di un pregiudizio grave ed irreparabile derivante dalla preclusione delle suddette utilità, urgenza che, per 1 ‘entità delle possibili conseguenze negative“.
Ebbene, non emerge sia stata provata la sussistenza del necessario presupposto, richiesto per l’emissione di un provvedimento d’urgenza, costituito dal periculum in mora, non sembrando infatti configurabile alcun effettivo pregiudizio irreparabile minacciante il diritto reclamato durante il tempo occorrente per farlo valere in via ordinaria.
Invero per “pregiudizio irreparabile”, unico a legittimare un intervento cautelare ex Art. 700 c.p.c., deve intendersi quel danno a cui non sia possibile porre integrale rimedio con gli ordinari strumenti risarcitori esistenti in quanto questi ultimi — per la particolarità degli effetti dannosi manifestatisi nei confronti del diritto cautelando ovvero di altri diritti a questo funzionalmente collegati — non sarebbero in grado di ripristinare integralmente lo status quo ante: è dunque irreparabile quel danno che appare non completamente reintegrabile.
Con particolare riferimento alle controversie di lavoro, peraltro, non può affermarsi che, allorquando vengano colpiti diritti del lavoratore, il pregiudizio sarebbe comunque in re ipsa, sebbene siano certamente da apprezzare una peculiare sensibilità ed un tangibile rispetto per le primarie esigenze dell’individuo che risultano coinvolte, sovente dolorosamente, nelle vicende poste all’attenzione dei giudici del lavoro; sentimento vieppiè animato dall’apprezzabile intento di garantire quell’effettività di tutela spesso frustrata dalla durata dei procedimenti, pur se celebrati secondo il rito speciale.
Non è certamente la tipologia delle dette controversie a poter legittimare ex se il ricorso alla procedura d’urgenza, dovendosi altrimenti ritenere che per queste tipologie di controversie il pregiudizio imminente ed irreparabile risulterebbe automaticamente in virtè della materia trattata, con la conseguente inevitabile ammissibilità della fase cautelare ed utilizzazione dell’Art. 700 c.p.c. come forma alternativa di tutela giurisdizionale, e nella migliore delle ipotesi come una sorta di corsia privilegiata.
Appare invece piè conforme al dettato normativo una valutazione caso per caso del periculum che, secondo la migliore dottrina, va ravvisato sia nei casi in cui il diritto vantato non si presti ad un risarcimento idoneo a realizzare integralmente il contenuto del diritto stesso, sia nei casi in cui la lesione del diritto vantato comporta la contemporanea lesione di beni e/o interessi funzionalmente connessi al diritto stesso, sia – infine – in quei casi in cui la lesione implica un’irreversibilità (almeno tendenziale) degli effetti pregiudizievoli causati.
Ora, esaminando il caso che qui occupa, e richiamando il presupposto della necessità della ricorrenza di un effettivo pregiudizio irreparabile minacciante il diritto reclamato durante il tempo occorrente per farlo valere in via ordinaria, intanto va rilevato che — ex actis e per espressa ammissione della parte ricorrente — nessun giudizio di merito è stato instaurato, e ciò malgrado nel lontano settembre 2008 prima (nei confronti della *****) e nel dicembre 2009 poi (nei confronti della *****) la ricorrente abbia attivato tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alla DPL, per sua natura prodromico (in quanto ne costituisce condizione di procedibilità) all’instaurazione di giudizio ordinario di cognizione, che tuttavia non risulta essere mai stato promosso: per converso, solo in data 18.5.2010 risulta depositato in cancelleria il ricorso introduttivo del presente procedimento d’urgenza.
Si comprende dunque come già la proposizione del ricorso ex Art. 700 c.p.c. ad una notevole distanza dai fatti e dai tentativi di conciliazione esperiti, induca a piè d’una perplessità in ordine a quella stessa urgenza che si sottolinea.
Ove poi si rilevi che il giudizio di merito non risulta essere stato instaurato, manca ogni elemento per poter autorizzare una prognosi (con riferimento ad esempio alla data di deposito del ricorso in cancelleria ed alla data di fissazione ad opera del giudice della prima udienza di trattazione, in ipotesi non vicina nel tempo) di effettivo pregiudizio irreparabile minacciante il diritto reclamato durante il tempo occorrente per farlo valere in via ordinaria.
È evidente che il ricorso alla procedura ex Art. 700 c.p.c. non può costituire una opzione alternativa, da attivare a piacimento dell’interessato, malgrado vi fossero tutti i presupposti di procedibilità per l’avvio di un giudizio ordinario che si è scelto di non coltivare.
Ciò si aggiunge, e non può obliterarsi, alla globale configurazione invero molto generica del periculum offerta dalla ricorrente nella domanda introduttiva.
Danno grave ed irreparabile non è dato ravvisare, ove si ponga mente alla circostanza che intanto la ricorrente svolge attività lavorativa che le consente una esistenza libera e dignitosa, e che, ove proposto giudizio di cognizione, in caso di esito a sé favorevole potrà chiedere ed ottenere il corrispondente trattamento retributivo maturato, e con accessori di legge.
Per tali motivi, non ravvisandosi il periculum in mora, non è necessario soffermarsi in questa sede di procedura cautelare ed urgente sul fumus boni juris.
Quanto alle spese, trattandosi di ordinanza di rigetto ante causam, occorre comunque regolarle definitivamente, ai sensi dell’Art. 669septies, co. 2, c.p.c. (ed a maggior ragione nel vigore della nuova disciplina di cui al D.L. n. 35/05, conv. in L. n. 80/05, giusta il D.L. n. 273/05, conv. in L. n. 51/06, in base alla quale la liquidazione delle spese, secondo questo giudice, deve essere effettuata anche in caso di accoglimento, avuto riguardo alla regola generale di cui all’Art. 91, co. 1, c.p.c. ed alla “attenuazione” del regime di strumentalità introdotta dalla riforma e, dunque, alla tendenziale e/o possibile definitività del provvedimento cautelare stesso, non essendo piè indispensabile, per tale tipologia di provvedimenti di urgenza, l’instaurazione della causa di merito, giusta il nuovo testo dell’Art. 669octies, co, 6, c.p.c.). Esse, peraltro, possono essere integralmente compensate, in considerazione della natura delle parti e delle questioni trattate.
P.Q.M.
rigetta la domanda.
spese di lite integralmente compensate.
Taranto, 5.7.2010.
dr. Annamaria LASTELLA