Agenzia – Indennità Di Portafoglio Clienti – Concorrenza – Tribunale di Trieste, Sezione Lavoro, Sentenza n. 430 del 1 Marzo 2008
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE CIVILE – CONTROVERSIE DI LAVORO
Il Tribunale, in composizione monocratica, in funzione di giudice del lavoro, nella persona della dott. Silvia Rigon, alla pubblica udienza del 17.1.2008 ha pronunciato la seguente
nella causa iscritta al n. 1225/06 R.G. e promossa con ricorso del 22.1.2006
S. A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Stern e Alessandra Rosaroni, con domicilio eletto presso il loro studio a Trieste, via G. Z, come da procura a margine del ricorso
B.M. S.P.A., in persona del procuratore speciale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Carbone e Massimo Goffredo del foro di Milano, con domicilio eletto presso lo studio del primo a Trieste, via Di Romagna n. 30, come da procura in calce alla copia del ricorso notificato.
CONCLUSIONI:
Parte ricorrente:
accertare e dichiarare che il dott. A. S. ha maturato il diritto alla corresponsione delle indennità previste dall’ alt. 6 del contratto di agenzia senza rappresentanza;
condannare la B.M. S.P.A., in personale del legale rappresentante in carica pro tempore, corrente in B. (Milano), al pagamento della somma complessiva di € 31.642,05 a titolo di indennità, oltre a rivalutazione monetaria e ad interessi di legge dal di della maturazione e anatocismo dal dì della domanda.
Con vittoria di spese.
Parte convenuta:
respingere il ricorso e le domande perché infondate in fatto e in diritto per difetto di allegazione, per indeterminatezza delle domande ed, in particolare, sia per carenza dei presupposti della loro maturazione. In ogni caso per carenza del relativo diritto essendo l’ erogazione dell’ indennità di portafoglio discrezionale e condizionata.
Con ricorso del 22.11.2006 A. S. esponeva di aver intrattenuto con la B.M. s.p.a. un rapporto di agenzia senza rappresentanza conclusosi il 17.1.2002 con le sue dimissioni; che aveva maturato, in ragione della durata superiore al triennio, il diritto all’ indennità ex Art. 6 delle condizioni generali del contratto di agenzia, da erogarsi a decorrere dal gennaio del 2005; che l’ importo a lui dovuto a tale titolo ammontava ad € 31.642,05, come risultante dai prospetti allegati e come anche riconosciuto dalla convenuta con lettera dei 13.1.2004; che nonostante i ripetuti solleciti, la società debitrice aveva dichiarato di nulla dovere, tanto da essere stato costretto ad agire in giudizio con le conclusioni sopra indicate,
Si costituiva con memoria depositata il 9.2.2007 la B.M. s.p.a. chiedendo il rigetto delle domande attoree. La società convenuta esponeva di operare nel campo della intermediazione finanziaria ed assicurativa e di avvalersi a tal fine della collaborazione di una rete di agenti/procacciatori, tra i quali vi era stato anche il ricorrente A. S., con il quale aveva stipulato un contratto di agenzia senza esclusiva e senza rappresentanza il 31.7.1998, rinnovato il 30.5.2001. Evidenziava che l’ indennità rivendicata dal ricorrente, ex Art. 6 del contratto individuale di agenzia, non era comunque dovuta in caso di violazione delle obbligazioni di non concorrenza ex Art. 8 dello stesso contratto, in base al quale l’ agente era obbligato, per un biennio dopo la scadenza del rapporto, a non svolgere attività in concorrenza con quella della società; che il sig. S. mai aveva svolto attività di supervisione né di affiancamento di altri agenti; che a seguito delle richieste di pagamento dell’ indennità da parte dell’ ex agente, aveva verificato che questi prestava attività lavorativa presso la B. C., filiale di Trieste, in qualità dì direttore, quindi in diretta concorrenza con B. M. s.p.a.
Contestava pertanto la società convenuta di essere obbligata al pagamento dell’ indennità rivendicata, in quanto, in primo luogo, nemmeno poteva essere considerata un diritto, essendo erogata a suo insindacabile giudizio; inoltre perché le indennità previste dall’ Art. 6 del contratto erano due distinte, l’ una avente quale presupposto lo svolgimento di attività di supervisione, mai svolta dal ricorrente, l’ altra, in ogni caso, da corrispondere al termine di tre anni dalla cessazione del rapporto, entrambe in ogni caso condizionate alla mancata violazione del patto di concorrenza ex Art. 8 dello stesso contratto, che il ricorrente aveva invece violato.
Infine, la convenuta contestava la quantificazione operata dal ricorrente, negando, altresì, di aver mai riconosciuto di dovere l’ indennità richiesta, essendosi invece sempre riservata di verificare, ai fini dell’ erogazione, il rispetto degli impegni di non concorrenza.
