Motivazioni Provvedimento di Trasferimento – ( Tribunale di Milano, Sezione Lavoro del 10 Aprile 2013 )

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE LAVORO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Dott. Nicola Greco, quale Giudice del Lavoro, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa promossa da

P.P.

con il proc. dom. Avv.to T. G., Via De N., , n. , Milano

ricorrente
CONTRO

G. S.R.L.,

con il proc. dom. Avv.to Massimo Goffredo, Via Lamarmora, n. 18, Milano

resistente

OGGETTO: illegittimità trasferimento.

All’udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato nella cancelleria dell’intestato Tribunale in data 15.10.2012, la parte ricorrente indicata in epigrafe ha convenuto in giudizio la società G. S.R.L. (nel prosieguo, per brevità, G., rassegnando le seguenti conclusioni:

In via principale

  • accertare l’illegittimità del trasferimento e per l’effetto dichiarare la nullità, l’annullabilità, e/o comunque l’invalidità e l’inefficacia di detto trasferimento, per violazione del dovere di fornire comprovate giustificazioni alle legittime richieste avanzate dalla lavoratrice e comunque in ragione del comportamento del datore di lavoro, discriminatorio e motivato da intenti punitivi, per le ragioni esposte in narrativa;
  • per l’effetto condannare la G. alla reintegrazione con contestuale avvicinamento della P. in una delle unità locali del datore di lavoro site in un raggio inferiore/pari ai 35 KM, o in una delle unità ove la G. fornisce la propria merce in appalto, o comunque in un luogo più vicino al/a residenza de/la lavoratrice che consenta alla ricorrente di proseguire le terapie iniziate nelle medesime strutture mediche;accertare e dichiarare la responsabilità della G. per i danni materiali occorsi alla ricorrente, e per l’effetto condannare la stessa datrice di lavoro al ristoro del danno emergente e del lucro cessante come quantificati in atti per complessivi euro 14.464,86 (13.465,93 + 998,93);
  • conseguentemente condannare la G. s.r.l. al risarcimento danni biologici e morali quale indennizzo per l’illegittimo provvedimento di trasferimento adottato, nei/a misura di euro 9.729,00, pari al danno biologico accertato al 5% personalizzato per il danno non patrimoniale, come quantificato in base alla perizia prodotta; o come accertanda in corso di causa, anche a mezzo CTU – di cui si chiede sin d’ora l’ammissione – oppure nella misura che apparirà di giustizia, anche in via equitativa.

Si è ritualmente costituita la società resistente, che – eccepita, in via preliminare, la decadenza della controparte per mancata osservanza del termine di 270 giorni tra l’atto di impugnativa del trasferimento ed il deposito in cancelleria del ricorso ex art. 414 c.p.c. (cfr. art. 32, comma 1 e comma 3, lett. c), L. n. 183/2010), nonché la carenza di interesse della parte attrice quanto alla domanda avente ad oggetto la dichiarazione di illegittimità del trasferimento dalla sede di Sesto San Giovanni a quella di Lecco – ha contestato anche nel merito quanto dedotto ed argomentato dalla controparte, concludendo per il rigetto delle domande attoree, con vittoria di spese di lite.

Tentata senza esito la conciliazione delle parti (essendosi dovuta constatare la inconciliabilità delle rispettive posizioni anche all’udienza di discussione: cfr. relativo verbale); ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità dello svolgimento di alcuna attività istruttoria (cfr. ordinanza riservata del 25-28.1.2013); all’udienza del 10.4.2013, all’esito della discussione dei difensori, che hanno concluso come in atti, la causa è stata decisa come da dispositivo, conforme a quello trascritto in calce alla presente decisione, di cui è stata data lettura, con fissazione ex ad. 429, comma 1 secondo periodo, c.p.c. – del termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

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Il ricorso è infondato e deve essere integralmente respinto per le ragioni che si vanno ad esporre.

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In primis, deve essere rigettata l’eccezione preliminare di decadenza sollevata dalla difesa resistente con la memoria ex ad. 416 c.p.c. .

Detta eccezione è relativa al mancato rispetto da parte della difesa attorea del termine di 270 giorni che deve intercorrere tra l’impugnazione del trasferimento ex art. 2103 cc. (adottato dalla società convenuta con lettera del 28.11.2011) ed il deposito nella cancelleria dell’intestato Tribunale dell’atto introduttivo del giudizio avente ad oggetto la illegittimità del provvedimento di modificazione della sede di lavoro (cfr. art. 32, comma I e comma 3, lett. c), L. n. 183/2010; senza che nel caso di specie venga in rilievo la novella di cui all’art. 1, comma 37, L. n. 92/2012 e ciò per la disciplina di diritto intertemporale prevista dal comma 38 dell’art. 1 L. n. 92/2012 cit.).

