Circolare INAIL 04 Agosto 2000 n. 57 | ADLABOR
Circolare 04.08.2000, n. 57
Decreto legislativo n. 38/2000. Art. 13. “Danno biologico”.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali – premi – assicurazione obbligatoria – danno biologico – nuova disciplina – indennizzo
Sul supplemento ordinario n. 119 della Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25/07/2000 è stato pubblicato il decreto ministeriale di cui all’Art. 13, comma 3, del Decreto Legislativo in oggetto, di approvazione delle tre tabelle (delle menomazioni, dell’indennizzo danno biologico, dei coefficienti) previste dal comma 2, lettere a) e b), dello stesso Art. 13.
Per effetto del comma 2 dell’Art. 13 la nuova disciplina si applica esclusivamente agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di pubblicazione del suddetto decreto ministeriale, e cioè dal 25/07/2000.
1 – Introduzione
1.2. – Specificità del sistema indennitario del danno biologico di origine lavorativa nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria rispetto al sistema risarcitorio di diritto comune del danno biologico da fatto illecito.
1.3. – Carattere sperimentale della nuova disciplina indennitaria.
1.4. – Effetti migliorativi del nuovo sistema indennitario.
2 – Decorrenza e oggetto della nuova disciplina indennitaria.
3 – Meccanismi applicativi della nuova disciplina indennitaria.
3.1. – Infortunati o tecnopatici senza postumi o con postumi inferiori al 6%.
3.2. – Infortunati o tecnopatici con postumi di grado pari o superiore al 6% ed inferiore al 16%.
3.2.1.-Criteri di impostazione della “Tabella indennizzo danno biologico”.
3.2.2.-Criteri di applicazione della “Tabella indennizzo danno biologico”.
3.2.3.-Liquidazione provvisoria dell’indennizzo in capitale del danno biologico.
3.2.4. termini per l’emanazione del provvedimento di liquidazione dell’indennizzo in capitale. Interessi di mora.
3.2.5. termini prescrizionali del diritto alla liquidazione dell’indennizzo in capitale
3.2.6.-Richiesta di aggravamento da parte dell’assicurato.
3.2.6.1.-Accoglimento della richiesta di adeguamento dell’indennizzo in capitale per aggravamento.
3.2.6.2.- Accoglimento della richiesta di costituzione della rendita per aggravamento.
3.2.7.-Ulteriori precisazioni.
3.3.- Infortunati o tecnopatici con postumi di grado pari o superiore al 16%
3.3.1.-Quota di rendita per l’indennizzo del danno biologico.
3.3.2.- Quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali della menomazione.
3.3.2.1.-Caratteristiche della “Tabella dei coefficienti” e criteri di applicazione.
3.3.3.-Quote integrative ed integrazione rendita.
3.3.4.-Revisione della rendita.
3.4.-Altre disposizioni dell’Art. 13.
3.4.1.-Disciplina dei casi di danni plurimi policroni conseguenti ad eventi lesivi tutti rientranti nel nuovo regime.
3.4.2.-Valutazione delle preesistenze. Raccordo tra precedente e nuovo sistema indennitario.
3.4.2.1.- Valutazione delle menomazioni preesistenti extralavorative.
3.4.2.2.- Valutazione delle preesistenze lavorative indennizzate in rendita.
3.4.2.3.- Valutazione delle preesistenze lavorative non indennizzate in rendita.
3.4.3.-Rivalutazione degli indennizzi.
3.5. Disposizioni del Testo Unico applicabili nel nuovo regime in quanto compatibili.
4.-Prima fase di attuazione della nuova disciplina indennitaria.
1-Introduzione.
Prima di procedere alla illustrazione dei meccanismi applicativi del nuovo regime indennitario dei danni di origine lavorativa, introdotto dall’Art. 13 del Decreto Legislativo n. 38/2000 (“danno biologico”), si ritiene indispensabile svolgere alcune considerazioni di carattere generale, che hanno lo scopo di fornire una visione d’insieme delle profonde innovazioni intervenute, di inquadrarle giuridicamente e di evidenziarne i principi sottostanti, in modo da mettere tutte le Unità territoriali nelle condizioni di attuare correttamente la nuova disciplina e di collaborare attivamente, attraverso le indicazioni suggerite dalla concreta esperienza operativa, alla migliore soluzione delle problematiche che sorgeranno.
1.1.-Principi generali del nuovo sistema indennitario.
Con la Legge delega n. 144/1999 (Art. 55, comma 1, punto s) il legislatore, accogliendo i ripetuti inviti della Corte Costituzionale, ha previsto, “nell’oggetto dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionale e nell’ambito del relativo sistema di indennizzo e di sostegno sociale, un’idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della tariffa dei premi”.
Subito dopo l’emanazione della legge delega si è aperta una discussione sulle sue possibili modalità di attuazione (in seno al Consiglio di Indirizzo e Vigilanza; in sede di “Tavolo di concertazione” con le parti sociali) e si è convenuto che sarebbe stato difficile rispettare la volontà legislativa limitandosi semplicemente ad aggiungere all’indennizzo della ridotta o perduta attitudine al lavoro disciplinato dal Testo Unico – un ulteriore indennizzo per il danno biologico di origine lavorativa.
E ciò per varie ragioni, di cui le principali sono:
– la Corte Costituzionale ha riconosciuto che l’indennizzo previsto dal Testo Unico è erogato, in alcuni casi, anche in assenza di danno patrimoniale e, dunque, in presenza di solo danno biologico. Pertanto, una semplice addizionale per il danno biologico, lasciando immodificato il Testo Unico, avrebbe portato ad una duplicazione di indennizzo in certi casi e ad una negazione di indennizzo in altri;
– il danno biologico è ormai unanimamente interpretato da giurisprudenza e dottrina come danno alla persona intesa nella sua globalità, e quindi come menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto che si ripercuote su tutte le sue attività e capacità, compresa quella lavorativa generica inscindibile dalle altre;
– il danno biologico ha caratteristiche specifiche: è sempre sussistente in presenza di una menomazione dell’integrità psico-fisica, è autonomo e prioritario rispetto al danno patrimoniale, è unitario ed inscindibile nelle sue componenti, è uguale per tutti e perciò areddituale.
Per tutte queste ragioni, non sarebbe stato possibile utilizzare per la disciplina del danno biologico i criteri stabiliti dal Testo Unico per la riduzione o perdita della attitudine al lavoro.
L’unica soluzione praticabile è sembrata, perciò, quella di procedere ad un totale riordino del sistema indennitario delineato dal Testo Unico, tenendo conto dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sviluppatasi nell’ultimo ventennio in materia di risarcimento del danno alla persona in sede civilistica ed uniformandosi ai principi che ispirano il progetto governativo di riforma di tale risarcimento, attualmente in discussione in Parlamento (disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 giugno 1999), ferme restando le strutturali differenze tra risarcimento del danno ed indennizzo dello stesso, di cui si dirà più avanti.
A tale scopo è stata elaborata una proposta articolata nei seguenti punti:
– previsione di un indennizzo di base, che ristora il danno biologico in quanto sempre sussistente in presenza di una menomazione dell’integrità psicofisica, determinato in maniera areddituale in quanto lo stesso evento lesivo produce un eguale pregiudizio alla persona per tutti gli esseri umani;
– al superamento di una predeterminata soglia di gravità della menomazione, previsione di un’ulteriore quota di indennizzo, in aggiunta a quello di base, che ristora le conseguenze che l’evento lesivo può avere in termini patrimoniali. Questa quota di indennizzo è determinata tenendo conto della retribuzione dell’infortunato e dell’incidenza della menomazione sulla possibilità di produrre reddito attraverso il lavoro;
– determinazione e quantificazione delle conseguenze patrimoniali della menomazione attraverso parametri fissati per legge, non essendo possibile, nell’ambito del sistema indennitario, la prova caso per caso.
Nelle sue linee essenziali la suddetta proposta è stata recepita dal legislatore che, con l’articolo 13 del Decreto legislativo di cui si tratta, dopo aver definito ai fini dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – il danno biologico come “la lesione all’integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona”, ha stabilito che la menomazione (e cioè l’invalidità permanente) conseguente a quella lesione sia indennizzata con una nuova prestazione economica che sostituisce la rendita per inabilità permanente di cui all’Art. 66, n. 2, del Testo Unico.
Tale nuova prestazione indennizza sempre il danno biologico fino al 100%, salvo che per le menomazioni di grado inferiore al 6%, ritenute, per la loro lieve entità, non rilevanti in un sistema di tutela sociale e considerate, quindi, in franchigia. L’indennizzo del danno biologico è areddituale, e cioè è determinato senza alcun riferimento alla retribuzione dell’infortunato, e viene erogato sotto forma di capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%, ed in rendita a partire dal 16%, considerato che, a partire da quest’ultima soglia, la gravità della menomazione rende necessaria la corresponsione di una prestazione economica che garantisca il sostegno nel tempo.
