Cig – Altra attivita’ periodo di sospensione | ADLABOR
La possibilità, da parte dei lavoratori in cigs, di svolgere attività lavorativa, è regolata dall’ Art. 8 L. n. 160/88 (di conversione del d.l. n. 86/88), che dispone al comma 4 che “il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo d’ integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate”, e al comma 5 che “il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione all’ INPS dello svolgimento della predetta attività”.
Tali previsioni sono state poi ulteriormente precisate da successive circolari dell’ INPS e da interventi della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale.
La prima circolare dell’ INPS (n. 171, 4.8.1988) ha sottolineato l’ opportunità che il cassaintegrato, prima di iniziare l’ attività autonoma o subordinata a termine, ottenga il preventivo consenso del proprio datore di lavoro, in relazione alla permanenza dal vincolo connesso al rapporto di lavoro in atto. Ha poi specificato che dalla data iniziale dell’ attività denunciata deve essere sospeso il pagamento dell’ integrazione salariale, da ripristinare soltanto al termine della prestazione intrapresa, ove ne ricorrono le condizioni, restando peraltro escluso tassativamente che, a seguito della comunicazione, possa essere rilasciata da parte dell’ Istituto una qualsiasi autorizzazione per il cumulo del reddito da lavoro autonomo o subordinato con la cassa integrazione guadagni. La comunicazione preventiva dell’ attività intrapresa, infatti, ha come unica finalità quella di evitare la decadenza dall’ integrazione salariale a carico del prestatore per tutto il periodo di concessione della stessa.
Con circolare INPS n. 179 del 12.12.2002, tale impostazione è stata parzialmente superata in considerazione di specifici criteri interpretativi elaborati dalla Corte di Cassazione sulle norme in esame. Si osserva, infatti, che, il combinato disposto dell’ Art. 3 (comma 2) D. Lgs. luogotenenziale n. 788/45 e dell’ Art. 8, comma 4, L.n. 160/88, non sancisce la assoluta incompatibilità delle prestazioni integrative del salario con il reddito ritraibile dallo svolgimento di una attività lavorativa sia essa autonoma oppure subordinata (e in questo ultimo caso, vuoi che sia prestata a tempo pieno vuoi a tempo parziale, ed in base ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a termine), sebbene vi sia un’ incumulabilità tra i suddetti benefici e redditi, in misura variabile a seconda delle modalità e dell’ ammontare degli stessi, come appresso specificato a titolo esemplificativo.
- nell’ ipotesi in cui il trattamento di integrazione salariale sia ragguagliato alla retribuzione perduta, derivante da un rapporto di lavoro a tempo pieno ed il beneficiario svolga attività di lavoro dipendente, sia a tempo pieno sia a tempo parziale, l’ incumulabilità è normalmente totale (e, quindi, si risolve di fatto in un’ incompatibilità), perché deve presumersi che la retribuzione sia equivalente alla corrispondente misura dell’ integrazione salariale rapportata alla durata della attività lavorativa. E’ tuttavia ammessa la prova di una retribuzione inferiore, sicché in tal caso può risultare dovuta una quota differenziale di integrazione salariale (incumulabilità relativa).
- Nell’ ipotesi in cui il trattamento di integrazione salariale sia riferito alla retribuzione derivante da un rapporto di lavoro a tempo parziale ed il beneficiario presti lavoro subordinato, l’ incumulabilità sarà totale se l’ attività è svolta a tempo pieno, per la ragione indicata al punto 1). L’ incumulabilità sarà relativa se invece trattasi di altro lavoro dipendente a tempo parziale; e non opererà affatto se detta attività part-time non coincida temporalmente con quella rimasta sospesa.
- Nell’ ipotesi in cui il lavoratore in godimento del trattamento di integrazione salariale eserciti una attività autonoma, non può attribuirsi alcuna rilevanza né alla circostanza che il lavoro sospeso sia a tempo parziale né alla quantità di tempo che lo stesso intende dedicare al lavoro autonomo, poiché tale attività non è suscettibile per sua natura di una precisa quantificazione e collocazione temporale nel periodo di riferimento delle prestazioni. Ricorrendo questa situazione l’ incumulabilità dei proventi da lavoro autonomo va affermata fino a concorrenza dell’ importo dell’ integrazione salariale, comportando una proporzionale riduzione di esso.
Con una terza circolare (n. 75 del 12.4.2007), l’ INPS è infine intervenuta per risolvere una terza questione non chiarita dalla legge, ossia quale sia il termine a partire dal quale decorre la decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale. Al riguardo, si è escluso che la decadenza possa essere limitata al periodo concomitante all’ attività lavorativa svolta, per l’ evidente ragione che tale soluzione comporterebbe una sostanziale ed irragionevole equiparazione del lavoratore osservante l’ obbligo di comunicazione al lavoratore inadempiente. Pertanto, si è stabilito che l’ inadempimento dell’ obbligo di comunicazione determini la decadenza dall’ intero periodo di integrazione salariale, quand’ anche derivante da piè provvedimenti di concessione (stante il principio di unicità del trattamento in questioni).
In ultimo, si segnala che la Cassazione ha di recente (con sentenza n. 3776 del 17 febbraio 2009) ribadito che “sono a carico del lavoratore le conseguenze sanzionatorie in caso di mancata comunicazione” (all’ INPS).