Collaborazione Coordinata e Continuativa | ADLABOR
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015 (25 giugno 2015) il legislatore ha abrogato gli artt. 61-69 bis del D.lgs. 276/2003 (“Legge Biagi”) ed ha espressamente previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ogni rapporto di collaborazione coordinata e continuativa ancora in essere venga automaticamente trasformato in rapporto di lavoro subordinato se presenta, contestualmente, tali caratteristiche:
–lavoro esclusivamente personale;
-lavoro continuativo;
-modalità di esecuzione del lavoro organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (eterorganizzazione)
Tale presunzione di subordinazione non opera nei seguenti casi:
-le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente piè rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore: estensione dell’importanza della contrattazione collettiva.
-le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
-le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni
-le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.
La categoria del lavoro “parasubordinato” si rinviene nell’ Art. 409 del cod. proc. civ. che annovera, fra le controversie individuali di lavoro, anche quelle che originano da . . . “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato“.
In questa categoria trovano collocazione anche, ma non solo, le collaborazioni coordinate e continuative che sono, invece, elencate nell’art. 50, lett.c) bis del DPR n. 917/1986, e ricondotte “agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonchè quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, semprechè gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’ attività di lavoro dipendente di cui all’ articolo 49, comma 1, o nell’ oggetto dell’ arte o professione di cui all’ articolo 53, comma 1, esercitate dal contribuente“.
Da tale definizione si possono distinguere sostanzialmente i rapporti di collaborazione in due grandi categorie:
- i cosiddetti “rapporti di collaborazione tipici” nei quali vanno ricompresi gli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazione e altri enti, la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili e la partecipazione a collegi e commissioni;
- i rapporti di collaborazione “non tipizzati”, individuati sulla base di criteri di carattere oggettivo quali la continuità nel tempo della prestazione lavorativa e la coordinazione, che si realizza attraverso l’ inserimento funzionale del parasubordinato nell’ organizzazione economica del committente. Tali attività devono, inoltre, essere svolte senza vincolo di subordinazione, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (v. Ag. Entr. circolare n. 67/2001).
L’ inserimento dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nell’ Art. 50 del DPR 917/1986 (T. U. I. R. ) operata, dal 1° gennaio 2001, dall’ Art. 34 della legge 21 novembre 2000, n. 342 ha valenza esclusivamente fiscale e comporta la tassazione dei redditi derivanti dai suddetti rapporti quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Elementi costitutivi
Gli elementi costitutivi di un rapporto di lavoro parasubordinato sono rinvenuti dalla Corte di Cassazione nella continuità, nella coordinazione e nel carattere prevalentemente personale della prestazione di lavoro; non costituisce, invece, elemento essenziale lo stato di debolezza contrattuale del lavoratore.
Di fatto, per ritenere esistente un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, occorre verificare la sussistenza di tre requisiti
- la continuità, che ricorre quando la prestazione non sia occasionale, ma perduri nel tempo con un legame funzionale fra collaborato e collaboratore;
- la coordinazione, intesa come inserimento del collaboratore nell’ organizzazione del committente e, in senso lato, nelle finalità perseguite dal committente;
- la prevalenza del lavoro del collaboratore, rispetto ai mezzi da lui forniti.
L’ esistenza dei requisiti per il riconoscimento della parasubordinazione comporta l’ applicazione, ai rapporti interessati, della disciplina processuale propria del rito del lavoro, ivi compreso il diritto alla rivalutazione monetaria per i crediti di lavoro e il diritto agli interessi di mora. Il riconoscimento non comporta, invece, l’ applicazione di altri elementi tipici del lavoro subordinato; così la Cassazione ha costantemente escluso l’ applicabilità dell’ Art. 36 della Costituzione in tema di retribuzione.
La Corte di Cassazione ha ravvisato l’ elemento della continuità allorchè si sia in presenza di un rapporto di durata, come quello implicante, in virtè di una convenzione normativa, attività di collaborazione per un certo periodo di tempo e per un numero indeterminato di prestazioni, quando la prestazione lavorativa si protrae in maniera indeterminata e implica una reiterazione delle prestazioni lavorative, ovvero quando il rapporto non si esaurisce con l’ esecuzione di una o piè prestazioni occasionali ma importi un insieme di prestazioni che nel complesso possono essere considerate come unica collaborazione.