Inoltre, a partire dal 16%, tale nuova prestazione, attraverso l’erogazione di una ulteriore quota di rendita in aggiunta a quella erogata per l’indennizzo del danno biologico, ristora anche le conseguenze patrimoniali, presunte per legge, della menomazione. Quest’ultima quota è commisurata al grado della menomazione e ad una percentuale della retribuzione percepita dall’infortunato (nei limiti del minimale e del massimale di legge), percentuale che varia in funzione dell’incidenza della menomazione sulla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell’assicurato e sulla ricollocabilità dello stesso.
In sintesi, l’Art. 13 abolisce la rendita per inabilità permanente e, al suo posto, prevede:
– nessun indennizzo per gradi di menomazione inferiori al 6% (franchigia);
– indennizzo in capitale del solo danno biologico per gradi di menomazione pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%;
– indennizzo in rendita per gradi di menomazione pari o superiori al 16%, di cui una quota per danno biologico ed una ulteriore quota aggiuntiva per conseguenze patrimoniali delle menomazioni.
Gli strumenti attraverso i quali si attua il nuovo sistema di indennizzo sono le tre Tabelle previste dall’Art. 13, comma 2, punti a) e b) ed approvate con il citato decreto ministeriale in corso di pubblicazione, e cioè:
a- la “Tabella delle menomazioni” che contempla, con elettiva attenzione a quelli di origine lavorativa, tutti i quadri menomativi derivanti da lesioni e/o da malattie, comprendendovi gli aspetti dinamico-relazionali. Questa tabella sostituisce le tabelle sia dell’industria che dell’agricoltura allegate al Testo Unico che contemplavano, come noto, solo menomazioni incidenti sulla attitudine lavorativa. Il grado della menomazione accertato e valutato applicando la nuova “Tabella delle menomazioni” costituisce la base di calcolo sia per l’indennizzo del danno biologico in capitale o in rendita, che per la determinazione della ulteriore quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali;
b- la “Tabella indennizzo danno biologico”, che contiene le misure del ristoro economico del danno biologico dal 6% al 100%. Tale indennizzo, pur essendo determinato sempre con gli stessi criteri (di cui si dirà appresso), viene erogato si ripete – in capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%, ed in rendita a partire dal 16%;
c- la “Tabella dei coefficienti”, attraverso i quali (con criteri di cui si dirà appresso) si calcola la percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per il calcolo dell’ulteriore quota di rendita che ristora le conseguenze patrimoniali derivanti, in via presuntiva, dalla menomazione a partire ripetesi – dal 16%.
1.2.- Specificità del sistema indennitario del danno biologico di origine lavorativa nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria rispetto al sistema risarcitorio di diritto comune del danno biologico da fatto illecito.
Pur essendo comune l’oggetto (e cioè il danno biologico) e pur in presenza di alcune analogie tra il sistema indennitario delineato dall ‘ Art. 13 ed il sistema risarcitorio-civilistico, tuttavia notevoli differenze derivano dalla diversa finalità dei due sistemi e dalla conseguente diversa strutturazione del meccanismo di ristoro del danno.
L’indennizzo INAIL, infatti, assolve ad una funzione sociale ed è finalizzato a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore, secondo quanto previsto dall’Art. 38 della Costituzione, mentre il sistema civilistico è finalizzato a risarcire il danno nella esatta misura in cui si è verificato.
L’Art. 13, nell’introdurre il danno biologico nella copertura assicurativa gestita dall’INAILdei danni derivanti da infortuni sul lavoro e malattie professionali, non ha modificato i principi di fondo che caratterizzano il sistema, e cioè il suo automatismo ed i meccanismi solidaristici che lo ispirano.
D’altro canto, nel sistema civilistico il risarcimento del danno avviene, salvo ipotesi eccezionali, per mezzo dell’erogazione di un risarcimento in capitale onnicomprensivo, che chiude definitivamente il rapporto. Nel sistema di indennizzo sociale, invece, le condizioni di salute del danneggiato sono oggetto di valutazione nel tempo e comportano adeguamento ed integrazione della prestazione corrisposta; la stessa prestazione è, comunque, periodicamente rivalutata. Infine, la prestazione economica è integrata da altre prestazioni di natura diversa (protesi, cure mediche, assistenza sociale, ecc.).
1.3.-Carattere sperimentale della nuova disciplina indennitaria.
La nuova disciplina indennitaria del danno biologico di origine lavorativa ha carattere sperimentale “in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento” (Art. 13, comma 1).
La natura sperimentale della nuova disciplina indennitaria deriva dalla portata radicalmente innovativa dell’Art. 13 che, oltre a rivoluzionare il precedente sistema INAIL, rappresenta anche la prima regolamentazione legislativa di una materia che, da almeno un ventennio, impegna dottrina e giurisprudenza in sede civilistica e che non ha ancora raggiunto stabilità ed uniformità valutative.
Lo stesso legislatore, mostrandosi pienamente consapevole della complessità e della delicatezza della problematica, ha previsto un periodo annuale di monitoraggio e verifica, finalizzato all’eventuale emanazione di disposizioni “correttive e integrative” (cfr. L. n. 144/1999, Art. 55, comma 2). Sull’importanza della prima fase di attuazione della norma, e delle connesse operazioni di verifica e di monitoraggio, e sull’impegno al riguardo richiesto a tutte le strutture dell’Istituto interessate, si tornerà nel paragrafo finale della presente circolare.
1.4.-Effetti migliorativi del nuovo sistema indennitario.
Considerata nel suo complesso, l’attuazione della nuova disciplina indennitaria comporta l’erogazione di maggiori prestazioni economiche per circa 370 miliardi, secondo l’intesa raggiunta al Tavolo di concertazione con le parti sociali e recepita dal legislatore.
Ciò è conseguenza di un ampliamento dei casi di invalidità permanente indennizzabili, che si stima passeranno da 37.000 a 54.000 all’anno, e di un generalizzato miglioramento del livello delle prestazioni, segnatamente per i casi di maggiore gravità, fino talvolta ad oltre il doppio del livello attuale.
La nuova normativa prevede, infatti, l’abbassamento del grado minimo indennizzabile dall’11% al 6%, l’estensione della tutela a tipologie di danni prima non contemplate ed una maggiore personalizzazione dell’indennizzo.
Sotto altro versante, va sottolineato che il nuovo sistema amplia le garanzie per il datore di lavoro in quanto, essendo fornita una copertura assicurativa del danno biologico di origine lavorativa, viene conseguentemente esteso l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile.
2 – Decorrenza
e oggetto della nuova disciplina indennitaria.
Per effetto del comma 2 dell’Art. 13, la nuova disciplina si applica esclusivamente agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione delle tre tabelle di cui sopra, e cioè dalla data della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Ciò significa che per gli infortuni occorsi o le malattie denunciate prima di quella data siano stati essi indennizzati o meno in rendita – continuano ad applicarsi integralmente le disposizioni del Testo Unico, in un regime di coesistenza delle due discipline che perdurerà fino ad esaurimento dei casi ricadenti nel precedente sistema. Sulla coesistenza dei due regimi e sul loro raccordo si tornerà più avanti (punto 3.4.2.).
La nuova disciplina innova esclusivamente in materia di invalidità permanente (“menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psico-fisica”, cfr. comma 2, lettera a).
Nulla è modificato in materia di inabilità temporanea assoluta, che pertanto continuerà ad essere erogata nelle misure e con le modalità vigenti, non avendo il legislatore previsto l’indennizzo del danno biologico temporaneo che, quindi, deve come le micropermanenti inferiori al 6% – considerarsi in franchigia.
Nulla è modificato neppure per quanto concerne le prestazioni economiche erogate ai superstiti in conseguenza della morte dell’assicurato per cause lavorative.
Il legislatore, infatti, ha tenuto conto dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza sia costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 372/1994) sia di legittimità (Cassazione, sentenza n. 6404/1998), in base ai quali il danno biologico è la conseguenza della violazione del diritto alla salute e, quindi, postula necessariamente la permanenza in vita del soggetto leso, mentre in caso di morte è violato il diritto alla vita, che è bene giuridico completamente diverso dal diritto alla salute.