Al riguardo, innanzi tutto, si deve osservare come l’atto di impugnativa del trasferimento del 28.11.2011, pur essendo datato 16.1.2012, risulta essere stato presentato al servizio postale per la spedizione a mezzo di raccomandata r/r 1117.1.2012 (cfr. doc. n. 19 del fascicolo attoreo), cosicché contrariamente a quanto si argomenta nella memoria ex art. 416 c.p.c. e da tale ultima data che deve essere fatto decorrere il termine de quo.

Tanto premesso, vista la disciplina del computo dei termini a giorni (cfr. art. 155, comma 1, c.p.c.), si evidenzia come, nel caso di specie, il 270 mo giorno cadesse nella giornata di sabato 13 ottobre 2012, cosicché – dovendo trovare applicazione quanto previsto dall’art. 155, comma 5, c.p.c. (cfr., al riguardo, in una ipotesi avente forti tratti di analogia con quella di cui alla presente causa, Cassazione, Sez. 6 – -2, Ordinanza n. 21375 del 15.10.2011 richiamata nella presente sede anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 118 comma 1, disp. att. c.p.c.) – il deposito del ricorso ex art. 414 c.p.c. nella giornata di lunedì 15 ottobre 2012 risulta essere tempestivo.

Parimenti da rigettare è l’eccezione relativa al difetto di interesse ad agire della parte ricorrente quanto alla domanda avente ad oggetto la dichiarazione di illegittimità del trasferimento dalla sede di Sesto San Giovanni a quella di Lecco disposto dalla società G. con lettera del 28.11.2011 (cfr. doc. n. 12 del fascicolo attoreo).

Secondo la tesi della difesa convenuta la carenza in capo alla parte attrice della condizione dell’azione de qua deriverebbe dal fatto che la sig.ra P. P. è stata collocata in aspettativa sino al mese di luglio 2014, con conseguente difetto di concretezza ed attualità dell’interesse a contestare l’atto di assegnazione ad una unità produttiva piuttosto che ad altra, stante la inefficacia di tale atto in ragione della causa di sospensione del rapporto.

Detta tesi non può essere condivisa e ciò, da un lato, perché – specie in un regime a termini previsti a pena di decadenza per contestare la legittimità del provvedimento di modificazione della sede i lavoro ex art. 2103 c.c. (cfr. art. 32, comma 1 3, lett. c) L. n. 183/2010 cit.) – una causa di sospensione della concreta del rapporto, ferma tuttavia la giuridica esistenza dello stesso e l’assegnazione del dipendente ad una unità aziendale (si noti come sia un fatto pacifico tra le parti che la sig.ra P. P. ,sia pure per un solo giorno nel mese di gennaio 2012 [nello specifico, il 18 di tale mese], abbia effettivamente preso possesso della nuova sede di lavoro), giustifica l’impugnativa del provvedimento datoriale; d’altro lato, la sussistenza di un concreto interesse ad agire della parte attrice, emerge anche laddove si consideri che la difesa attorea risulta aver svolto tutta una serie di domande risarcitorie che muovono proprio dalla illegittimità del provvedimento di trasferimento, cosicché non si può porre seriamente in dubbio che la ricorrente sia titolare di un interesse concreto ed attuale a far accertare la legittimità o meno dell’atto con cui è stata trasferita da Sesto San Giovanni a Lecco e ciò a prescindere da ogni valutazione circa la fondatezza di tali pretese di risarcimento dei danni, essendo questo un profilo attinente al merito delle pretese oggetto dell’azione e non alla sussistenza di una condizione dell’azione stessa, qual è l’interesse ad agire.

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Passando ad esaminare il merito delle domande articolate con l’atto introduttivo del giudizio, innanzi tutto, si deve escludere che il trasferimento disposto dalla società convenuta con lettera del 28.11.2011 (cfr. doc. n. 12 del fascicolo attoreo) possa essere dichiarato illegittimo per effetto della mancata risposta da parte di G. alla richiesta della sig.ra P. P. avente ad oggetto la esposizione delle motivazioni dell’atto datoriale, richiesta effettuata con lettera del 5.12.2011 (cfr. doc. n. 16 del fascicolo attoreo; in realtà, la lettera de qua risulta datata 5 novembre 2011, tuttavia – sia perché essa fa espresso riferimento alla missiva del 28.11.2011, sia perché il fax di inoltro risulta inviato in data 5 dicembre 2011 – quella indicata in sentenza sembra essere la data corretta).

