Cassazione civile, Sezione Lavoro, Sentenza del 17 Aprile 1996 n. 3643
( Assicurazioni e pensioni sociali )
Contributi assicurativi e previdenziali in genere
massima e testo integrale
MASSIMA:
L’ Art. 3 D.L.C.P.S. 16 luglio 1947 n. 708, nel prevedere la possibilità di estendere l’ obbligo di iscrizione all’ E.N.P.A.L.S. con decreto del Capo dello Stato su proposta del Ministro del lavoro ed altre categorie di lavoratori dello spettacolo non contemplate dal comma 1 dello stesso articolo, fa riferimento ai lavoratori dello spettacolo non in senso generico, ma tecnico. Pertanto è illegittimo (e va disapplicato dal giudice ordinario) il DPR 19 marzo 1987 n. 203, che ha esteso tale obbligo agli indossatori e ai tecnici addetti alle manifestazioni di moda, la cui attività anche se espletata in luoghi pubblici e rivolta, in una cornice di spettacolarità, al grande pubblico anziché a categorie ristrette di operatori del settore, resta pur sempre caratterizzata dalla specifica funzione di suscitare l’ interesse di un numero sempre piè vasto di acquirenti sul prodotto delle case di moda e cioè da una finalità di promozione commerciale del tutto distinta ed indipendente da quella dello spettacolo, il quale assume per contro un ruolo di mero contorno.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: | |||
Dott. | Gaetano | BUCCARELLI | Presidente |
“ | Guglielmo | SCIARELLI | Rel. Consigliere |
“ | Luciano | VIGOLO | “ |
“ | Corrado | GUGLIELMUCCI | “ |
“ | Camillo | FILADORO | “ |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
LANCETTI CREAZIONI SOC. P.A. FENDI PAOLA e SORELLE VALENTINO GARAVANI PROMOTION SOC. P.A. VALENTINO GARAVANI CREAZIONI SOC. P.A. GATTINONI PRET A PORTER GATTINONI RANIERO e C. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliati in Roma L.RE Michelangelo 9, presso lo studio dell’ avv.to Mattia Persiani, che li rappresenta e difende unitamente agli avv. Salvatore Trifirò, Bruno Biscotto, giusta delega in atti;
contro
E.N.P.A.L.S., elettivamente domiciliato in Roma viale Regina Margherita 206, presso lo studio degli avvocati Angelo Curti e Maria Stella Rossi, che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale per atto notaio Edmondo Millozza di Roma in data 27.9.1995 Rep. 143489;
e sul 2 ricorso n. 985-94 proposto da:
LANCETTI CREAZIONI SOC. R.L. FENDI PAOLA & SORELLE, VALENTINO GARAVANI PROMOTION S.P.A., VALENTINO GARAVANI CREAZIONI SOC., GATTINONI PRET A PORTER di GATTINONI RANIERO e C. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliati in Roma L.RE Michelangelo 9, presso lo studio dell’ avvocato Mattia Persiani, che li rappresenta e difende unitamente agli avv. Salvatore Trifirò, Bruno Biscotto, giusta delega in atti;
contro
E.N.P.A.L.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma via R. Margherita 206, presso lo studio degli avv.ti Angelo Curti e Maria Stella Rossi, che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale per atto notaio Edmondo Millozza di Roma in data 27.9.1995 Rep. 143489;
avverso la sentenza n. 5799-93 del Tribunale di Roma, dep. il 8.4.93 N.R.G. 22549-91 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12.10.95 dal Consigliere Relatore dr. Guglielmo Sciarelli;
udito l’ avv. dott. Persiani;
udito l’ avv. dott. Curti;
udito il P.M. in persona del Procuratore Generale dott. Franco MOROZZO DELLA ROCCA che ha concluso per il rigetto del primo ricorso ed inammissibilità del secondo.
