Cassazione civile – Sezione Lavoro 29 Agosto 2002 n. 12691
( Assicurazioni e pensioni sociali )
( Competenza )
Massima e testo integrale
MASSIMA:
Sono obbligatoriamente iscritti all’ E.N.P.A.L.S. i lavoratori compresi nelle categorie di cui all’ Art. 3 del D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, ratificato con l. 29 novembre 1952, n. 2388, ove concretamente chiamati a svolgere attività destinate alla realizzazione di spettacoli.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: | |||
Dott. | Guglielmo | SCIARELLI | Presidente |
“ | Giovanni | MAZZARELLA | Rel. Consigliere |
“ | Federico | ROSELLI | Consigliere |
“ | Guido | VIDIRI | “ |
“ | Bruno | BALLETTI | “ |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
E.N.P.A.L.S., in persona del Commissario Straordinario Roberto Romei, rappresentato e difeso dall’ avv. Angelo Curti, presso il quale elett.te domicilia in Roma, viale Regina Margherita, n. 206, giusta procura speciale a margine del ricorso,
contro
ROSSI CLAUDIO in proprio e quale legale rapp.te della Cinevideostudio s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Miuccio, del Foro di Mantova, e Gianni Romoli presso il quale ultimo elett.te domicilia in Roma, via Pisistrato, n. 11, giusta procura speciale in calce al controricorso,
avverso la sentenza del Tribunale di Milano, n. 03387 – 00 del 09.12.1999 – 17.03.2000, R.G. n. 00441 – 99, notificata il 10 aprile 2000.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02 luglio 2002 dal Relatore Cons. dott. Giovanni Mazzarella;
Udito l’ avv. Gianni Romoli per Rossi Claudio in proprio e nella qualità, e presente in udienza l’ avv. De Luca per l’ E.N.P.A.L.S.;
Udito il P.M., in persona del Procuratore Generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso per la inammissibilità, e, in subordine, per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con la sentenza di cui in epigrafe, e qui impugnata, il Tribunale di Milano, in riforma della sentenza appellata, assolveva Claudio Rossi, in proprio e quale legale rappresentante della Cinevideostudio s.r.l. (in appresso solo Cine), dalla domanda proposta dall’ E.N.P.A.L.S. – (in appresso E.N.P.A.L.S.) azionata con ordinanza ingiunzione notificata il 2 agosto 1997 per la somma di lire 3.700.000 a titolo di sanzioni amministrative connesse ad omissioni contributive per alcuni lavoratori esterni nel periodo I giugno 1992 – 30 aprile 1996. Aveva dedotto il Rossi nella opposizione all’ ordinanza ingiunzione che i lavoratori per i quali si assumeva l’ omissione contributiva non appartenevano alle categorie ascrivibili all’ E.N.P.A.L.S. di cui all’ Art. 3 del D.L.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708.
Osservava il Tribunale che l’ obbligo assicurativo era connesso all’ appartenenza dei beneficiari alla categoria dei lavoratori dello spettacolo, nel senso che gli iscritti alle categorie di cui alla citata disposizione erano interessati anche alla contribuzione E.N.P.A.L.S. sempre che essi appartenevano alla detta categoria dei lavoratori dello spettacolo, intendendosi per settore dello spettacolo quello delle “manifestazioni artistiche e culturali con personale abilità degli interpreti, intese a procurare divertimento, in senso culturalmente ampio, degli spettatori”. Nel caso di specie, concludeva il Tribunale, non sussisteva neanche la prova che l’ attività della società era, neanche prevalentemente, diretta alla produzione di spot pubblicitari o altre produzioni intrinsecamente appartenenti al mondo dello spettacolo, essendo essa, invece, diretta alla produzione di supporti audiovisivi poi utilizzati per finalità informative e commerciali.
Ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza l’ E.N.P.A.L.S. affidandosi ad unico motivo di censura articolato in diversi profili.
Rossi Claudio, in proprio e nella qualità, si è costituito con controricorso, illustrato anche da successiva memoria.