L’ elemento della continuità non può, ovviamente, essere inteso come requisito di per se autonomo ed appagante ma deve a sua volta integrarsi con gli altri, interagente con il requisito della coordinazione, concorrendo quindi a soddisfare un interesse duraturo del committente piè ampio di quello derivante dal singolo adempimento.
La Cassazione ha escluso esservi continuità nel caso di un rapporto fra committente e professionista avente per oggetto due singoli, del tutto separati, incarichi di progettazione, mentre l’ ha ravvisata in una ipotesi di prestazione unica, con la quale il prestatore ha messo a disposizione esclusivamente del committente le proprie energie lavorative, derivandone una sorta di dipendenza economica.
Si ha coordinazione quando, al di fuori di un rapporto con il vincolo della subordinazione, il collaboratore con la propria attività opera per il raggiungimento dei fini del soggetto collaborato.
Anche nella prestazione parasubordinata si ha un collegamento funzionale tra l’ attività del collaboratore e quella del collaborato ma a differenza del lavoro subordinato, nella collaborazione il collaboratore mantiene l’ autonomia nella scelta delle modalità per l’ esecuzione della prestazione.
Si verifica perciò coordinazione in tutti quei casi in cui l’ attività del collaboratore è inserita nel piè ampio contesto della realizzazione degli obiettivi del collaborato o committente, senza privarla di quella autonomia organizzativa che costituisce elemento di differenziazione con il lavoro dipendente.
La giurisprudenza identifica, quindi, la connessione funzionale, o coordinazione, con la possibilità da parte del committente di ingerire nell’ attività del prestatore, ovvero con l’ adeguamento di quest’ ultimo agli interessi del committente per lo svolgimento dell’ opera.
La prestazione resa dal collaboratore deve avere carattere prevalentemente personale, occorre quindi, tenere conto della qualità dell’ opera in cui la collaborazione si concretizza e dell’ infungibilità, seppure relativa, dell’ apporto assicurato.
Per quanto riguarda i requisiti, per così dire, fiscali della collaborazione coordinata e continuativa, si ricorda che tali rapporti devono essere caratterizzati dallo svolgimento di una attività:
- non rientrante nell’ oggetto dell’ arte o della professione esercitata abitualmente dal contribuente ai sensi dell’ Art. 53, comma 1, T. U. I. R. ;
- svolta senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto;
- esercitata nel quadro di un rapporto unitario e continuativo;
- senza impiego di mezzi;
- con retribuzione periodica prestabilita.
Al fine di stabilire se sussista o meno una connessione tra l’ attività di collaborazione e quella di lavoro autonomo esercitata si deve, invece, valutare se per lo svolgimento dell’ attività di collaborazione siano necessarie conoscenze tecnico giuridiche direttamente collegate all’ attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente. In tale ipotesi i compensi percepiti per lo svolgimento di tale attività saranno assoggettati alle regole previste per i redditi di lavoro autonomo. A tal riguardo è necessario tener conto di quanto previsto dagli ordinamenti professionali e, in difetto di una espressa previsione, occorre valutare se il professionista svolga un’ attività di collaborazione oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale (v. Ag. Entrate circc. nn. 105/E/2002 e n. 67/E/2001; INAIL nota 11 gennaio 2002; INAIL circolare n. 22/2002).
Dovrà inoltre considerarsi il fatto che è venuta meno, nella riscrittura del punto c-bis) dell’ articolo 50 del T. U. I. R. , l’ espressione “di natura intrinsecamente artistica o professionale” precedentemente stabilita dalla lettera a) del secondo comma dell’ Art. 53 del T. U. I. R. , che regolava, fino al 31 dicembre 2000, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
È questa peraltro una delle novità piè importanti che conseguono alla variazione normativa, rilevata anche dal Ministero delle finanze nella circolare n. 207/E/2000, secondo la quale “l’ attuale previsione normativa, inoltre, non prevede piè tra i caratteri essenziali della collaborazione coordinata e continuativa la natura intrinsecamente artistica o professionale della prestazione stessa, con la conseguenza che potranno rientrare nell’ ambito delle collaborazioni anche attività manuali ed operative”.
