Superiore Inquadramento – Mobbing – ( Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, Sentenza n. 11271 del 7 Giugno 2007 )
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE Di ROMA
Sezione Lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
II Tribunale di Roma, I Sezione lavoro, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Olga Pirone, alla pubblica udienze dei 7 giugno 2007 ha pronunciato la seguente
nella causa iscritta al n. 221747/2005 Ruolo di affari contenziosi Civili
F. I., elettivamente domiciliata in Roma via S. presse lo studio dell’avv. G.A. che lo rappresenta e difende giusta procura in margine al ricorso;
X. Inc. in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma via Via C. presso lo studio dell’avv. F. P. che la rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso notificato unitamente e disgiuntamente all’avv. M.G.;
OGGETTO: ricorso ex Art. 414 C.P.C.
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in atti
Definitivamente pronunciando:
Respinge il ricorso
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida complessivamente in € 1.716,00
Svolgimento del processo.
Con ricorso depositato il 15 settembre 2005 F. I. deduceva di essere stata assunta in data 25.2.1995 dalla soc. X. con contratto di formazione e lavoro con la qualifica di operaia, inquadrata nel V livello del CCNL del settore turismo; di aver sempre svolto mansioni superiori rispetto a quelle relative ali ‘inquadramento formalmente attribuitole; di essere stata oggetto di numerosi comportamenti vessatori da parte dei suoi datori di lavoro che avevano determinato la sua depressione, tanto da costringerla ad assentarsi spesso dal lavoro; dì essere stata infine licenziata in data 12.7.2005 per superamento del periodo di comporto.
Instauratesi il contraddittorio si costituiva in giudizio la società convenuta che contestava il contenuto del ricorso chiedendone il rigetto. In via preliminare, la società eccepiva l’intervenuta prescrizione dei diritti di credito vantali dalla ricorrente, tenuto conto che la prima rivendicazione delle proprie pretese creditorie, proposta dalla ricorrente è stata formalizzata soltanto con la richiesta di tentativo di conciliazione del 20.6.2005 indirizzata alla DPL; la società eccepiva la prescrizione di tutte le pretese anteriori al quinquennio della richiesta a quindi lutti i crediti anteriori al 20.6.2000.
Nel merito, contestava la fondatela della richieste di riconoscimento delle mansioni superiori ritenendo che sin dalla assunzione, in cui ella era mollo giovane e senza esperienza, le erano sempre stati riconosciuti gli avanzamenti di carriera che le avevano consentito di raggiungere il I livello retributivo; in ogni caso, eccepiva che la stessa era stata retribuita con importi nettamente superiori al minimo contrattuale anche delle mansioni rivendicate, che quindi erano assorbenti rispetto alla pretesa.
Respingeva ogni doglianza in ordine alla sussistenza di danni da mobbing sotto il profilo professionale ed esistenziale, quest’ultimo in quanto non era stato dedotto ed il primo in considerazione della circostanza di fatto che aveva visto la ricorrente protagonista di una progressiva carriera. Con riferimento alle deduzioni circa il diritto al pagamento del lavoro straordinario, lamentava l’inammissibilità della relativa richiesta, che difettava dei requisiti minimi richiesti dall’Art. 414 n. 3 e 4 C.P.C..
Veniva espletato l’istruttoria ed all’esito della discussione il Giudice, all’udienza decideva la causa come da dispositivo di cui dava lettura, con motivazione contestuale.
Va in primo luogo dichiarata la prescrizione dei crediti relativi al periodo antecedente al 20.6.2000. Nel caso in parola, infatti, in considerazione della nota composizione della società che supera i 15 dipendenti, deve ritenersi che il termine (quinquennale) di prescrizione decorreva anche in corso di rapporto di lavoro e, quindi la parte avrebbe avuto l’onere di formulare le proprie richieste al maturarsi delle stesse, e comunque prima che fossero trascorsi cinque anni. Diversamente, la F. a frante dell’eccezione sollevata dalla convenuta che ha contestalo di avere ricevuto per la prima volta in data 20.6.2005 le richieste di riconoscimento dei credili per differenze retributive de lavoro straordinario e svolgimento di mansioni superiori, non ha dimostrato di avere nelle more formulato alcuna domanda alla società idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale, che quindi, si è maturato per parte delle stesse. Deve ancora rilevarsi, sul punto, che le lettere prodotte dalla difesa dell’attrice, datate 11.11.2004 e 20.6.2005, contengono unicamente il riferimento aliti depressione della ricorrente quale causa dì una possibile domanda risarcitoria e per questo non costituiscono valido atto interruttivo della prescrizione.
Va altresì specificato al riguardo, che come è noto, in materia di riconoscimento delle mansioni superiori deve distinguersi la domanda di mero accertamento delle mansioni, che essendo in diritto è prescrivibile in dieci anni, da quella di riconoscimento finalizzato alla condanna per differenze retributive, che invece è di cinque anni. Le domande della F., tutte finalizzate all’ottenimento della condanna della soderà al pagamento delle somme per differenze retributive, rientrano ovviamente, in questa seconda ipotesi.
Sul merito della controversia.
Nei giudizi di riconoscimento delle mansioni superiori è onere di chi invoca la mansione allegare e dedurre il riferimento normativo e contrattuale cui tale rivendicazione si riferisce, al fine di esperire una prova che consenta di rispettare l’iter logico-giuridico che deve compiersi per il riconoscimento del diritto invocato.