Diritto
Con l’ unico motivo di ricorso l’ E.N.P.A.L.S. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 del D.L.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, ratificato con modifiche nella legge 29 novembre 1952, n. 2388, e 6 del DPR n. 1420 del 1971, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, il tutto ai sensi dell’ Art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.: la tesi del Tribunale circa la ricorrenza dell’ obbligo assicurativo solo quando l’ attività è attività di spettacolo non può essere condivisa in linea di principio, prevedendo invece la disciplina la competenza assicurativa E.N.P.A.L.S. quando la qualifica professionale del lavoratore è riconducibile alle categorie tassativamente previste per legge, ivi comprese alcune figure professionali dello spettacolo in quanto diverse da quelle delle comuni attività artigianali per conoscenze tecniche aggiuntive proprie dello spettacolo; l’ attività della società era diretta alla produzione di spot o filmati pubblicitari per la diffusione di prodotti commerciali, e i lavoratori interessati erano attori, operatori di ripresa, aiuto operatori, scenografi, truccatori, costumisti etc.; ai fini dell’ obbligo contributivo in esame non era necessaria che la prestazione appartenesse alla nozione dello spettacolo, essendo solo sufficiente che la prestazione avesse un profilo artistico e fosse espletata, ancorché non necessariamente in presenza di pubblico, da lavoratore appartenente a specifiche categorie dello spettacolo; nel caso di specie, i lavoratori interessati rivestivano tutti qualifiche per le quali erano titolari di posizioni contributive E.N.P.A.L.S..
Il ricorso è infondato.
Va preliminarmente rilevato che l’ accertamento del Tribunale circa la ipotesi, nel caso di specie, di compensi corrisposti a persone di diversa professionalità che avevano “collaborato, in vario modo, in relazione a tale diversificata professionalità, alla realizzazione di supporti audiovisivi in prevalenza destinati a favorire la commercializzazione di vari prodotti”, non risulta censurata in questa sede, ed anzi confermata in ricorso, nonostante l’ apparente pretesa contrapposizione che, invece (?), si sarebbe “trattato, in maggioranza di spot o filmati pubblicitari… (seguono nomi di marche di prodotti o di altro)…. per la diffusione dei piè diversi prodotti commerciali”.
Lamenta, sulla base di tanto, l’ E.N.P.A.L.S. l’ errata interpretazione da parte del Tribunale dell’ Art. 3 del D.L.C.P.S. 16.07.1947, n. 708, per aver confuso il requisito legislativamente previsto dell’ appartenenza degli iscritti al settore dello spettacolo con l’ inesistente principio dell’ appartenenza delle prestazioni alla nozione dello spettacolo, sicché l’ attività “resa per un successivo utilizzo a fini commerciali del prodotto della prestazione non può escludere l’ obbligo contributivo verso l’ E.N.P.A.L.S. tanto piè se si considera, in ogni caso, che nell’ attività svolta per la realizzazione di spot risulta avere maggiore risvolto il profilo artistico della produzione rispetto allo scopo ultimo che è quello commerciale”. Aggiunge l’ E.N.P.A.L.S. che “tutte le prestazioni di lavoratori appartenenti a specifiche categorie dello spettacolo ritenute tali per legge o per provvedimento amministrativi, non suscettibili di disapplicazione per vizi di legittimità, debbano essere soggette al regime previdenziale dell’ E.N.P.A.L.S., essendo unicamente la qualifica professionale del lavoratore a determinare l’ insorgenza dell’ obbligo assicurativo”.
La censura non può essere condivisa.
Lo stesso E.N.P.A.L.S. contraddice se stesso allorché nel medesimo ricorso, a proposito dell’ esempio degli elettricisti, soggetti appartenenti alla categoria 15, come i macchinisti, pontaroli, attrezzisti, falegnami e tappezzieri, precisa che tali professionalità sono individuate dal legislatore come specifiche dello spettacolo quali “figure professionali tipiche dello spettacolo diverse da quelle riconducibili alle comuni attività artigianali”‘ , con ciò evidentemente, e così decisamente contraddicendosi, sostenendo che non è solo la qualifica professionale del lavoratore a determinare l’ insorgenza dell’ obbligo assicurativo presso l’ E.N.P.A.L.S., ma il fatto che esso sia contemporaneamente addetto alla produzione di spettacolo, non potendosi neanche immaginare il diverso intento che, ad es., un elettricista dello spettacolo, chiamato alla riparazione di un impianto elettrico di una abitazione da persona non di spettacolo, dovesse essere, solo perché titolare di posizione assicurativa presso l’ E.N.P.A.L.S., assoggettato all’ obbligo assicurativo presso il detto Istituto per una prestazione che nulla ha a che fare con lo spettacolo. Per contro, non vi sarebbe dubbio di tale obbligo per un elettricista iscritto all’ A.G.O. chiamato ad effettuare la propria prestazione per l’ impianto elettrico di un palcoscenico.