Resta confermata, pertanto, in caso di morte dell’assicurato per cause lavorative, l’erogazione della rendita a superstiti nella sua attuale disciplina, rendita che conserva la natura di indennizzo del pregiudizio patrimoniale sofferto dai superstiti, come conseguenza immediata e diretta dell’evento lesivo che ha colpito il lavoratore, in ragione del loro rapporto di dipendenza economica con il defunto, come ribadito dalla Corte Costituzionale (citata sentenza n. 372/94).
3 – Meccanismi applicativi della nuova disciplina indennitaria.
Si premette che la nuova disciplina indennitaria è costituita dall’insieme delle disposizioni contenute nell’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 38/2000 e delle norme del Testo Unico ivi espressamente richiamate, nonchè dalle altre norme del Testo Unico (e delle successive integrazioni o modifiche) che restano applicabili in quanto compatibili con la nuova disciplina, per effetto del generale richiamo effettuato dal comma 11 dello stesso articolo 13.
Per comodità espositiva, la nuova disciplina indennitaria verrà illustrata raggruppando le disposizioni per classi di postumi (inferiori al 6%; dal 6 a 15%; dal 16 a 100%). Un paragrafo a parte è dedicato ad alcune norme comuni alle tre classi di invalidità ed un altro alle principali disposizioni del Testo Unico che continuano a trovare applicazione in quanto compatibili con la nuova disciplina.
Circa la “Tabella delle menomazioni” ed i relativi criteri applicativi, verranno emanate direttive separate.
3.1.-Infortunati o tecnopatici senza postumi o con postumi inferiori al 6%.
Non hanno diritto ad indennizzo, il quale come si è più volte ripetuto – inizia ad essere corrisposto dal grado di menomazione pari o superiore al 6% (comma 2, lettera a).
Ai sensi del comma 4, in caso di aggravamento conseguente all’infortunio sul lavoro o alla malattia professionale, questi assicurati, entro dieci anni dalla data dell’infortunio o quindici dalla data di denuncia della malattia professionale, hanno diritto a richiedere:
– l’indennizzo in capitale per danno biologico, se la menomazione si è aggravata raggiungendo o superando il grado del 6% senza arrivare ad un grado indennizzabile in rendita (pari o superiore al 16%);
– la liquidazione della rendita per danno biologico e danno patrimoniale, se la menomazione si è aggravata ed ha raggiunto un grado indennizzabile in rendita.
Se si tratta di malattie neoplastiche, di silicosi o asbestosi, o di malattie infettive e parassitarie, la domanda di aggravamento, esclusivamente ai fini della liquidazione della rendita e, quindi, non ai fini dell’indennizzo in capitale, può essere presentata anche oltre i limiti temporali di cui sopra, con scadenze quinquennali dalla precedente richiesta.
Il procedimento amministrativo per l’accertamento dell’aggravamento ai fini dell’indennizzo in capitale o in rendita può essere promosso solo a richiesta dell’interessato, e quindi non su iniziativa dell’Istituto La richiesta va formulata nei modi e nei termini stabiliti per la revisione delle rendite in caso di aggravamento. Si osserva, a tale riguardo, che questa disposizione, sia nella ratio che nella formulazione letterale, è identica alla norma contenuta nel penultimo comma dell’Art. 83 T.U., alla cui applicazione il legislatore intende, quindi, fare riferimento.
In caso di accoglimento della domanda, si seguono le regole stabilite ai successivi punti 3.2. per la liquidazione dell’indennizzo in capitale e 3.3. per la liquidazione della rendita.
3.2.- Infortunati o tecnopatici con postumi di grado pari o superiore al 6% ed inferiore al 16%.
Hanno diritto soltanto all’indennizzo in capitale del danno biologico.
Pertanto, una volta accertato in sede medico-legale che a seguito dell’infortunio o della malattia professionale sono residuati postumi di grado pari o superiore al 6% ed inferiori al 16%, all’assicurato va liquidato l’indennizzo in capitale nella misura indicata nella apposita “Tabella indennizzo danno biologico”.
Prima di illustrare come si applica questa tabella, è opportuno fornire qualche chiarimento sulla sua impostazione.
3.2.1.-Criteri di impostazione della “Tabella indennizzo danno biologico”.
I principi sui quali è impostata la tabella sono tre:
1. l’indennizzo è areddituale, prescinde cioè dalla retribuzione dell’assicurato, in quanto la menomazione in sè produce lo stesso pregiudizio alla persona per tutti gli esseri umani;
2. l’indennizzo è crescente al crescere della gravità della menomazione in misura più che proporzionale sia in termini assoluti che relativi. Infatti, al crescere della percentuale di invalidità, aumenta il peso di ciascun punto percentuale aggiuntivo, in quanto va ad incidere su di un quadro clinico maggiormente compromesso;
3. l’indennizzo è variabile in funzione dell’età (decresce al crescere dell’età) e del sesso (tiene conto della maggiore longevità femminile). Infatti, l’indennizzo in capitale deve essere proporzionato alla durata della residua vita nel corso della quale deve ristorare il pregiudizio della menomazione.
Si tratta dei principi del cosiddetto “sistema a punto variabile” che è quello seguito da quasi tutti i Tribunali per il risarcimento civilistico del danno biologico da fatto illecito.
Il valore finanziario del punto base unitario (“punto INAIL”), riferito al grado ed alla classe di età iniziali, è stabilito pari a 1,6 milioni di lire e cresce come detto – in misura progressiva all’aumentare del grado.
Per quanto attiene all’età, gli importi dell’indennizzo sono modulati in undici classi quinquennali sulla base dell’andamento delle speranze di vita riscontrate per la collettività degli infortunati INAIL.
Inoltre, per tenere conto della specificità della componente femminile, notoriamente favorita in termini di sopravvivenza rispetto ai maschi, la tabella prevede indennizzi differenziati per i due sessi (superiori per le femmine).
3.2.2.-Criteri di applicazione della “Tabella indennizzo danno biologico”.
La “Tabella indennizzo danno biologico” per gradi di menomazioni pari o superiori al 6% ed inferiori al 16% si applica come una tabella a “doppia entrata”; quindi, una volta accertato il grado dei postumi, l’importo dell’indennizzo è determinato dall’incrocio tra la riga del grado stesso e la colonna della classe di età, distintamente per maschi e femmine.
Per quanto riguarda l’età da prendere in riferimento, il comma 2, lettera a, dispone che si deve considerare l’età dell’assicurato al momento della guarigione clinica, e cioè alla data di cessazione del periodo di inabilità temporanea assoluta.
Nei casi in cui non esiste un periodo di inabilità temporanea assoluta, come in diverse fattispecie di malattie professionali, deve essere presa a riferimento l’età dell’assicurato al momento della ricezione della denuncia.
3.2.3.-Liquidazione provvisoria dell’indennizzo in capitale del danno biologico.
Il comma 8 dell’Art. 13 disciplina le situazioni in cui, al termine del periodo di inabilità temporanea assoluta, non sia ancora possibile il definitivo accertamento medico legale del grado di menomazione dell’integrità psico-fisica.
In queste situazioni, è necessario da un lato garantire la tempestiva erogazione del ristoro economico del danno biologico, se dovuto, ma dall’altro è anche necessario evitare indennizzi in capitale superiori all’effettivo grado della menomazione definitivamente accertata, trattandosi di importi non più recuperabili.
A tali scopi il comma 8 introduce la possibilità di una liquidazione dell’indennizzo in capitale in misura provvisoria che, di fatto, significa possibilità di effettuare due visite di accertamento dei postumi:
– la prima, al termine del periodo di inabilità temporanea assoluta, che può concludersi con una valutazione provvisoria dei postumi e che può dare luogo alla liquidazione del corrispondente indennizzo in capitale, anch’esso provvisorio;
– la seconda, da effettuarsi con scadenza decisa dal medico ma comunque non prima di sei mesi e non oltre un anno dalla data di ricevimento del certificato medico definitivo, che si conclude con la valutazione definitiva dei postumi e che dà luogo alla liquidazione, anch’essa definitiva, del corrispondente indennizzo in capitale, oppure dell’importo dovuto come differenza rispetto all’indennizzo eventualmente già liquidato in via provvisoria.
Resta fermo che, per espresso dettato legislativo, “l’indennizzo definitivo non può essere inferiore a quello provvisoriamente liquidato” e che, pertanto, l’importo dell’indennizzo provvisorio dovrà essere determinato tenendo conto di questo vincolo.
Sull’argomento sono necessarie le seguenti precisazioni operative.
I presupposti della liquidazione dell’indennizzo in capitale in misura provvisoria sono due: il fatto che, al primo accertamento, la menomazione sia valutabile in misura pari o superiore al 6% ed inferiore al 16% ed il fatto che sia presumibile che, anche in sede di accertamento definitivo, la menomazione stessa continui ad essere valutabile entro i predetti limiti.
