Premi di Produttività e Usi Aziendali

Cassazione civile sezione lavoro 14 maggio 2009, n. 11213

In presenza di un uso aziendale relativo a benefici per i “dipendenti meritevoli”, il giudizio di meritevolezza non può essere mai assolutamente discrezionale ed insindacabile, ancorché manchino specifiche indicazioni nell’ordine di servizio, in quanto esistono dei parametri oggettivi, desumibili dal principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (artt. 1175 e 1375 c.c.), oltre che da norme interne e dalla contrattazione collettiva, con la conseguenza che l’apprezzamento di meritevolezza del datore di lavoro è sempre suscettibile di censura e di controllo in sede giudiziale. (Nel caso di specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto insindacabile il diniego di Alitalia alla concessione di biglietti aerei agevolati ad un proprio dipendente, in presenza di un uso aziendale già accertato giudizialmente)

Brevi note

La Cassazione è tornata ad occuparsi dell’efficacia collettiva degli usi aziendali e della loro interpretazione, aderendo al principio giurisprudenziale, ormai consolidato, per cui l’uso aziendale, quale fonte di un obbligo unilaterale di carattere collettivo, “agisce sul piano dei rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale, ex Art. 2077 c.c.” .

Nello specifico, la Corte non solo ha dovuto verificare la sussistenza dell’uso aziendale avente ad oggetto l’erogazione da parte del datore di lavoro di biglietti viaggio scontati ai propri dipendenti, ma ha dovuto anche valutare se fosse legittimo limitare tale facilitazione “ai dipendenti meritevoli a giudizio insindacabile della compagnia”.

Accertata la sussistenza dell’uso (che nel caso di specie era già stato accertato in latro giudizio con sentenza passata in giudicato), la Suprema Corte ha riconosciuto anche il diritto da parte del datore di lavoro di “ricusare il beneficio a quanti abbiano demeritato” (poiché ciò integra il contenuto specifico dell’uso aziendale, come accertato dal giudice di merito).

Al contempo, però, i giudici di legittimità hanno precisato che il giudizio del datore di lavoro, pur essendo discrezionale, deve essere rispettoso del canone di buona fede.

Ne discende che il datore di lavoro che intenda negare al proprio dipendente un beneficio connesso al merito (anche se derivante da un uso aziendale), dovrà addurre delle ragioni oggettive, tali da giustificare il diniego, atteso che tali ragioni saranno oggetto di un controllo in sede giudiziale.

Maggiori approfondimenti in A. Premoli, Usi aziendali e benefici connessi al merito: la valutazione del datore è “discrezionale”…ma pur sempre “sindacabile” (nota a Cass. Civ. Sez. Lav. 14 maggio 2009, n. 11213), pubblicata in D&L Riv. Crit. Dir. Lav. 2009, 729.


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