In realtà, sul punto, l’ orientamento della giurisprudenza di legittimità è del medesimo indirizzo appena indicato, secondo cui l’ obbligatorietà dell’ assicurazione dei lavoratori presso l’ E.N.P.A.L.S. presuppone la qualifica di “lavoratori dello spettacolo”, i quali sono tali solo allorché sono impegnati nella produzione di spettacoli, cioè, nello specifico, in attività che non rientrano nel settore del commercio, non sono finalizzate al potenziamento delle vendite con l’ evidente intento di incrementare solo il proprio commercio, ma sono inquadrate nello ambito dello spettacolo ed organizzate, con finalità proprie e caratteristiche della produzione dello spettacolo da soggetti diversi da quelli interessati alla mera vendita del prodotto o che perseguono propri fini del tutto distinti ed indipendenti da quelli dello spettacolo (Cass. 17 aprile 1996, n.
03643, Cass. 02 febbraio 1991, n. 01054). Si è anche precisato, in proposito che a nulla rileva che le manifestazioni, anziché a categorie ristrette di operatori del settore, siano state dirette al grande pubblico raggiungibile, a mezzo di manifestazioni spettacolari anche in luoghi pubblici, quando il fine di esse è chiaramente quello di rivolgersi a un numero piè vasto di possibili acquirenti, superando gli stretti canali degli operatori specializzati, per dirigere il messaggio promozionale alla vastissima possibile clientela nascente dal grande pubblico cui le manifestazioni erano destinate. Ciò discende dalla sempre piè ampia utilizzazione di mezzi spettacolari a fini promozionali, cui si è ricorso e si ricorre, in sempre maggior misura, negli ultimi anni, per la promozione, divulgazione e vendita dei prodotti e per suscitare l’ interesse di fasce sempre piè larghe di consumatori di prodotti, che in tal modo vengono lanciati per contribuire al perseguimento dei fini del settore, finendo col rientrare, dunque, nelle attività del settore commercio, i cui caratteri spettacolari assumono caratteristiche di contorno e funzionali (Cass. 17 aprile 1996, n.03643, citata). È quanto, peraltro, risulta ben sintetizzato nel principio, secondo cui “ai sensi del D.L.CP.S. 16 luglio 1947 n. 708, l’ obbligo di iscrizione all’ E.N.P.A.L.S. per i lavoratori dello spettacolo va riferito a coloro che stabilmente, professionalmente, ancorché in compiti ausiliari, sono impiegati per svolgere attività essenzialmente destinate alla realizzazione di spettacoli, da parte di committenti la cui produzione rientra in tale settore, intendendosi per spettacolo non qualsiasi manifestazione con il concorso del pubblico, ma esclusivamente quelle che propriamente hanno il fine di rappresentare un testo letterario o musicale, con personale abilità degli interpreti, rivolta a provocare il divertimento, in senso culturalmente ampio, degli spettatori”. I cosiddetti disk jockey, afferma la Corte, in quanto propongono al pubblico presente nelle sale la loro selezione di dischi, con apposite parole di presentazione, espletano attività che rientra “nei concetti di rappresentazione e di interpretazione dello spettacolo unitariamente inteso, risultante dalla sequenza dei brani eseguiti, delle parole dette e delle eventuali luci proiettate unitamente alla partecipazione attiva del pubblico” e sono quindi lavoratori dello spettacolo (Cass. 15 giugno 1992, n. 7323).
La sentenza impugnata non si discosta dai principi sopra indicati e non merita le censure ad essa rivolte con il ricorso in esame, queste ultime basate su affermazioni riduttive e non condivisibili come quella secondo cui è “unicamente la qualifica professionale del lavoratore a determinare l’ insorgenza dell’ obbligo assicurativo”, sicché, nel caso di specie, anche a voler riconoscere che i lavoratori in attività presso la Cineovideostudio fossero tutti già in possesso di iscrizione all’ Istituto, e tutti appartenenti alle categorie di cui all’ Art. 3 del D.L.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, in quanto addetti ad attività non di spettacolo non erano assoggettati all’ obbligo del pagamento dei contributi al medesimo Istituto.
Il ricorso, pertanto, va rigettato nel merito, così assorbite le questioni proposte in via di eccezione dagli attuali controricorrenti.
Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M
la Corte rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 02 luglio 2002.