Ne consegue che:
1. se al primo accertamento i postumi sono valutabili in misura inferiore al 6%, non si dà luogo a valutazione provvisoria e si deve, invece, procedere alla valutazione definitiva e alla chiusura del caso senza postumi indennizzabili;
2. se al primo accertamento i postumi sono valutabili in misura pari o superiore al 6% ma sia presumibile che all’esito dell’accertamento definitivo siano valutabili in misura inferiore al 6%, si deve procedere a valutazione provvisoria dei postumi con riserva di secondo e definitivo accertamento, senza però provvedere a liquidazione provvisoria dell’indennizzo;
3. se al primo accertamento i postumi sono valutabili in misura pari o superiore al 6% ed inferiore al 16%, ma sia presumibile che all’esito dell’accertamento definitivo siano valutabili in misura pari o superiore al 16%, si deve procedere a valutazione provvisoria dei postumi con riserva di secondo e definitivo accertamento, senza però provvedere a liquidazione provvisoria dell’indennizzo;
4. se al primo accertamento i postumi sono valutabili in misura pari o superiore al 16%, si potrà costituire la relativa rendita (vedi punto 3.3.) cadenzando opportunamente la successiva revisione attiva.
In ogni caso, la data di effettuazione della seconda e definitiva visita di accertamento postumi, sia che si eroghi l’indennizzo provvisorio, sia che non lo si eroghi, deve essere comunicata all’assicurato.
Il provvedimento di liquidazione dell’indennizzo in capitale in misura provvisoria, proprio per la sua natura e per come è configurato dal comma 8, non può essere oggetto di opposizione che, quindi, può essere presentata solo contro il provvedimento definitivo.
Infine, per quanto superfluo, si fa presente che l’età da prendere a riferimento per l’applicazione della “Tabella indennizzo danno biologico” in sede di liquidazione definitiva è quella assunta per la liquidazione provvisoria.
3.2.4.- Termini per l’emanazione del provvedimento di liquidazione dell’indennizzo in capitale. Interessi di mora.
Si ritiene applicabile, in via analogica, anche ai fini della eventuale corresponsione degli interessi di mora, il termine temporale vigente per la costituzione delle rendite (120 giorni dalla data di ricezione del certificato medico definitivo o della denuncia, o del primo certificato medico, della malattia professionale che non abbia comportato astensione dal lavoro; cfr. circolare n. 26/1992).
Nei casi in cui si segue la procedura della liquidazione provvisoria, il suddetto termine deve ritenersi sospeso per il periodo intercorrente tra la data dell’accertamento provvisorio e quella dell’accertamento definitivo.
Il comma 8, peraltro, non indica espressamente il termine entro il quale si deve procedere alla liquidazione dell’indennizzo in capitale in misura provvisoria, nè sono applicabili i termini generalmente previsti per la conclusione del procedimento amministrativo, posto che la liquidazione provvisoria costituisce una fase dell’intero procedimento che si conclude solo con l’accertamento e la liquidazione definitivi.
In assenza di specifici riferimenti normativi, si ritiene opportuno attenersi per la liquidazione dell’indennizzo provvisorio al termine di 30 giorni decorrente dalla data del relativo accertamento postumi.
Infine, si osserva che il comma 8 prevede l’obbligo, entro 30 giorni dalla data di ricevimento del certificato medico constatante la cessazione dell’inabilità temporanea assoluta, di comunicare all’assicurato la previsione circa l’esistenza di postumi di carattere permanente indennizzabili in capitale in misura provvisoria.
Si tratta di un termine per uno specifico adempimento che, comunque, sta all’interno del termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento amministrativo e non incide sulla sua complessiva durata.
3.2.5. termini prescrizionali del diritto alla liquidazione dell’indennizzo in capitale.
Circa i termini prescrizionali si ritiene, allo stato, che possano trovare applicazione le disposizioni vigenti in materia di prescrizione del diritto alle prestazioni; in particolare trova applicazione il principio generale che il periodo prescrizionale inizia a decorrere dal momento in cui l’assicurato è nelle condizioni di esercitare il proprio diritto, e cioè dalla data in cui i postumi permanenti hanno raggiunto la misura minima indennizzabile in capitale e, nel caso di tecnopatia, l’assicurato ne è consapevole secondo criteri di normale conoscibilità.
3.2.6.-Richiesta di aggravamento da parte dell’assicurato.
Ai sensi del comma 4, in caso di aggravamento conseguente all’infortunio sul lavoro o alla malattia professionale, gli infortunati ed i tecnopatici già indennizzati in capitale in quanto portatori di menomazioni con grado pari o superiore al 6% ed inferiore al 16% hanno il diritto di richiedere, entro dieci anni dalla data dell’infortunio o quindici dalla data di denuncia della malattia professionale:
– l’adeguamento dell’indennizzo in capitale già concesso, se la menomazione si è aggravata ma non ha raggiunto un grado indennizzabile in rendita (pari o superiore al 16%);
– la costituzione della rendita, se la menomazione si è aggravata ed ha raggiunto un grado indennizzabile in rendita.
Se si tratta di malattie neoplastiche, di silicosi o asbestosi, o di malattie infettive e parassitarie, la domanda di aggravamento, esclusivamente ai fini della liquidazione della rendita e, quindi, non ai fini dell’adeguamento dell’indennizzo in capitale, può essere presentata anche oltre i limiti temporali di cui sopra, con scadenze quinquennali dalla precedente richiesta.
Il procedimento amministrativo per l’accertamento dell’aggravamento ai fini dell’adeguamento dell’indennizzo in capitale o della costituzione della rendita può essere promosso solo a richiesta dell’interessato, e quindi non su iniziativa dell’Istituto. La richiesta va formulata nei modi e nei termini stabiliti per la revisione delle rendite in caso di aggravamento. Si osserva, a tale riguardo, che questa disposizione, sia nella ratio che nella formulazione letterale, è identica alla norma contenuta nel penultimo comma dell’Art. 83 T.U., alla cui applicazione il legislatore intende, quindi, fare riferimento. Ciò significa che non si può equiparare in via analogica la data di liquidazione dell’indennizzo in capitale alla “data di costituzione della rendita”, per cui il dies a quo da prendere in riferimento per i termini revisionali indicati dagli articoli 83, 137 e 146 T.U. è sempre la data dell’infortunio o la data di ricezione della denuncia (o del primo certificato medico) della malattia professionale.
3.2.6.1.- Accoglimento della richiesta di adeguamento dell’indennizzo in capitale per aggravamento.
In primo luogo, l’accoglimento della domanda comporta l’adeguamento del capitale in precedenza corrisposto.
A tale fine, sulla base del principio indicato al comma 7, relativo ai casi di soppressione della rendita (vedi appresso) ma che può considerarsi di carattere generale, il capitale da adeguare non è quello in precedenza effettivamente erogato, bensì quello ricalcolato prendendo in riferimento l’età dell’assicurato al momento della richiesta di adeguamento.
Sotto il profilo operativo si procede nel modo seguente.
Si determina innanzitutto il capitale corrispondente al grado della menomazione accertato in esito alla domanda di aggravamento, prendendo a riferimento l’età dell’assicurato al momento della richiesta e la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento medesimo.
Dall’importo così determinato si sottrae il capitale corrispondente al grado di menomazione precedentemente indennizzato, ricalcolato prendendo a riferimento l’età dell’assicurato al momento della richiesta e la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento medesimo. Peraltro, ove detto capitale, per effetto di rivalutazioni della “Tabella indennizzo danno biologico” nel frattempo intervenute, risultasse superiore a quello a suo tempo effettivamente corrisposto, si detrarrà l’importo effettivamente corrisposto.
L’importo risultante dalla sottrazione costituisce l’adeguamento di capitale da corrispondere.
In secondo luogo, l’accoglimento della domanda comporta l’impossibilità di accogliere nuove richieste di adeguamento dell’indennizzo in capitale, in quanto la norma stabilisce che “la revisione dell’indennizzo in capitale, per aggravamento della menomazione & & & può avvenire una sola volta”.
A quest’ultimo proposito vanno fatte le seguenti precisazioni:
– il divieto di riconoscere ulteriori adeguamenti dell’indennizzo in capitale non preclude il diritto dell’assicurato di continuare a richiedere, nei termini già indicati, nuove revisioni per aggravamento del grado di menomazione esclusivamente ai fini di ottenere la costituzione della rendita;
– non vanno considerate revisioni di indennizzo, in quanto si riferiscono sempre al provvedimento originario, le differenze di importo erogate per aumento del grado a seguito di opposizione amministrativa, di sentenza, o infine di accertamento definitivo dei postumi allorchè sia stata seguita la procedura di liquidazione provvisoria di cui al precedente punto 3.2.3.