All’ udienza del 21.2.2007 il giudice sentiva liberamente le parti e tentava, invano, la conciliazione, tentativo che veniva reiterato nel corso dei giudizio, ancora senza esito positivo.
Autorizzato il deposito di note conclusive, all’ udienza dei 17.1.2007, esaurita la discussione, il giudice, sulla base dei soli documenti, decideva la causa con lettura del separato dispositivo.
La domanda proposta dal doti. A. S. non può essere accolta perché infondata.
Tra il doti. A. S. e la convenuta B.M. s.p.a. è intercorso, a decorrere dal 1998, con contratto rinnovato il 30.1.2001, un rapporto di agenzia senza esclusiva e senza rappresentanza avente ad oggetto lo svolgimento di attività di promotore finanziario nell’ area del Triveneto, alle condizioni di cui al contratto del 2001 (doc. 1 di parte ricorrente).
In particolare, l’ attività dell’ agente è consistita, in base all’ Art. 1 lett. A del contratto di agenzia, nel “curare la promozione della Banca con la clientela degli investitori (relativamente a strumenti finanziari quali ad es. certificali di deposito, obbligazioni, quote di fondi comuni dì investimento e simili) secondo la disciplina del decreto legislativo del 24/2/98 n. 58; con la clientela dei risparmiatori (relativamente al’ offerta di apertura di conti correnti, bancomat, carte di credito, operazioni di credito al consumo e simili); con la clientela dei potenziali assicurandi (per il collocamento di polizze assicurative ramo vita e ramo danni) …”.
Con lettera del 10.1.2002 il doti. S. ha comunicato le sue dimissioni (doc. 1 di parte resistente) e B.M., nell’ accettare le dimissioni, esonerava l’ agente dal preavviso (doc. 2 di parte ricorrente).
L’ ex agente rivendica il pagamento dell’ indennità di portafoglio clienti prevista dall’ ari. 6, lett. D, del contratto individuale di agenzia.
In realtà, la lettera D dell’ Art. 6 prevede, oltre alle indennità di fine rapporto attribuite a favore dell’ agente dalla legge, due distinte indennità aggiuntive, stabilendo, in particolare, che “l’agente prende atto che la Banca, per propria regolamentazione volontario unilaterale e discrezionalmente variabile, riconosce attualmente agli agenti con anzianità minima di tre anni che abbiano raggiunto la qualifica di “Global”:
- Un compenso di portafoglio clienti, calcolato esclusivamente sulle provvigioni dirette percepite su clienti acquisiti dall’ agente o appartenenti al portafoglio assegnategli dalla Banca (non considerando le provvigioni indirette – c.d. overs): in caso di riduzione o perdita del portafoglio clienti su iniziativa della Banca o nel caso di cessazione del contratto;
- Un compenso correlato alla diminuzione o cessazione delle provvigioni integrative indirette (overs), over percepite a seguito dell’ affidamento di attività di supervisore e affiancamento di altri agenti: in caso di cessazione del rapporto o in caso di abolizione o variazione disposta dalla Banca della della attività di supervisione o affiancamento..
Tali compensi sono attualmente pagati;
- All’ atto della cessazione del contralto: in caso di morte o di invalidità permanente totale dell’ Agente;
- In rate posticipate da definirsi tra le parti nel caso in cui, per iniziativa della Banca, vi sia perdita o riduzione del portafoglio clienti e, rispettivamente, perdita o riduzione delle provvigioni integrative indirette (overss) per perdita o riduzione della struttura di agenti supervisionati e affiancati;
- Al termine di tre anni dalla cessazione del rapporto negli altri casi di cessazione.
Tali compensi non sono comunque dovuti in caso di violazione delle obbligazioni di non concorrenza ex Art. 8 o di altri impedimenti del presente contratto: e, se pagati, devono essere restituiti”.
Inoltre, la lettera E. stabilisce: “….le indennità e gli eventuali compensi integrativi, sono calcolati sulla base della regolamentazione aziendale vigente nel momento in cui si realizza per l’ Agente la loro rispettiva fattispecie costitutiva secondo la stessa regolamentazione, e che egli non ha diritto anche a quelli eventualmente prima corrisposti ad altri agenti sulla base di regolamentazioni cessate”. Orbene, a fronte di tale previsione del contratto individuale, priva di pregio appare la tesi proposta dalla resistente secondo la quale, trattandosi di indennità aggiuntiva rispetto a quelle legali, l’ indennità richiesta “non possa nemmeno essere considerata un diritto…, posto che l’ erogazione viene contrattualmente prevista come volontaria unilaterale e discrezionalmente variabile”, sicché B.M. si sarebbe riservala “di erogare l’ indennità in questione a suo insindacabile giudizio”.