Fatto
Gli attuali ricorrenti, tutti titolari di case di moda, con atto dell’ 11.4.91, proponevano appello contro la sentenza del Pretore di Roma in data 1.3.90, con la quale era stata respinta la loro domanda intesa ad ottenere, stante l’ asserita illegittimità del DPR 19.3.87 n. 203, l’ accertamento “dell’ inesistenza di alcun obbligo assicurativo e-o contributivo delle società ricorrenti nei confronti dell’ E.N.P.A.L.S. in relazione ai rapporti di collaborazione intercorsi con gli indossatori e le indossatrici”, indicati in allegati elenchi e per i giorni o le manifestazioni egualmente indicati.
L’ E.N.P.A.L.S. si costituiva e chiedeva il rigetto dello appello.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 21.10.92-8.4.1993 rigettava il gravame.
Gli attori hanno proposto ricorso per cassazione.
L’ E.N.P.A.L.S. ha depositato controricorso. Al primo ricorso gli attori hanno fatto seguire secondo identico ricorso, avverso il quale l’ ente ha depositato, del pari, controricorso. Ambedue le parti hanno depositato memorie illustrative. All’ odierna udienza il difensore dei ricorrenti ha depositato osservazioni scritte in ordine alla requisitoria del Procuratore Generale.
Diritto
I due ricorsi vanno riuniti, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
Il primo ricorso, contraddistinto dal n. 11523-93 è ammissibile, perché il nome dei legali rappresentanti è ben evidenziato, per ciascuna società, dal timbro posto per ciascuna di esse a margine del ricorso e soprastante a ciascuna leggibile firma dei legali rappresentanti. Infatti sul punto della attribuibilità della firma ai rispettivi legali rappresentanti non vi è, nei pur numerosi scritti del resistente, contestazione alcuna.
In difetto di contestazione, milita, a favore della rilevata ammissibilità, la presunzione di legittimità che assiste il mandato al difensore anche in ordine alla presunzione di soggetto capace a compierlo in nome e per conto dell’ ente (Cass. 9165 del 75), atteso che la certificazione, di autenticità della firma da parte del difensore implica il riscontro della coincidenza del sottoscrittore con la persona fisica che è parte in causa nella qualità di rappresentante dell’ ente (Cass. 9842 del 92), in quanto, oltretutto, nel caso di specie, è stata apposta, dai legali rappresentanti, chiara e leggibile firma sottostante al timbro delle rispettive società, per cui ne è agevolmente consentito il riconoscimento (Cass. 6937 del 95), mentre, come si è detto, non è stata contestata nei firmatari la qualità di legali rappresentanti, laddove, all’ opposto nell’ intestazione del ricorso, si dà atto che i firmatari del mandato sono, appunto, i legali rappresentanti della società.
Invece, il secondo ricorso, contraddistinto dal n. 985-94, identico al primo, è inammissibile, stante la validità del primo che, in base al principio della consumazione dell’ impugnazione, ha esaurito il diritto alla medesima impugnativa (Cass. S.U. 9409 del 94.).
Venendo, quindi, all’ esame del ricorso del quale è stata ravvisata l’ ammissibilità, col primo motivo di esso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’ Art. 3 D.L.C.P.S. 16 luglio 1947 n. 708 (Art. 360 n. 3 C.P.C.), degli artt. 1, 2, 3, 4, 10 e 12 preleggi; Art. 2070 cc; omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (Art. 360 n. 5 C.P.C.).
I ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia ritenuto gli indossatori e le indossatrici lavoratori dello spettacolo.
Va premesso che il Tribunale, rilevato che la domanda proposta è di accertamento di indebito a fronte di pagamento già eseguito (con riserva di richiederne il rimborso), ha ritenuto, che “l’ onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto alla ripetizione incombe su chi tale diritto vuol far valere”. Che, invece, le società (pag. 6 del ricorso), “non hanno allegato circostanze relative al contesto complessivo che caratterizzava le pur richiamate manifestazioni” e non hanno contestato l’ affermazione “che le manifestazioni in questione siano avvenute per spettatori non acquirenti entro scenari particolarmente suggestivi”. Che, quindi, andrebbero applicate le norme per i lavoratori dello spettacolo, ritenendo obbligatoriamente iscritti all’ ente, dunque, gli indossatori considerati nella presente causa e ciò, in particolare, ai sensi del DPR 19.3.1987 n. 203 (che prevede, fra i lavoratori dello spettacolo “gli indossatori e tecnici addetti alle manifestazioni di moda”).