Ricorda peraltro lo stesso Ministero, nella circolare n. 7 del 26 gennaio 2001, che pur potendo essere oggetto dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche le attività manuali e quelle operative, rimane fermo il presupposto che fonda tali rapporti, vale a dire la mancanza della subordinazione e quindi, il non assoggettamento del collaboratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del committente.
Le collaborazioni coordinate e continuative sono, quindi, “assimilate” al lavoro dipendente.
Rimangono fermi alcuni riferimenti:
- la retribuzione deve essere “periodica” e “prestabilita”. Pur ritenendo corretto che la prova dell’ ammontare delle prestazioni debba essere, per ovvi motivi, fornita attraverso atti o documenti posti in essere in via preliminare, non sfugge come l’ espressione usata, impropria per altro anche nel contesto del 2° comma dell’ Art. 53 DPR 917/1986, risulti ora del tutto atta a creare confusione (retribuzione) a seguito della nuova collocazione di tali redditi in seno all’ Art. 50 dello stesso DPR “redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente”. La periodicità del compenso potrà, quindi, essere mensile o trimestrale o annuale, e comunque, quello dalle parti stabilito nel contratto. Da essa deriva l’ esatta collocazione del compenso erogato negli scaglioni di riferimento per l’ identificazione delle aliquote applicabili e per la corretta attribuzione delle detrazioni spettanti. Se il compenso corrisposto è svincolato dalla “periodicità” (ad es. è previsto un solo pagamento), dovrà essere tassato senza necessità di operare alcun ragguaglio per determinare gli scaglioni di reddito di riferimento (MF circolare n. 7/2001; Ag. Entr. circolare n. 67/2001).
- deve mancare la “subordinazione”. Ciò peraltro, qualora ce ne fosse bisogno, si ricava anche dalla nuova formulazione della lettera c-bis) del modificato Art. 50 del DPR n. 917/1986: “. . . aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione . . . “. È opportuno evidenziare che nell’ Art. 50 del DPR n. 917/1986 il legislatore ha raccolto una serie di fattispecie i cui redditi, in assenza di una specifica previsione legislativa, sarebbero stati di incerta qualificazione per non essere inquadrabili nè tra i redditi di lavoro dipendente nè tra quelli di lavoro autonomo. Ciò che accomuna le categorie indicate nell’ Art. 50 è proprio la mancanza di qualche caratteristica necessaria per integrare la definizione generale di reddito di lavoro dipendente, come, appunto per la collaborazione coordinata e continuativa che è priva del requisito della subordinazione. Ciò sta a significare che lo spostamento dei redditi di collaborazione coordinata e continuativa dall’ Art. 53, comma 2, all’ Art. 50 del DPR n. 917/1986, non costituisce, perchè non può, elemento qualificatorio dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Invece, la mancanza della subordinazione è, anche, ai fini fiscali elemento qualificatorio. In tal senso anche il Ministero delle finanze ha avuto modo di affermare, con la circolare n. 7/2001, che ben potendo il contratto di collaborazione coordinata e continuativa avere per oggetto un’ attività manuale e/o operativa, tale attività deve essere svolta senza vincolo di soggezione al potere “organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro”.
L’ assimilazione al lavoro dipendente comporta che quanto corrisposto in denaro o in natura ai collaboratori sia determinato secondo i criteri stabiliti dall’ Art. 51 del T. U. I. R. , a mente del rinvio operato dell’ Art. 52 dello stesso T. U. I. R.
Ai collaboratori spettano, quindi, le detrazioni per la produzione del reddito di lavoro subordinato di cui all’ Art. 14 e si applicano agli stessi le regole e le modalità stabilite per i lavoratori dipendenti quanto a conguaglio, certificazione e assistenza fiscale (v. Ag. Entr. circolare n. 67/2001).
Ritenute d’ acconto
Sui redditi percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi non si effettua piè la ritenuta in misura fissa del 20%, sostituita dal prelievo che deriva dall’ applicazione degli scaglioni di reddito alla base imponibile determinata secondo i criteri del citato articolo 51.