Così interpretata, la clausola dell’ Art. 6 lett. D, oltre che contrastante con il testo contrattuale, sarebbe del tutto inutile; al contrario, la norma contrattuale espressamente stabilisce che la Banca riconosce all’ agente le suddette indennità. Se è vero che si tratta di indennità aggiuntive rispetto a quelle attribuite all’ agente dalla legge e dagli accordi collettiva (in particolare FIRR e indennità suppletiva di clientela), in quanto introdotte dal contratto individuale, si tratta in ogni caso di indennità che l’ agente ha diritto a percepire, allo spirare del termine di tre anni dalla cessazione del rapporto, sempre peraltro che ne sussistano i presupposti costitutivi e alle condizioni stabilite dal contratto stesso.
La fonte del diritto dell’ agente e della corrispettiva obbligazione della Banca, infatti, è il contratto individuale di agenzia sottoscritto dalle parti, essendo come ampiamente noto il contratto una delle fonti delle obbligazioni (Cfr. Art. 1173 c.c.).
Orbene, il ricorrente nel ricorso introduttivo si è limitato, genericamente, senza alcuna ulteriore allegazione, a richiedere il pagamento dell’ indennità di portafoglio clienti prevista dall’ Art. 6 lett. D del contratto di agenzia del 2001, sul presupposto dell’ avvenuto decorso del termine di tre anni dalla cessazione del rapporto e sull’ assunto che la Banca, sulla base di propri conteggi contabili, abbia riconosciuto il debito di € 31.642,22.
Tuttavia, come si evince dalla lettera datata 13.1.2004 B.M., lungi dal comunicare all’ agente un riconoscimento del debito, si è limitata, in riscontro alla richiesta di S., a informare che “la liquidazione del valore di portafoglio pari ad euro 31,642,22, sempre che risultino rispettati gli impegni dì non concorrenza, avviene dopo che sono trascorsi ire anni dalla risoluzione del rapporto di agenzia” (doc. 4 di parte ricorrente).
B.M., in altri termini, si è limitata a comunicare, alla luce dei propri conteggi elaborati sulla base delle cosiddette “overs”, la somma spettante all’ ex agente a titolo di indennità aggiuntive, qualora – circostanza tutta da verificare – si fossero realizzati i presupposti costitutivi del diritto stesso.
Ebbene, come evidenziato, benché il ricorrente abbia genericamente richiesto il pagamento della indennità dell’ Art. 6, la norma del contratto individuale prevede due indennità distinte.
L’ una consiste in un compenso correlato alla diminuzione o cessazione delle provvigioni integrative indirette (“overs”) ove percepite a seguitò di affidamento di attività di supervisione e affiancamento di altri agenti.
Rispetto a tale indennità, il ricorrente non solo non ha provato, ma nemmeno ha allegato -come era suo onere, ex Art. 414 C.P.C. in quanto fatto costitutivo del diritto vantato – di aver svolto attività di supervisore o di affiancamento di altri agenti; mancando, dunque, l’ allegazione e la prova del fatto costitutivo la domanda di pagamento di tale compenso deve essere rigettata.
Nemmeno, tuttavia, il dott. S. ha titolo per rivendicare il pagamento del cosiddetto compenso di portafoglio clienti.
Il diritto alle indennità aggiuntive, in base allo stesso all’ Art. 6 lett. D del contratto di agenzia, sorge, infatti, decorsi tre anni dalla cessazione del rapporto, solo in quanto l’ex agente, nei due anni successivi alla cessazione del rapporto, non abbia violato il patto di non concorrenza previsto dall’ Art. 8 dello stesso contratto.
In altri termini, il diritto alle indennità di cui all’ Art. 6 lett. D è stato sottoposto ad una condizione sospensiva (negativa e potestativa), consistente nel mancalo svolgimento da parte dell’ ex agente, nel periodo di due anni dalla cessazione del rapporto, di attività in concorrenza con quella di B.M., non condividendosi, in ragione della formulazione della clausola contrattuale, la diversa qualificazione – suggerita dalla difesa del ricorrente – quale condizione risolutiva.
In particolare, l’ Art. 8 lett. E ha previsto, per quanto qui interessa, a carico dell’ agente, oltre ad un obbligo di non concorrenza in costanza di rapporto, l’ obbligo di non svolgere “direttamente o indirettamente, per conto proprio o di terzi ed a qualsiasi titolo (e cosi tra l’ altro di collaborazione autonoma o subordinata o come organo dì società, remunerato o gratuito) attività in concorrenza con la Banca per il genere di prodotti e servizi e nell’ area e con la clientela di cui all’ Art. 1A co. 1 del presente contratto, ivi compresa ogni azione o attività mirata al reclutamento di promotori finanziari della Banca a favore di società o banche concorrenti. Questa obbligazione di non concorrenza inizia con la cessazione del rapporto dì agenzia e dura sino al termine di due anni da essa. La durata della medesima obbligazione sì riduce automaticamente in caso di morte o invalidità totale sopravvenute dell’Agente”.