In contrario i ricorrenti osservano che l’ E.N.P.A.L.S. è stato istituito con D.L.C.P.S. n. 708 del 16 luglio 47, ratificato, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 52 n. 2388. In esso sono stati indicati i soggetti obbligatoriamente iscritti (Art. 3) e tale elencazione va considerata tassativa (cita Cass. n. 1113 del 91); che la suddetta elencazione ha subito integrazioni successive a volta a mezzo di leggi, altre ad opera di atti amministrativi con la firma del decreto del Presidente della Repubblica. Che, infatti, il secondo co. dell’ Art. 3 D.L.C.P.S. n. 708 del 1947 dispone che: “con decreto del Capo dello Stato…… l’ obbligo dell’ iscrizione dell’ Ente potrà essere esteso ad altre categorie di lavoratori dello spettacolo”. Con DPR n. 203 del 1987 erano stati aggiunti gli: “indossatori e tecnici addetti alle manifestazioni di moda”.
Che, però, detto decreto, in quanto atto amministrativo illegittimo, va disapplicato ai sensi dell’ Art. 5 della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E e dell’ Art. 4 delle disposizioni sulla legge in generale.
Il motivo è fondato.
L’ estensione, a mezzo decreto del Capo dello Stato, dell’ elenco dei lavoratori per cui sia obbligatoria l’ assicurazione con l’ E.N.P.A.L.S. è possibile solo, come si è visto, ai sensi del D.L.C.P.S. n. 708 del 47, per ulteriori “lavoratori dello spettacolo”.
Ne consegue che se il decreto del capo dello Stato estende l’ assicurazione obbligatoria E.N.P.A.L.S. a lavoratori che non siano dello spettacolo, il decreto stesso, quale atto amministrativo contrario alla legge e, quindi, illegittimo, per eccesso di delega, va disapplicato (Cass. n. 1055 e 13913 del 91).
L’ indagine deve, dunque, restringersi, esaminando se gli indossatori e le indossatrici siano o no lavoratori dello spettacolo.
Orbene, questa Corte ha già avuto piè volte occasione di ritenere, a proposito del lavoro di indossatori e indossatrici, che esso rientra nel settore del commercio, mirando al fine di potenziare le vendite “potendo la relativa attività essere inquadrata nello ambito dello spettacolo solo in quanto organizzata, con finalità proprie e caratteristiche della produzione dello spettacolo da soggetti diversi dai produttori di modelli di abbigliamento (Cass. 1054 e 13913 del 91).
Nella sentenza impugnata non sono stati addotti argomenti che inducano a discostarsi dal suesposto convincimento.
Nel caso di specie è pacifico che si trattasse di sfilate organizzate da case di moda, quindi con l’ evidente intento di sviluppare la vendita dei propri prodotti, incrementando il proprio commercio.