3.2.6.2.- Accoglimento della richiesta di costituzione della rendita per aggravamento.
In caso di accoglimento della domanda, si costituisce la rendita con le modalità illustrate nel successivo punto 3.3.
Va qui soltanto anticipato che la norma prevede che “l’importo della rendita è decurtato dell’importo dell’eventuale indennizzo in capitale già corrisposto”.
L’importo da decurtare, peraltro, sulla base dei principio generale già illustrato, non è quello effettivamente erogato, bensì quello ricalcolato prendendo in riferimento l’età dell’assicurato al momento della richiesta nonchè la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al medesimo momento (ed, ovviamente, il grado di menomazione in relazione al quale fu concesso l’indennizzo in capitale). Peraltro, ove detto importo, per effetto di rivalutazioni della “Tabella indennizzo danno biologico” nel frattempo intervenute, risultasse superiore a quello a suo tempo effettivamente corrisposto, si detrarrà l’importo effettivamente corrisposto
Il recupero di tale importo andrà effettuato mediante trattenute mensili sull’intero rateo di rendita pari ad un quinto del rateo medesimo.
3.2.7.-Ulteriori precisazioni.
A conclusione del presente paragrafo, si ritiene necessario esaminare alcuni particolari aspetti, finora non considerati, della disciplina dell’indennizzo in capitale delle menomazioni di grado pari o superiore al 6% ed inferiore al 16%.
A. Ai sensi del comma 9, se l’assicurato al quale è stato riconosciuto l’indennizzo in capitale del danno biologico decede prima che tale indennizzo sia stato corrisposto, è dovuto un indennizzo proporzionale al tempo trascorso tra la data della guarigione clinica e la morte. Si tratta dell’applicazione del principio di carattere generale secondo il quale l’indennizzo in capitale deve essere proporzionato alla durata della residua vita nel corso della quale deve ristorare il pregiudizio della menomazione, principio che come si è già visto- sta alla base della differenziazione dell’indennizzo in relazione all’età. È perciò conseguenziale che, in caso di morte prima della erogazione della prestazione, si debba corrispondere un indennizzo rapportato alla effettiva durata della sopravvivenza del danneggiato, e non quello indicato nella “Tabella indennizzo danno biologico”, costruito utilizzando parametri statistici.
Si osserva, peraltro, che la norma riguarda solo le fattispecie in cui la morte sopravviene prima della corresponsione dell’indennizzo, con la conseguenza che se l’importo liquidato in capitale è stato corrisposto e regolarmente riscosso e, quindi, è entrato nel patrimonio del danneggiato con la conseguente trasmissibilità agli eredi, questa disposizione non si applica.
Laddove, invece, l’importo prima della morte non sia stato ancora corrisposto oppure, se già liquidato, non sia stato ancora riscosso, si deve procedere a reincassare la somma se già liquidata, ricalcolare l’indennizzo del danno biologico maturato dal defunto durante il periodo di sopravvivenza ed erogare il nuovo importo agli eredi.
Le operazioni di ricalcolo saranno effettuate dalla Direzione Generale- Consulenza Statistico Attuariale su segnalazione della Unità Territoriale che dovrà fornire i seguenti elementi: Sede, nome, cognome e data di nascita dell’assicurato, n° caso, tipo (infortunio o m.p.) e data evento, data di maturazione del diritto all’indennizzo, grado di menomazione riconosciuto, indennizzo corrispondente da “Tabella”, data della morte.
B. L’avvenuta liquidazione dell’indennizzo in capitale del danno biologico non ha nessuna incidenza sulla misura della indennità giornaliera dovuta all’infortunato nel caso in cui egli successivamente all’evento indennizzato ricada in stato di inabilità temporanea assoluta o abbia necessità di cure o di accertamenti clinici, stante il carattere patrimoniale di quest’ultima prestazione (che ha, come noto, natura di indennizzo della perdita di guadagno).
C. L’indennizzo in capitale di cui si è trattato non ha nessun rapporto con la liquidazione in capitale delle rendite comprese tra l’11 ed il 15% del grado di inabilità al lavoro che l’Art. 75 T.U. prevede al termine del periodo revisionale. Nel nuovo sistema tale liquidazione, ovviamente, non trova più applicazione e resta in vigore solo per casi ricadenti nel precedente regime. Continuano a restare in vigore, invece, anche nel nuovo regime, le liquidazioni in capitale per i casi agricoli ricadenti nelle disposizioni di cui agli articoli 219 e 220 e seguenti T.U., nei termini e con le modalità ivi previste.
3.3.- Infortunati o tecnopatici con postumi di grado pari o superiore al 16%
Hanno diritto primariamente all’indennizzo del danno biologico e, in aggiunta, ad un ulteriore indennizzo per le conseguenze patrimoniali della menomazione. Entrambi gli indennizzi sono corrisposti in forma di rendita vitalizia che, pur essendo unitaria, è composta di due quote in relazione alla diversa natura e alle conseguenti differenze delle modalità di calcolo.
Pertanto, una volta accertato in sede medico-legale che a seguito dell’infortunio o della malattia professionale sono residuati postumi di grado pari o superiore al 16%, all’assicurato va costituita la rendita vitalizia determinata come segue, fermi restando i termini vigenti sia per la sua decorrenza sia per la sua liquidazione.
3.3.1.-Quota di rendita per l’indennizzo del danno biologico.
È quella indicata nella parte della “Tabella indennizzo danno biologico” riferita a gradi di menomazione pari o superiori al 16%.
Va precisato che gli indennizzi del danno biologico relativi ai gradi di invalidità di cui si tratta sono stati determinati con gli stessi criteri utilizzati per i gradi inferiori, e quindi sono anch’essi di natura areddituale (uguali per tutti a parità di grado) e crescenti con il crescere della gravità della menomazione in misura più che proporzionale sia in termini assoluti che relativi.
Non deve trarre in inganno il fatto che in questo caso la tabella non è articolata per fasce di età e per sesso e riporta un solo valore di rendita annua in corrispondenza di ciascun grado di menomazione. Ciò non significa che si perdano le relative specificità; queste infatti, incidendo sulla durata della rendita vitalizia, determinano automaticamente la diversificazione dell’importo complessivo dell’indennizzo.
È evidente, infatti, che a parità di grado di menomazione e quindi di importo di rateo di rendita- un soggetto ad es. di 20 anni percepirà la prestazione prevedibilmente per un periodo di tempo più lungo rispetto ad un soggetto ad es. di 50 anni, con un conseguente maggiore importo dell’indennizzo complessivamente corrisposto.
3.3.2.- Quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali della menomazione.
Una volta determinata la quota di rendita annuale per danno biologico, ad essa va aggiunta una seconda quota per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, che viene calcolata salvo che per un importante correttivo di cui si dirà appresso – esattamente come si faceva nel precedente regime ai sensi dell’Art. 74 T.U., e cioè rapportando il grado della menomazione accertata e valutata sulla base della nuova “Tabella delle menomazioni” che, come già detto, sostituisce a tutti gli effetti le precedenti Tabelle allegate al testo unico – alla retribuzione calcolata secondo le disposizioni degli articoli da 116 a 120 sulla base delle aliquote di cui all’allegato n. 7.
L’importante correttivo introdotto dall’Art. 13 è costituito dal fatto che la retribuzione, ferma restando la sua preliminare riconduzione, ove occorra, al minimale o massimale di legge, non viene considerata per intero (salvo che in precisi e determinati casi), ma viene assunta in una misura percentualmente ridotta in funzione della gravità della menomazione, e della sua incidenza sulla capacità del lavoratore di produrre reddito attraverso il lavoro.
Questa operazione viene effettuata utilizzando l’apposita “Tabella dei coefficienti”, per l’applicazione della quale sono necessari alcuni chiarimenti.
3.3.2.1. – Caratteristiche della “Tabella dei coefficienti” e criteri di applicazione.
La “Tabella dei coefficienti” è finalizzata a determinare uno dei fattori che incidono sulla quantificazione dell’indennizzo delle conseguenze patrimoniali della menomazione (gli altri fattori sono la retribuzione, il grado di menomazione accertato sulla base della nuova “Tabella delle menomazioni” e le corrispondenti aliquote ricavate dall’allegato n. 7 al testo unico).
Come detto nell’introduzione, in un sistema indennitario e di tutela sociale la determinazione e la quantificazione delle conseguenze patrimoniali della menomazione avviene attraverso parametri fissati per legge, non essendo possibile la prova caso per caso, nè essendo il sistema finalizzato a risarcire il danno nella esatta misura in cui si è verificato.
