Tutela e sostegno della maternita’ e della paternita – lavoro domestico – DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n. 151
Art. 62.
Lavoro domestico (legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
articoli 1, 13, 19, 22;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3)
1. Le lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi domestici e
familiari hanno diritto al congedo di maternita' e di paternita'. Si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17,
22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo trattamento economico e
normativo.
2. Per il personale addetto ai servizi domestici familiari,
l'indennita' di cui all'articolo 22 ed il relativo finanziamento sono
regolati secondo le modalita' e le disposizioni stabilite dal decreto
del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403.
Art. 6.
Tutela della sicurezza e della salute
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1;
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 9)
1. Il presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza
e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e
fino a sette mesi di eta' del figlio, che hanno informato il datore
di lavoro del proprio stato, conformemente alle disposizioni vigenti,
fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8.
2. La tutela si applica, altresi', alle lavoratrici che hanno
ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei
sette mesi di eta'.
3. Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico
del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la
gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o
private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni
erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche,
delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternita', in
funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale,
previste dal decreto del Ministro della sanita' di cui all'articolo
1, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n.
124, purche' prescritte secondo le modalita' ivi indicate.
Art. 16
Divieto di adibire al lavoro le donne
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)
1. E' vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto,
salvo quanto previsto all'articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo
intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto
all'articolo 20; (20)
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto
avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si
aggiungono al periodo di congedo di maternita' dopo il parto, anche
qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il
limite complessivo di cinque mesi.
1.1. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, e'
riconosciuta alle lavoratrici la facolta' di astenersi dal lavoro
esclusivamente dopo l'evento del parto entro i cinque mesi successivi
allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente
ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro
attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della
gestante e del nascituro.
1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della
gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione,
nonche' in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il
congedo di maternita', le lavoratrici hanno facolta' di riprendere in
qualunque momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci
giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista
del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico
competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi
di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla
loro salute.
Art. 17
Estensione del divieto
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30,
commi 6, 7, 9 e 10)
1. Il divieto e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del
parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione
all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o
pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le
organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino
all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del
divieto di lavoro e' disposta dal servizio ispettivo del Ministero
del lavoro, competente per territorio.
2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono,
secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro
delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di
astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino
ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e
all'articolo 12, comma 2, per uno o piu' periodi, la cui durata sara'
determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i
seguenti motivi: a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o
di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate
dallo stato di gravidanza; b) quando le condizioni di lavoro o
ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e
del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad
altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.
3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 e'
disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalita' definite con
Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano,,
secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni
caso il provvedimento dovra' essere emanato entro sette giorni dalla
ricezione dell'istanza della lavoratrice. 4. L'astensione dal lavoro
di cui alle lettere b) e c) del comma 2
e' disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d'ufficio o
su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria
attivita' di vigilanza emerga l'esistenza delle condizioni che
danno luogo all'astensione medesima.
5. I provvedimenti previsti dai presente articolo sono
definitivi.
Art. 22
Trattamento economico e normativo
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5;
legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 3, comma 2;
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5)
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennita' giornaliera pari
all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo
di maternita', anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12,
comma 2.
2. L'indennita' di maternita', comprensiva di ogni altra
indennita' spettante per malattia, e' corrisposta con le modalita' di
cui all'articolo 1, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e
con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni
dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
3. I periodi di congedo di maternita' devono essere computati
nell'anzianita' di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli
relativi alla tredicesima mensilita' o alla gratifica natalizia e
alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento
dei limiti di permanenza nelle liste di mobilita' di cui all'articolo
7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti
temporali di fruizione dell'indennita' di mobilita'. I medesimi
periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di
sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare
dell'indennita' di mobilita'.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione
nella carriera, come attivita' lavorativa, quando i contratti
collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice
ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di
congedo di maternita'.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilita' ai sensi
dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice
che, in periodo di congedo di maternita', rifiuta l'offerta di
lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilita', ovvero
l'avviamento a corsi di formazione professionale.