Cambio d’appalto – Clausola sociale | ADLABOR | ISPER HR Review
La maggior parte dei contratti collettivi, ma anche i capitolati delle stazioni appaltanti, prevedono, nei cambi d’appalto, che, in caso di subentro di un nuovo appaltatore, questi sia tenuto ad assumere il personale già in forza da un determinato periodo di tempo presso l’azienda cedente.
Si tratta della cosiddetta “clausola sociale” volta appunto a garantire la continuità occupazionale del personale adibito ad uno specifico appalto. In sostanza l’impresa subentrante viene obbligata ad assumere il personale adibito all’appalto da un certo lasso di tempo.
In ordine poi alle operazioni di cambio d’appalto la legislazione vigente (art. 29, comma 3 d.lgs. 276/2003) dispone che: “L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda”.
Infatti, in caso di trasferimento ad azienda ex art. 2112 c.c., i lavoratori conservano i diritti acquisiti mentre nei campi d’appalto non vi è analoga garanzia se non di fonte contrattuale o del capitolato.
Nel caso in cui il cambio d’appalto non configuri un trasferimento d’azienda si pone la questione, per il subentrante, delle condizioni da riservare al personale proveniente dall’impresa cedente.
Una recente Sentenza del Tribunale di Napoli (17-1-2023 n. 256), analizzando la clausola sociale del CCNL Multiservizi ha espresso un principio interessante in tema di inquadramento contrattuale del personale.
In particolare, il Giudice, partendo dalla natura delle clausole sociali che impongono la garanzia occupazionale del personale in forza all’azienda uscente dall’appalto afferma che, una volta assolto l’obbligo di garantire l’assunzione, previsto dalla clausola sociale, “deve escludersi che l’azienda subentrante abbia l’obbligo di garantire al lavoratore che viene assunto ,in quanto già in organico nell’impresa cedente, lo stesso livello di inquadramento contrattuale già in precedenza maturato”.
Ciò sta a significare che l’impresa subentrante può modificare le condizioni di acquisizione del personale proveniente dalla cedente. E infatti il giudice napoletano ricava tale facoltà dal fatto che, in sede di cambio d’appalto, il personale ivi adibito viene assunto ex novo dal subentrante potendosi così definire, nella lettera di assunzione, le condizioni dell’assunzione.
Ciò non vuol dire un’assoluta libertà di modificare unilateralmente le condizioni di assunzione. Infatti, ad esempio, se il lavoratore svolgeva determinate mansioni e viene assunto per svolgere un identico incarico sarà automatico riconoscergli l’inquadramento relativo, se questo era adeguato all’attività precedentemente svolta.
Ma la questione della modificabilità dei trattamenti dei lavoratori in caso di cambio d’appalto può diventare rilevante, ad esempio, nel caso in cui un lavoratore godesse di un superminimo ad personam nel precedente rapporto, magari riconosciutogli per ragioni strettamente soggettive.
Se risulta applicabile il principio espresso dalla sentenza, e cioè la facoltà di rideterminare le condizioni di assunzione da parte dell’impresa subentrante ben potrebbero non essere riconosciuti quei trattamenti di carattere individuale (e quindi non quelli derivanti da fonti collettive), tra i quali proprio il super minimo individuale o particolari indennità.
Ed infatti può capitare che l’impresa uscente da un appalto, sapendo che non le verrà riconosciuto il rinnovo, potrebbe incrementare il trattamento economico dei dipendenti tanto il relativo costo verrebbe sostenuto per pochi mesi e poi verrebbe traslato a carico del subentrante il quale, magari, calcolando il costo del personale interessato all’appalto sulla scorta dei parametri contrattuali collettivi, si trova poi oneri non preventivati.
Naturalmente la facoltà di modificare il trattamento dei lavoratori provenienti da un cambio d’appalto va assunta con beneficio di inventario ma ci pare che il principio espresso dalla sentenza partenopea abbia una sua valenza proprio per consentire la libertà organizzativa imprenditoriale e di contrastare condotte fuorvianti quando la funzione della clausola sociale è quella di garantire l’occupazione e non anche i privilegi o trattamenti particolari dei lavoratori.
E a tal fine può soccorrere la procedura sindacale di consultazione in caso di cambio d’appalto dove si possono definire gli aspetti dei trattamenti dei lavoratori interessati anche in termini di orari di lavoro, turnazioni, eccetera.
Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 7 giugno 2023.