Infatti – anche aderendo all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, pur non dovendo il provvedimento di trasferimento essere motivato, l’onere di indicazione delle ragioni alla base dell’atto datoriale di modificazione della sede di lavoro della risorsa sorgerebbe, a pena di inefficacia (sopravvenuta) dell’atto stesso, nel caso in cui il dipendente faccia esplicita richiesta di essere reso edotto ditali ragioni (cfr. Cass. Sentenza n. 8268 del 29.4.2004 e Cass. Sentenza n. 1912 del 23.2.1998) – resta fermo che l’indicazione delle ragioni de quibus deve essere fornita laddove l’atto dì modificazione della sede di lavoro non contenga già il riferimento a dati sufficienti al fine di permettere alla risorsa di conoscere la ragione alla base del trasferimento che l’ha interessata.

Tanto premesso, si deve osservare che, con la lettera del 28.11.2011, la società convenuta ha fatto presente alla ricorrente di aver perso la “gestione del punto vendita di Sesto San Giovanni (MI), Via F. 74, presto cui presta servizio“, con cessazione di tale unità aziendale al 31.12.2011, ragione per effetto della quale, con la stessa lettera, si indica come nuova sede di lavoro quella di Lecco, Via R., n. 14 (cfr. doc. n. 12 cit.).

Ora, essendo evidente che – laddove il dipendente presti servizio presso una unità aziendale di un soggetto terzo e ciò in ragione di rapporto negoziale (contratto di appalto o di altro tipo) tra il datore di lavoro ed il titolare dell’unità produttiva luogo di effettivo svolgimento delle prestazione della risorsa – nel caso in cui il rapporto contrattuale tra la parte datoriale e l’impresa terza cessi per qualunque ragione, non risulta possibile che la collaborazione lavorativa prosegua presso la stessa sede di lavoro, si deve quindi concludere nel senso che la società resistente ha fornito le ragioni alla base del trasferimento già con la lettera deI 28.11.2011, senza che, perciò, possano scaturire le conseguenze invocate dalla difesa attorea per effetto della mancata risposta alla richiesta di cui alla missiva del 5.12.2011.

Tanto esposto con riferimento al profilo di illegittimità de qua, la difesa della parte ricorrente ha lamentato tutta una serie di ulteriori motivi di doglianza circa il trasferimento della sig.ra P. P. da Sesto San Giovanni a Lecco.

In primis, merita di essere osservato che, nella materia in commento, come precisato anche dalla giurisprudenza di legittimità, condivisa dal giudicante e richiamata nella presente sede anche ai sensi e per gli effetti di cui all’ad. 118, comma 1, disp. att., c.p.c., “il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata da/l’imprenditore; quest’ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevole che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo” (Cass. n. 5099 del 2.3.2011 e Cass. n. 9921 del 28.4.2009).

D’altro canto, da ultimo, anche il legislatore – coerentemente con l’indirizzo interpretativo della Suprema Corte di cui al capoverso precedente – ha esplicitato che “in tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all’ad. 409 del codice di procedura civile e dell’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente” (ad. 30, comma 1, primo periodo, L. n. 183/2010), avendo poi anche precisato che “l’inosservanza delle disposizioni di cui al precedente periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce motivo di impugnazione per violazione di norme di diritto” (art. 30, comma 1, secondo periodo, L. n. 183/2010, periodo aggiunto dall’art. 1, comma 43, L. n. 92/2012).

Innanzi tutto, la difesa della parte ricorrente ha lamentato il fatto che la società convenuta avrebbe potuto ricollocare la dipendente presso un esercizio della provincia di Milano dove G. opera sulla base di rapporti di appalto intercorrenti con i gestori degli esercizi stessi.

Al riguardo, si deve osservare come – anche aderendo alle considerazioni svolte in ricorso circa il fatto che il datore di lavoro, nel momento della individuazione della nuova sede di servizio, debba tenere in conto le esigenze della risorsa interessata dal provvedimento di trasferimento – laddove si intenda contestare la scelta della sede ad quem risulti necessario allegare in giudizio l’esistenza di posizioni libere in una delle sedi presso le quali, in tesi, il dipendente avrebbe potuto essere trasferito in alternativa rispetto aziendale individuata dalla parte datoriale, non potendo certo esigersi nè che trasferita altra risorsa, né che l’assegnazione ad una certa unità aziendale sia in aggiunta all’organico ordinariamente previsto per essa.

Nulla sotto tale profilo nulla è stato dedotto nell’atto introduttivo del giudizio, con conseguente reiezione del profilo di illegittimità in commento.