L’ agente (art. 8, lett. C) potrà invece “liberamente svolgere ogni altra attività e potrà anche trattare affari di altre imprese”.
A fronte di tale obbligo di non concorrenza, la Banca ha riconosciuto un compenso aggiuntivo da calcolare in base a specifici criteri (lett. F).
Orbene, è fatto non contestato, anzi espressamente ammesso dal ricorrente in sede di libero interrogatorio – tanto che sulla circostanza non è stata necessaria alcuna istruttoria orale – che il dott. S. abbia prestato attività lavorativa presso la B. C. (filiale di Trieste) in qualità di direttore dal gennaio del 2002.
Non pare allora possa essere messo in dubbio che l’ attività svolta presso la B. C., quale Istituto di credito, sia attività in diretta concorrenza con quella della B.M., in considerazione del genere di prodotti oggetto del contratto di agenzia e dell’ area (Triveneto) già assegnata al dott. S..
Appartiene al notorio che i due Istituti di credito operino nel medesimo settore e forniscano i medesimi prodotti; ed il patto di non concorrenza è stato limitato all’art. 1 lett. A del contratto di agenzia, all’ attività già svolta dall’ agente consistente, nel “curare la promozione della Banca con la clientela degli investitori (relativamente a strumenti finanziari quali ad es. certificati di deposito, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e simili) secondo la disciplina del decreto legislativo del 24/2/98 n. 58; con la clientela dei risparmiatori (relativamente all’ offerta di apertura di conti correnti, bancomat, carte di credito, operazioni di credito al consumo e simili); con la clientela dei potenziali assicurandi (per il collocamento di polizze assicurative ramo vita e ramo danni)” e alla medesima area, vale a dire il Triveneto.
Pertanto, la violazione del patto di non concorrenza di cui all’ Art. 8 lett. E del contratto di agenzia esclude il diritto di A. S. alle indennità aggiuntive previste dall’ ari. 6 lett. D, non essendosi realizzata la condizione sospensiva del diritto stesso. Né sì può ritenere, come eccepito dalla difesa del ricorrente soltanto nelle note autorizzate, che il suddetto patto di non concorrenza sia nullo, in violazione dell’ Art. 2596 c.c., nonché in contrasto con gli artt. 4 e 35 della Costituzione, in quanto gli avrebbe precluso in modo assoluto la possibilità di impiegare la propria capacità professionale nel settore economico di riferimento, vale a dire qualunque attività interferente con gli affari della banca, con la clientela degli investitori, con la clientela dei risparmiatori e con la posizione dei potenziali assicurandi, ossia ogni possibile impiego nel settore creditizio, assicurativo o in generale finanziario. In realtà, la disciplina di riferimento non è quella dell’ Art. 2596 c.c. bensì quella dettata per specificamente per il contratto di agenzia dall’ ari. 1751 bis c.c., introdotto dal D. Lgs. n. 303/1991.
E la legittimità del patto di non concorrenza di cui si discute discende dalla sua piena aderenza con la previsione dell’art. 1751 bis c.c., norma che appunto in genere regola (e quindi ammette) il patto di non concorrenza postcontrattuale nel rapporto di agenzia, statuendo che “il patto che limita la concorrenza da parte dell’ agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni e servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi ali estinzione del contratto” (comma 1); inoltre, il patto di non concorrenza comporta, a favore dell’ agente, la corresponsione di una indennità di natura non provvigionale.
I limiti previsti dal legislatore per la validità ,del patto di non concorrenza postcontrattuale sono appunto finalizzati a garantire sufficiente spazio alla libertà di iniziativa economica dell’ agente.
La clausola contenuta nell’ Art. 8 lett. E del contratto di agenzia stipulato dal dott. S. rispetta tali previsioni. Infatti, oltre ad essere statuito per iscritto, il patto di non concorrenza ha riguardato la medesima zona (Triveneto), la medesima clientela e i medesimi generi di prodotti per i quali era stato concluso il contratto di agenzia, oltre ad essere stato limitato ai due anni successivi alla cessazione del rapporto.
Né si può sostenere’ che il patto di non concorrenza di cui si discute precludesse al ricorrente qualunque attività lavorativa riconducibile al suo background professionale.
La domanda va, pertanto, respinta.
La particolarità delle questioni giuridiche e ragioni di equità giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio.
II giudice, definitivamente pronunciando,
Ogni diversa domanda, deduzione ed eccezione disattesa,
rigetta le domande di parte ricorrente e compensa tra le parti le spese del giudizio.
Trieste, 17 Gennaio 2008
Silvia Rigon