Pertanto, la “Tabella dei coefficienti” è stata costruita dal legislatore con criteri che prescindono dalle specifiche e contingenti peculiarità delle effettive modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, nonchè dalle concrete condizioni socio-economiche del mercato del lavoro.
In questa chiave vanno interpretati ed applicati i concetti di “attività svolta”, “categoria di appartenenza” e “ricollocabilità”.
Quanto all’attività svolta, va preso in considerazione il tipo di attività nelle sue generali connotazioni, indipendentemente dalle condizioni contingenti e peculiari dell’organizzazione del lavoro in cui in concreto il danneggiato operava.
La nozione di categoria di appartenenza è definita espressamente dal legislatore e, comunque, contenendo il riferimento al “complesso delle attività adeguate& ..”, è necessariamente da rapportare alla generale configurazione delle attività stesse.
Per quanto attiene alla ricollocabilità, va osservato che il riferimento alla “possibilità che le residue capacità psicofisiche siano utilizzabili& ..” prescinde dall’effettivo ricollocamento e, quindi, la ricollocabilità va valutata con riguardo esclusivo alle potenzialità lavorative del soggetto, tenendo conto anche dei risultati degli interventi riabilitativi effettuati nonchè dei benefici che il soggetto può ricavare dagli interventi di supporto ambientali e dai servizi di sostegno effettivamente fruibili.
La Tabella contiene una predeterminazione dei coefficienti in relazione a fasce di gradi di menomazione; ciò sulla base della presunzione che, con il crescere della gravità della menomazione, aumenti l’incidenza della menomazione stessa sulla capacità dell’infortunato di produrre reddito.
Tale presunzione, al fine di personalizzare l’indennizzo, può essere superata, con adeguata motivazione medico-legale, mediante l’attribuzione, in particolari casi, di un coefficiente previsto per una fascia di gradi superiore.
Per l’applicazione di un coefficiente superiore a quello predeterminato per legge in via presuntiva, occorre attenersi ai principi ed ai concetti di “attività svolta”, “categoria di appartenenza” e “ricollocabilità” così come sopraillustrati.
A conclusione del presente paragrafo, si richiama l’attenzione sui seguenti aspetti:
– è consentito attribuire coefficienti indicati in una fascia di gradi superiore ma non inferiore;
– è possibile attribuire, sempre motivatamente, un coefficiente indicato in una qualunque delle fasce superiori e, quindi, non necessariamente in quella immediatamente superiore;
– in sede di revisione, è possibile attribuire un più alto coefficiente per la prima volta, se non è stato già attribuito in precedenza; se invece lo è stato, è necessario che sia espressamente confermato (o revocato);
– per retribuzioni inferiori al minimale o superiori al massimale di legge, il coefficiente va applicato rispettivamente al minimale ed al massimale.
3.3.3.-Quote integrative ed integrazione rendita.
Il comma 10 prevede che le quote integrative della rendita di cui all’Art. 77 T.U. vadano applicate esclusivamente alla parte di rendita erogata per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali della menomazione.
Ciò trova spiegazione nel fatto che le quote integrative, avendo finalità di ristoro di un pregiudizio economico, non possono essere applicate alla quota di rendita che indennizza il danno biologico, la quale come più volte ripetuto- prescinde dalla capacità di produzione di reddito del danneggiato.
Per lo stesso motivo l’integrazione rendita di cui all’Art. 89 T.U., finalizzata come l’indennità di inabilità temporanea- ad indennizzare la perdita di guadagno, va applicata alla quota di rendita che indennizza le conseguenze patrimoniali della menomazione, senza tenere conto perciò della quota per danno biologico.
3.3.4.-Revisione della rendita.
È disciplinata dal comma 7 con il rinvio agli articoli 83, 137 e 146 T.U., la cui applicazione non richiede commenti.
L’unico aspetto innovativo riguarda la situazione in cui la rendita venga soppressa per recupero dell’integrità psicofisica nei limiti del 16% e il grado di menomazione accertato sia pari o superiore al 6%. In questo caso la norma prevede che all’assicurato venga liquidato l’indennizzo in capitale corrispondente al grado di menomazione accertato, utilizzando la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento della soppressione della rendita e facendo riferimento all’età dell’assicurato in quel momento.
Per “momento di soppressione della rendita” si deve intendere la data in cui la rendita stessa viene cessata.
Ovviamente la corresponsione dell’indennizzo in capitale non dà luogo a recupero dei ratei erogati prima della soppressione della rendita.
Qualora l’assicurato, in conseguenza di successivi aggravamenti nei termini di legge (dieci anni dalla data dell’infortunio o quindici se si tratta di malattia professionale), maturi nuovamente il diritto alla rendita, si applicano le direttive di cui al precedente punto 3.2.6.2..
3.4.-Altre disposizioni dell’art. 13.
Si passa ora ad illustrare le altre innovazioni contenute nell’Art. 13 fin qui non esaminate.
3.4.1.- Disciplina dei casi di danni plurimi policroni conseguenti ad eventi lesivi tutti rientranti nel nuovo regime.
È dettata dal comma 5, il quale stabilisce innanzitutto che “nel caso in cui l’assicurato, già colpito da uno o più eventi lesivi rientranti nella disciplina delle presenti disposizioni, subisca un nuovo evento lesivo si procede alla valutazione complessiva dei postumi”.
Si tratta di una disposizione che, se da un lato conferma la criteriologia già in uso per la valutazione dei danni plurimi policroni (e lo stesso dicasi per i danni plurimi monocroni), dall’altro introduce una importante innovazione, e cioè l’abolizione della distinzione, finora vigente, tra eventi lesivi plurimi afferenti alla stessa gestione ed eventi lesivi plurimi afferenti a gestioni diverse.
Per effetto di questa norma, quindi, si procede a unificazione dei postumi e ad un unico indennizzo anche se gli eventi lesivi plurimi sono occorsi nell’esercizio di lavorazioni rientranti in gestioni diverse (industria, agricoltura, medici radiologi).
Il comma prosegue stabilendo che, dopo la valutazione complessiva dei postumi, si procede alla “liquidazione di un’unica rendita o dell’indennizzo in capitale corrispondente al grado complessivo della menomazione dell’integrità psicofisica. L’importo della nuova rendita o del nuovo indennizzo in capitale è decurtato dell’importo dell’eventuale indennizzo in capitale già corrisposto e non recuperato”.
Si tratta, per quest’ultimo aspetto, degli stessi principi che disciplinano l’erogazione delle prestazioni in caso di danni singoli (o plurimi monocroni) e, quindi, valgono i meccanismi applicativi già illustrati nei paragrafi precedenti, che qui si richiamano attraverso qualche esempio.
1. Se dopo il primo evento sono residuati postumi del 4%, perciò non indennizzati, e a seguito di nuovo evento il grado complessivo delle menomazioni è pari al 10%, si provvede, se necessario utilizzando la procedura della liquidazione provvisoria, alla erogazione dell’indennizzo in capitale del danno biologico, applicando la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento della guarigione clinica del nuovo infortunio (o, se si tratta di malattia professionale senza periodo di inabilità temporanea assoluta, al momento di ricezione della denuncia) e prendendo in riferimento l’età dell’assicurato in quel momento.
2. Se dopo il primo evento sono residuati postumi del 4%, perciò non indennizzati, e a seguito di nuovo evento il grado complessivo delle menomazioni è pari al 20%, si costituisce la rendita secondo le regole illustrate al paragrafo 3.3.
3. Se dopo il primo evento sono residuati postumi del 10%, perciò indennizzati in capitale, e a seguito di nuovo evento il grado complessivo delle menomazioni è pari al 14%, si provvede alla liquidazione di un nuovo indennizzo in capitale corrispondente al grado complessivo di menomazione accertato, nella misura indicata dalla “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento della guarigione clinica del nuovo infortunio (o, se si tratta di malattia professionale senza periodo di inabilità temporanea assoluta, al momento di ricezione della denuncia) e prendendo in riferimento l’età dell’assicurato in quel momento. Da questo nuovo indennizzo va sottratto l’importo dell’indennizzo in capitale precedentemente erogato, ricalcolato prendendo a riferimento l’età dell’assicurato al momento della guarigione clinica del nuovo infortunio e la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento medesimo (ed, ovviamente, il grado di menomazione del 10% in relazione al quale fu concesso il precedente indennizzo in capitale). Peraltro, ove detto importo, per effetto di rivalutazioni della “Tabella indennizzo danno biologico” nel frattempo intervenute, risultasse superiore a quello a suo tempo effettivamente corrisposto, si detrarrà l’importo effettivamente corrisposto.