La giurisprudenza del Supremo Collegio è conforme nel ritenere che per ritenere provato lo svolgimento di compiti riconducibili ad una categoria superiore, il giudice deve in primo luogo identificare i requisiti di appartenenza dei singoli livelli e, poi, verificare se io concreto il dipendente abbia esercitato mansioni perfettamente corrispondenti alla categoria contrattuale (Cfr. Cass., Sez. Lav., 16 febbraio 2001 n. 2234). Per il riconoscimento della superiore categoria, poi, va altresì verificato che rassegnazione del dipendente olle piè elevate mansioni sia stata piena, nel senso che abbia comportato l’assunzione della responsabilità diretta e l’esercizio dell’autonomia o della iniziativa “proprie della corrispondente qualifica rivendicala, coerentemente con le mansioni contrattualmente previste in via esemplificativa nelle declaratorie dei singoli inquadramenti” (Cass. Sez. Lav.14 agosto 2001 n. 11125), che, va precisato, devono essere interpretate alla stregua degli ordinari canoni ermeneutici previsti dagli Artt. 1362 e segg. c.c.
All’esito della prova testimoniale escussa, e con riguardo al periodo non coperto dalla prescrizione, non risulta raggiunta la prova dello svolgimento delle mansioni superiori di quadro da parte della ricorrente.
Prima di procedere alla verifica delle testimonianze escusse in ordine allo svolgimento delle effettive mansioni della ricorrente, è opportuno considerare le declaratorie contrattuali.
Il 1 livello del CCNL turismo-Pubblici Esercizi, nel quale risulta inquadrata la ricorrente a partire dal settembre 2000, quando le vennero assegnate le mansioni di direttrice recita espressamente che i lavoratori in esso inseriti “svolgono funzioni ad elevato contenuto professionale, caratterizzato da iniziative ed autonomia operative ed ai quali sono affidate, nell’ambito delle responsabilità ad essi delegate, funzioni di direzione esecutiva di carattere generale o di un settore organizzativo di notevole rilevanza dell’azienda“
Appartengono all’area quadri (B) invece i lavoratori con funzioni direttive che: “per l’attuazione degli obiettivi aziendali correlativamente al livello di responsabilità loro attribuito, abbiano in via continuativa la responsabilità di unità aziendali la cui struttura organizzativa non sia complessa, o di settori di particolare complessità organizzativa in condizione dì autonomia decisionale ed operativa”.
L’elemento distintivo e caratterizzante della qualifica di quadri è dunque, l’assunzione di responsabilità in capo al dipendente per la gestione di intere unità aziendali. Non è sufficiente la mera delega su specifici compiti dell’assunzione di responsabilità per lo svolgimento degli stessi, ma è necessario che si dia prova che tale qualifica abbia assunto il carattere prevalente nell’ambito dello svolgimento della mansione. La sussistenza dì questo elemento non è stata dimostrata.
Sul punto, l’unica testimonianza che specificamente ha riferito le circostanze utili a valutare l’attività della ricorrente nell’ultimo periodo, è stata quella del teste C. che in qualità di suo superiore ha dichiarato che la ricorrente era la responsabile del punto vendita, e pur facendo capo alla persona del C. non aveva il potere di irrogare sanzioni ai dipendenti, o ancora per (a verifica degli obiettivi espletava un potere di controllo che tuttavia necessitava sempre della supervisione della sede centrale.
Gli altri testi nulla hanno riferito in particolare sullo svolgimento delle mansioni nel periodo che ci riguarda, e pertanto la domanda sul punto non può essere accolta.
Quanto allo svolgimento di lavoro straordinario:
devono essere accolte, sul punto le argomentazioni della resistente. La ricorrente, ha infatti dedotto di avere svolto numerose ore di lavoro straordinario, e genericamente, la prova assunta in giudizio ha supportato tali affermazioni (teste B.), tuttavia, anche dalle stesse deduzioni non s i evince con riferimento a 1 periodo successivo al giugno 2000 a quante ore di lavoro medio giornaliero tali prestazioni si riferissero, sicché anche la prova assunta risulta generica.
Quanto alla domanda di risarcimento danni.
Deve escludersi ogni richiesta di danni professionali, in quanto l’iter di carriera della ricorrente che nell’arco di circa quattro anni ha maturato progressivamente le qualifiche superiori che l’hanno portata al I livello, né possono essere accolte le doglianze con riguardo al danno esistenziale.
La F. deduce infatti che a causa delle continue angherie subite dal comportamento dei suoi superiori (in particolare, nell’ultimo periodo, dal C.), ella avrebbe sviluppato una forma di depressione che l’ha portata anche ad assentarsi dal lavoro.
Ebbene, premesso che dalla certificazione allegata attestante tale problema di salute non può evincersi la sussistenza del nesso eziologico con il comportamento asseritamene posto in essere dal datore di lavoro, e che con riferimento alla domanda (danno esistenziale) ella avrebbe dovuto allegare la sussistenza di danni alla sua vita sociale e di relazione, le testimonianze assunte non hanno provato i fatti dedotti.
Come è oramai largamente noto, il fenomeno del mobbing sia del superiore nei confronti del dipendente, sia degli altri colleghi, concerne il comportamento costante e continuo di vessazione ed emarginazione progressiva, tale da indurre il lavoratore a sviluppare forme depressive o da portarlo all’isolamento.
Nel caso in parola, il teste D. ha riferito di alcuni rimproveri che ci sarebbero stati da parte del C., escludendo che questi le avesse però mai proferito la minaccia “ti distruggo” e cosi la teste S. ha riportato un episodio in cui la ricorrente, ed anche la teste, erano state rimproverate dal C. per alcuni prodotti scaduti, ma tali dichiarazioni, non sono sicuramente sufficienti a delineare il quadro di assoggettamento psicologico del lavoratore tale da motivare la condanna risarcitoria.
Anche sotto tale profilo il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Queste le motivazioni della decisione adottata in epigrafe.
Roma li 7 giugno 2007
Olga Pirone
Depositata in Cancelleria, addì 7.06.2007