Il lavoro delle indossatrici era rivolto, dunque, nel caso di specie, alla precipua finalità di sviluppare il commercio delle case di moda, magnificandone i prodotti con sfarzose esibizioni (come risulta dalla sentenza impugnata si è trattato di sfilate “in luoghi particolarmente suggestivi come il casino dell’ Aurora, la scalinata di Trinità dei Monti, Grand Hotel di Roma ecc.”). A nulla rileva che le manifestazioni, anzicché a categorie ristrette di operatori del settore, siano state dirette al grande pubblico raggiungibile, a mezzo delle manifestazioni spettacolari anche in luoghi pubblici, di cui si è detto, ancorché rimandate via etere al pubblico televisivo. Il fine delle sfilate era chiaramente quello di rivolgersi a un numero piè vasto di possibili acquirenti, superando gli stretti canali degli operatori specializzati, per dirigere il messaggio promozionale alla vastissima possibile clientela nascente dal grande pubblico cui le manifestazioni furono destinate. Ciò discende dalla sempre piè ampia utilizzazione di mezzi spettacolari a fini promozionali, cui si è ricorso, in sempre maggior misura, negli ultimi anni, per la promozione, divulgazione e vendita dei prodotti e per suscitare l’ interesse di fasce sempre piè larghe di consumatori di prodotti, che in tal modo vengono lanciati: è notoria, infatti, la conquista avvenuta, in tal modo, da parte delle grandi firme della moda, anche dei mercati di largo consumo, a mezzo di produzioni in serie di modelli disegnati da stilisti di grido.
Come rilevato nelle indicate sentenze, in particolare in quella n. 1113 del 94, l’ imprenditore, a mezzo delle suddette sfilate “persegue propri fini del tutto distinti ed indipendenti da quelli dello spettacolo”.
Il lavoro delle indossatrici, inserendosi nell’ attività imprenditoriale di cui sopra, contribuisce al perseguimento dei fini del settore, cioè di scopi commerciali, finendo col rientrare, dunque, nelle attività del settore commercio.
Le manifestazioni di moda, organizzate dalle relative case, rappresentano, dunque, un fenomeno commerciale e promozionale, i cui caratteri spettacolari assumono caratteristiche di contorno e funzionali.
Col secondo motivo si assume la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (Art. 360 n. 5 C.P.C.).
Si afferma che “per poter stabilire se si è lavoratori dello spettacolo o non, occorre, anche, indagare sul fine socio-economico della prestazione, avendo riguardo al settore di appartenenza del datore di lavoro” (pag. 23 del ricorso).
Il motivo è assorbito nel precedente, nel quale si è, sottolineato il carattere determinante dell’ attività imprenditoriale nella quale si inserisce il rapporto di collaborazione degli indossatori.
Il ricorso va, dunque, accolto, la sentenza impugnata va, di conseguenza, cassata e la causa va decisa nel merito, non necessitando ulteriori indagini, col pieno accoglimento della domanda originaria di accertamento come riportata a pag. 3 del ricorso.
Ragioni di giustizia, trattandosi di questione che, ancora all’ atto della proposizione dell’ appello, presentava caratteri di novità e di non facile soluzione, inducono a compensare, fra le parti, le spese sostenute per i primi due gradi del giudizio.
L’ E.N.P.A.L.S., quale soccombente, va condannato a pagare alle controparti le spese sostenute per il presente giudizio di cassazione.
P.Q.M
Riunisce i ricorsi.
Accoglie il ricorso contraddistinto dal n. 11523-93.
Dichiara inammissibile il ricorso contraddistinto dal n. 985-94.
Cassa la sentenza impugnata.
Decidendo nel merito, accogliendo la domanda proposta dalle case di moda, dichiara l’ inesistenza di alcun obbligo assicurativo e-o contributivo delle società ricorrenti nei confronti dell’ E.N.P.A.L.S. in relazione ai rapporti di collaborazione intercorsi con gli indossatori e indossatrici nei giorni 22 luglio 87 e 20 gennaio 1988 per Lancetti s.r.l.; 23 luglio 1987 e 21 gennaio 1988 per Valentino Garavani Creazioni s.p.a.; 12 gennaio 1988 per Valentino Garavani Promotion s.p.a.; 20-24 luglio 1987 per Fendi Paola e Sorelle s.a.s.; 4-8 marzo 1988 per Gattinoni Pret à Porter.
Compensa, fra le parti, le spese dei primi due gradi del giudizio.
Condanna l’ E.N.P.A.L.S. a pagare alle controparti le spese sostenute per il presente giudizio di cassazione, che liquida in L. 101.600 oltre L. otto milioni per onorario di avvocato.
Roma 12.10.1995