La ricorrente ha poi osservato come il trasferimento che l’ha interessata sarebbe un provvedimento punitivo e discriminatorio.

Al riguardo, se si considera che è un fatto pacifico che la società convenuta dal 31.12.2011 non avrebbe più operato presso il punto vendita di Sesto San Giovanni dove lavorava la ricorrente (cfr. doc. n. 9 del fascicolo resistente), con conseguente necessità obiettiva di stabilire una nuova sede di lavoro per il personale addetto a tale punto vendita (cfr. docc. nn. 11-13 del fascicolo cit.) e richiamate le osservazioni sopra svolte circa la sede ad quem individuata da G., è evidente come nessun intento punitive possa essere ravvisato nel caso di specie.

Quanto, poi, al lamentato carattere discriminatorio dell’atto in commento, si tratta di profilo di illegittimità argomentato sulla base del fatto che la società convenuta avrebbe impedito alla ricorrente di- -passare alle dipendenze dell’impresa subentrante presso l’esercizio commerciale di Sesto San Giovanni.

A tale proposito, si deve osservare come, pur facendosi in ricorso riferimento all’art. 2112 c.c. (norma citata, invero non senza profili di contraddittorietà, insieme all’art. 29, comma 3, D. Lgs. n. 276/2003), la difesa attorea non ha introdotto in giudizio elementi tali da potersi prospettare che tra G. e l’impresa subentrante sarebbe intervenuta una cessione di azienda o diramo d’azienda, cosicché si deve escludere che la sig.ra P.P. potesse vantare una posizione soggettiva tutelata dall’ordinamento per effetto della quale il rapporto di lavoro dovesse essere trasferito ex lege da una impresa all’altra, ferma la sede presso la quale rendere la prestazione: da ciò ed in radice, la non configurabilità di alcun trattamento discriminatorio; dovendosi, anzi, osservare che la società convenuta, nonostante la pacifica cessazione della sede aziendale di assegnazione della ricorrente, non ha proceduto alla risoluzione del rapporto, decidendo di ricollocare la dipendente presso un esercizio di prossima apertura alla data del provvedimento del 28.11.2011.

Va da sé che, a fronte della legittimità del trasferimento, devono essere respinte anche le pretese risarcitorie relative ai danni patrimoniali e non patrimoniali lamentati dalla ricorrente, voci di danno la cui risarcibilità presuppone necessariamente l’illegittimità del provvedimento avente ad oggetto la modificazione della sede di lavoro, facendo altrimenti radicale difetto la stessa ingiustizia del pregiudizio in tesi subito dalla sig.ra P. P. .

D’altro canto, sempre con riferimento alle pretese risarcitorie de quibus, si deve pure osservare come in ricorso risulti allegato che i disturbi sempre più gravi, di tipo alimentare, d’origine neuro-psicologica lamentati dalla parte attrice sarebbero insorti nell’anno 2007, con conseguente sicura non riferibilità di tale stato patologico ad un provvedimento di trasferimento intervenuto solo nel mese di novembre 2011 ed obiettiva difficoltà di imputazione della malattia de qua anche ai precedenti atti di trasferimento – che, comunque, non risultano essere stati impugnati con il presente ricorso – tenuto anche conto che la ricorrente era assegnata alla sede di Sesto San Giovanni sin dall’i gennaio 2002 e che, con precedente giudizio (rubricato al n. 5477/2004 R.G. di questo stesso Tribunale e definito con conciliazione giudiziale del 5.10.2004: cfr. doc. n. 8 del fascicolo attore), ha contestato la legittimità del trasferimento da tale unità produttiva a quella di Muggiò (cfr. doc. n. 6 del fascicolo cit.), manifestando così il proprio gradimento per la sede di Sesto San Giovanni, alta quale è rimasta assegnata, senza sostanziale soluzione i continuità, dal 10 gennaio 2002 sino al trasferimento del 28 novembre 2011 oggetto di questa causa.

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Per quanto concerne il regolamento delle spese di lite, le peculiarità del caso di specie, unitamente alla disponibilità conciliativa manifestata dalla parte ricorrente (cfr. verbale d’udienza del 10.4.2013), ad avviso del giudicante, ne giustificano – ex art. 92, comma 2, c.p.c. – l’integrale compensazione tra le parti.

Ex art. 429, comma 1, secondo periodo, c.p.c., si fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

P.Q.M.

Respinge il ricorso;

dichiara integralmente compensate le spese di lite tra le parti, fissa termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

Milano, 10 aprile 2013

il Giudice

Nicola Greco


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