4. Se dopo il primo evento sono residuati postumi del 10%, perciò indennizzati in capitale, e a seguito di nuovo evento il grado complessivo della menomazione è pari al 30%, si provvede alla costituzione della rendita secondo le regole illustrate al paragrafo 3.3., decurtando l’importo dell’indennizzo in capitale in precedenza erogato, ricalcolato prendendo a riferimento l’età dell’assicurato al momento di decorrenza della rendita e la “Tabella indennizzo danno biologico” vigente al momento medesimo (ed, ovviamente, il grado di menomazione del 10% in relazione al quale fu concesso il precedente indennizzo in capitale). Peraltro, ove detto importo, per effetto di rivalutazioni della “Tabella indennizzo danno biologico” nel frattempo intervenute, risultasse superiore a quello a suo tempo effettivamente corrisposto, si detrarrà l’importo effettivamente corrisposto. Il recupero di tale importo andrà effettuato mediante trattenute mensili sull’intero rateo di rendita pari ad un quinto del rateo medesimo.
5. Se il nuovo evento occorre ad assicurato già titolare di rendita, si seguono i criteri oggi vigenti in materia di “rendita unica” (Art. 80, primo comma, T.U.) oppure di “nuova rendita” (Art. 80, secondo comma), integrati dalle regole illustrate al paragrafo 3.3.. Se sulla precedente rendita era in corso il recupero di indennizzo in capitale precedentemente erogato, tale recupero proseguirà mediante trattenute mensili di un quinto sulla nuova misura del rateo.
In tutti i casi di unificazione dei postumi derivanti da eventi plurimi, si riaprono i termini della revisione per aggravamento del grado di menomazione, che avranno decorrenza dalla data di costituzione della rendita o, se questa non sussiste, dalla data dell’ultimo evento.
I nuovi termini saranno regolati secondo il regime valido per l’ultimo evento, garantendo nel contempo il periodo pieno di revisionabilità di ciascuno dei singoli danni componenti il danno unico, applicando le direttive vigenti in materia di revisione “della rendita unica” (cfr. Guida alle revisioni delle rendite, allegata alla circolare n. 71/1996, punto 2.5., pag. 9).
3.4.2.-Valutazione delle preesistenze. Raccordo tra precedente e nuovo sistema indennitario.
Si è visto come il comma 5 disciplini i casi di danni plurimi policroni conseguenti ad eventi lesivi tutti ricadenti nel nuovo regime.
Il comma 6, invece, oltre a regolamentare peraltro senza innovazioni rispetto alla attuale normativa- la valutazione delle menomazioni preesistenti extralavorative, detta anche la disciplina dei casi di danni plurimi policroni derivanti da eventi lavorativi occorsi l’uno (o gli uni) prima e l’altro (o gli altri) dopo la data di entrata in vigore del nuovo regime, stabilendo in questo modo le regole per raccordare precedente e nuovo sistema indennitario.
Prima di esaminare nel dettaglio le disposizioni del comma 6, va sottolineata la scelta legislativa di impedire che postumi conseguenti ad eventi lesivi ricadenti nel precedente regime siano unificati con postumi derivanti da eventi lesivi ricadenti nel nuovo regime.
Si tratta di una scelta coerente con l’impostazione complessiva dell’Art. 13, che lascia inalterata la disciplina dettata dal Testo Unico per eventi antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 e introduce il nuovo regime indennitario solo per eventi successivi, dando così vita ad un sistema di coesistenza delle due discipline e, ove esistano i presupposti, di coesistenza di più indennizzi, che perdurerà fino ad esaurimento dei casi verificatisi in vigenza del Testo Unico non modificato.
3.4.2.1.- Valutazione delle menomazioni preesistenti extralavorative.
Come nel precedente regime, le menomazioni preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro assumono rilevanza solo se concorrenti ed aggravanti la menomazione di origine lavorativa e sono prese in considerazione utilizzando la formula Gabrielli di cui all’Art. 79 T.U.
Si intende che, a questo fine, le menomazioni preesistenti extralavorative devono essere valutate con la nuova “Tabella delle menomazioni”.
Non si considerano le menomazioni preesistenti semplicemente coesistenti.
3.4.2.2.- Valutazione delle preesistenze lavorative indennizzate in rendita.
Il comma 6 stabilisce che, “quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 (e cioè ricadenti nel precedente regime) l’assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale (e cioè ricadenti nel nuovo regime) viene valutato senza tenere conto delle preesistenze.”
In questi casi, pertanto, la valutazione del nuovo danno viene effettuata come se la preesistente integrità psico-fisica fosse completa.
Ciò è collegato al fatto che l’assicurato, oltre all’indennizzo in capitale o in rendita spettante ai sensi della nuova disciplina di cui all’Art. 13, continuerà a percepire la rendita corrisposta ai sensi della precedente disciplina di cui al Testo Unico, rendita alla quale si applicheranno tutti gli istituti giuridici previsti dallo stesso Testo Unico non modificato (revisione, rivalutazione, quote integrative, ecc.), o, comunque, avrà già percepito l’importo liquidato in capitale ai sensi dell’Art. 75 T.U..
3.4.2.3.- Valutazione delle preesistenze lavorative non indennizzate in rendita.
Ai fini della valutazione del grado di menomazione conseguente ad evento ricadente nel nuovo regime, le conseguenze permanenti di infortuni o di malattie professionali verificatisi o denunciate prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 (e cioè ricadenti nel precedente regime) non indennizzate in rendita (e cioè con grado di inabilità inferiore all’11%) assumono rilevanza solo se concorrenti ed aggravanti la menomazione di origine lavorativa e sono prese in considerazione utilizzando la formula Gabrielli di cui all’Art. 79 T.U.
Si intende che, a questo fine, tali preesistenze devono essere valutate con la nuova “Tabella delle menomazioni”.
Non si considerano le preesistenze semplicemente coesistenti.
Inoltre poichè, sulla base del principio generale sopraindicato, all’evento occorso in vigenza del precedente regime continuano ad applicarsi integralmente le disposizioni del Testo Unico, l’assicurato può chiedere, per quell’evento, la liquidazione della rendita in caso di aggravamento, ai sensi del penultimo comma dell’Art. 83 T.U.
3.4.3.-Rivalutazione degli indennizzi.
Il comma 3 stabilisce che la “Tabella indennizzo danno biologico” viene adeguata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su delibera del Consiglio di amministrazione dell’INAIL.
Ciò introduce una importante novità per quanto attiene alla rivalutazione delle rendite, in quanto mentre la quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali della menomazione, essendo agganciata alla dinamica retributiva, sarà rivalutata sulla base delle regole vigenti (peraltro anch’esse modificate a decorrere dal prossimo 1° luglio per effetto dell’Art. 11, comma 1, del Decreto Legislativo di cui si tratta), la rivalutazione della quota di rendita che indennizza il danno biologico seguirà un diverso e non necessariamente concomitante percorso, collegato appunto all’adeguamento ministeriale della relativa “Tabella”.
Il meccanismo di adeguamento della “Tabella indennizzo danno biologico” non produrrà, invece, effetti sui casi liquidati in capitale trattandosi di rapporti che, sotto il profilo economico (ma non sotto quello sanitario; vedi appresso), si esauriscono con la erogazione della prestazione una tantum. Resta inteso, peraltro, come si è in precedenza chiarito, che nelle ipotesi di revisione dell’indennizzo in capitale per aggravamento, o di corresponsione di nuovo indennizzo in capitale a seguito di nuovo evento che determina una maggiorazione del grado complessivo della menomazione, qualora nel frattempo fosse intervenuto un adeguamento della Tabella, il relativo importo deve essere calcolato utilizzando la Tabella in vigore al momento della maturazione del nuovo diritto.
3.5. Disposizioni del Testo Unico applicabili nel nuovo regime in quanto compatibili.
L’Art. 13, al comma 11, dispone che “per quanto non previsto dalle presenti disposizioni, si applica la normativa del testo unico, in quanto compatibile”
Con questa norma il legislatore ha voluto stabilire un raccordo di carattere generale tra le innovazioni introdotte con la tutela del danno biologico ed il sistema giuridico dell’assicurazione infortuni così come finora delineato dal Testo Unico e dall’insieme di interventi legislativi e giurisprudenziali che nel tempo lo hanno integrato o modificato, sistema che lo stesso legislatore espressamente richiama (“& nell’ambito del sistema di indennizzo e sostegno sociale & ..”).
Si tratta di un raccordo certamente non organico e verosimilmente provvisorio, in quanto la radicalità delle innovazioni introdotte sia dall’Art. 13, sia dal Decreto legislativo nella sua interezza, richiedono necessariamente un completamento del disegno riformatore ed impongono un intervento di sistematico riordino della disciplina legislativa dell’assicurazione contro i rischi del lavoro che, da un lato, la renda pienamente coerente con gli obiettivi di “sostegno sociale” e di tutela integrale del lavoratore che lo stesso Decreto legislativo, in coerenza con i principi affermati nella Legge delega, assegna al sistema INAILe, dall’altro, la armonizzi con le tendenze evolutive del sistema di sicurezza sociale nel suo complesso.
In questa prospettiva, il rinvio alla normativa vigente in quanto applicabile va letto innanzitutto come conferma e rafforzamento di tutti quei contenuti di tutela INAILche già oggi affiancano la funzione strettamente indennitaria, e che mirano in collaborazione con gli altri Organismi competenti- ad evitare il danno (attività finalizzate alla prevenzione) o a limitarne le conseguenze (attività curative, protesiche, riabilitative), all’interno di una concezione della tutela che si fa carico per intero dei bisogni del lavoratore e che trova, proprio nell’introduzione del danno biologico come lesione dell’integrità psico-fisica della persona del lavoratore, nuovi impulsi e nuove possibilità di sviluppo.
Ciò significa, tra l’altro, che, se l’indennizzo in capitale può esaurire il rapporto economico con gli infortunati o i tecnopatici con danni non indennizzabili in rendita, prosegue invece, e va ulteriormente valorizzata, la funzione dell’INAILdi presa in carico degli stessi soggetti infortunati o tecnopatici, attraverso l’erogazione di tutte le vigenti prestazioni non economiche.
In secondo luogo, il rinvio alla normativa del testo unico in quanto compatibile consente, nell’attesa di una completa ed organica riscrittura dello stesso testo unico e del suo coordinamento con le discipline dei settori limitrofi della sicurezza sociale, di mantenere in vigore, ai fini dell’applicazione di alcun istituti giuridici, le nozioni di attitudine al lavoro e di inabilità permanente assoluta e parziale, così come definite dagli articoli 74, 78 e 214 del Testo Unico e così come valutate dalle Tabelle allegati n. 1 e 2 allo stesso Testo Unico.
Gli istituti giuridici ai quali si applicano, anche nel nuovo regime, le suddette disposizioni del Testo Unico, sono principalmente i seguenti:
– assegno per assistenza personale continuativa, per l’erogazione del quale gli articoli 76 e 218 T.U. prevedono, ferme restando le altre condizioni, l’invalidità permanente assoluta conseguente alle menomazioni elencate nella tabella allegato n. 3;
– speciale assegno continuativo mensile ai superstiti, per l’erogazione del quale la legge n. 248/1976, come modificata dalla legge n. 251/1982, ferme restando le altri condizioni, prevede che il lavoratore deceduto per cause non lavorative fosse titolare in vita di rendita per inabilità permanente di grado non inferiore al 65%;
– assegno di incollocabilità, per la concessione del quale, ferme restando le altre condizioni, è stabilita dalla legge n. 248/1976 una riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 34%;
– riconoscimento di “Grande invalido del lavoro” (e dei relativi benefici), per il quale l’Art. 178 T.U. prevede un’inabilità permanente che riduca l’attitudine al lavoro di almeno quattro quinti;
– rendita di passaggio, per la concessione della quale, ferme restando le altre condizioni, l’Art. 150 T.U. prevede una inabilità permanente di qualunque grado purchè non superiore all’80%;
– attestazione di “persona invalida del lavoro”, di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, per il rilascio della quale l’Art. 1, comma 1, lettera b) della stessa legge prevede un grado di invalidità superiore al 33% accertato dall’INAILin base alle disposizioni vigenti al momento dell’entrata in vigore della legge medesima.
Ai fini dell’applicazione dei sopraelencati istituti giuridici, pertanto, è necessario procedere, oltre alla valutazione del grado di menomazione di cui alla nuova “Tabella delle menomazioni” per la liquidazione della prestazione economica prevista dall’Art. 13 del Decreto legislativo n. 38/2000, anche alla valutazione del grado di riduzione dell’attitudine lavorativa secondo le richiamate disposizioni del Testo Unico.
In particolare:
– per quanto riguarda l’assegno per assistenza personale continuativa, una volta accertato che l’infortunato o il tecnopatico è portatore di una delle menomazioni indicate nella tabella allegato n. 3 T.U. in conseguenza della quale sia indispensabile un’assistenza personale continuativa, la valutazione del grado di riduzione dell’attitudine al lavoro secondo le disposizioni del T.U. – dovrà essere effettuata per verificare se ricorre anche l’altro presupposto della prestazione, e cioè “l’invalidità permanente assoluta”. Resta fermo, invece, che la rendita sarà calcolata con le modalità ed i criteri dettati dall’Art. 13 del Decreto Legislativo n. 38/2000;
– per quanto riguarda lo speciale assegno continuativo mensili ai superstiti, di cui alla legge n. 248/1976 modificata dalla legge n. 251/1982, la valutazione del grado di riduzione dell’attitudine al lavoro secondo le disposizioni del Testo Unico dovrà essere effettuata per verificare se esiste il presupposto del diritto alla particolare prestazione, mentre la prestazione stessa, qualora dovuta, sarà commisurata alla rendita effettivamente corrisposta in vita al lavoratore ai sensi dell’Art. 13 del Decreto Legislativo n. 38/2000, limitatamente però alla quota per indennizzo delle conseguenze patrimoniali delle menomazioni.
4.-Prima fase di attuazione della nuova disciplina indennitaria.
Si è accennato nell’introduzione al carattere sperimentale che espressamente il legislatore ha voluto dare alla nuova disciplina indennitaria, prevedendo un periodo di monitoraggio e verifica finalizzato all’eventuale emanazione di disposizioni correttive e integrative.
Esiste, quindi, piena consapevolezza che la prima fase di attuazione presenterà difficoltà operative e comporterà criticità nei rapporti con l’utenza, che saranno in una certa misura inevitabili nonostante il sicuro impegno degli operatori e le iniziative, anche in termini di informazione e formazione, che non si mancherà di realizzare.
I punti problematici della nuova disciplina sono numerosi, e per ciascuno di essi si intende predisporre appositi strumenti di rilevazione per avere costantemente indicatori aggiornati e puntuali degli sviluppi della situazione; su questo argomento si tornerà quanto prima con apposite istruzioni.
È evidente, peraltro, che l’indicatore più sensibile è rappresentato dal grado di vertenzialità che si svilupperà con gli assicurati e con i Patronati e dalla misura della capacità di governare il contenzioso circoscrivendolo in limiti fisiologici.
Si ritiene, a questo proposito, che gli strumenti migliori per evitare esasperazioni conflittuali e per permettere un rodaggio sereno e proficuo della nuova disciplina siano fondamentalmente tre:
– un atteggiamento di disponibilità e di confronto verso le parti sociali, con le quali va aperto un dialogo per l’individuazione delle problematiche di maggiore spessore e per la ricerca comune di proposte di soluzione;
– una linea di assoluta coesione ed integrazione tra funzioni amministrative, medico-legali e legali, le quali sia in Sede che in Direzione Regionale – debbono agire sinergicamente per fornire interpretazioni univoche alle disposizioni e garantire una coerente prassi applicativa. Ciò non significa chiusura nei confronti di riflessioni anche critiche sui vari profili della nuova disciplina, che vanno anzi incoraggiate se dirette a contribuire a correzioni migliorative, purchè non condizionino l’impegno realizzativo;
– un continuo raccordo con la Direzione Generale, alla quale vanno rappresentate con tempestività, ma nel contempo con modalità che garantiscano organicità e sistematicità di flussi, evitando, quindi, iniziative frammentarie e non coordinate, le questioni emergenti, le ipotesi di soluzione possibilmente condivise con le parti sociali e ogni utile suggerimento che scaturisca dalla esperienza applicativa.
A quest’ultimo proposito, si fa presente che presso la Direzione Centrale Prestazioni è costituito il “Gruppo di lavoro per il danno biologico”, composto da professionalità della stessa Direzione, della Sovraintendenza Medica Generale, dell’Avvocatura Generale e della Consulenza Statistico Attuariale, che ha già lavorato, secondo il modello di integrazione delle competenze e di confronto con le parti sociali, nella fase di progettazione normativa e che continuerà ad operare con le stesse modalità nella fase di prima attuazione e di monitoraggio.
A questo Gruppo andranno indirizzate richieste di chiarimenti, quesiti interpretativi, segnalazioni di problematiche emergenti ed ogni altra comunicazione attinente al tema.