Per coerenza, l’ imponibile fiscale è al netto delle quote di contribuzione previdenziale ed assistenziale poste a carico del collaboratore.
La ritenuta in misura fissa del 20% è ora prevista in relazione alle indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione (v. Art. 24 co. 1, DPR n. 600/1973; Art. 17, comma 1, lett. c), T. U. I. R. e MF circolare n. 207/2000). In alternativa alla tassazione separata, l’ indennità di fine mandato può anche concorrere alla formazione del reddito complessivo dell’ anno in cui è percepito se ciò risulta piè favorevole per il contribuente (Art. 17, comma 3 T. U. I. R. ), ovvero relativamente al massimale (INPS nota 15 marzo 2002).
Inoltre, continua ad essere operata una ritenuta a titolo d’ imposta nella misura del 30% per i redditi corrisposti a soggetti non residenti (Art. 24, co. 1-ter, DPR n. 600/1973).
Se ad erogare il compenso al collaboratore non residente è un soggetto nazionale, quindi, l’ imposta è dovuta in Italia a prescindere dal fatto che le prestazioni siano materialmente effettuate nel territorio nazionale, o all’ estero. Ciò sopra vale naturalmente semprechè non esista una convenzione contro le doppie imposizioni che disciplini diversamente la materia (v. Ag. Entr. circolare n. 67/2001).
Deduzione ex Art. 11 T. U. I. R.
La deduzione per assicurare la progressività dell’ imposizione di cui all’ Art. 11 del T. U. I. R. è commisurata all’ ammontare complessivo del reddito e si riduce all’ aumentare dello stesso, pertanto, il sostituto d’ imposta può richiedere al collaboratore se, in considerazione del reddito complessivo che presume di conseguire nel periodo d’ imposta, ritenga di non usufruire di detta deduzione in sede di effettuazione delle ritenute.
Per la determinazione della deduzione il sostituto dovrà seguire criteri diversi a seconda che l’ erogazione dei compensi avvenga con cadenza periodica, in unica soluzione, ovvero in piè soluzioni con cadenza variabile (Ag. Entr. circolare n. 15/E/2003).
Il sostituto deve attribuire al collaboratore le detrazioni alle quali egli abbia dichiarato di aver diritto e nella misura indicata dal collaboratore stesso.
Spettano, quindi, sia le detrazioni per carichi di famiglia, sia quelle specifiche per la produzione del reddito, oltre che le detrazioni per oneri che siano stati gestiti per il tramite del committente-sostituto d’ imposta.
L’ importo delle addizionali comunali, provinciali e regionali deve essere determinato in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, se precedente alla fine del periodo d’ imposta.
La somma così determinata viene trattenuta secondo le disposizioni stabilite per i lavoratori dipendenti, ossia:
- in unica soluzione in caso di conguaglio al termine del rapporto di lavoro;
- ratealmente, di cui l’ ultima entro il mese di novembre dell’ anno successivo a quello di riferimento, per il conguaglio di fine anno.
Il valore dei beni e dei servizi erogati al collaboratore è determinato secondo le regole fissate per i dipendenti. Devono essere perciò osservate anche le formalità richieste per quest’ ultima categoria di lavoratori, quanto a requisiti, autorizzazioni, rendicontazione.
È altresì opportuno che il contratto stipulato fra le parti ne preveda, se del caso, l’ eventuale erogazione.
E’ applicabile anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa la disciplina delle trasferte contenuta nell’ articolo 51, comma 5 del T. U. I. R. , in ordine ai limiti oltre i quali le indennità di trasferta concorrono a formare il reddito imponibile.
Con ciò richiamando quanto precedentemente espresso con riferimento ai lavoratori dipendenti nella circolare 326/E del 1997 che a tal proposito recita: “l’ individuazione della sede di lavoro è, ovviamente, rimessa alla libera decisione delle parti contrattuali, decisione sulla quale nè il legislatore nè, tanto meno, l’ Amministrazione finanziaria, hanno possibilità di intervenire, così come non è consentito sindacare le modalità di erogazione o gli importi dell’ indennità all’ uopo stabiliti”.
Sempre il Ministero delle finanze ha ulteriormente precisato che, ferma restando la determinazione contrattuale della sede di lavoro, generalmente indicata nella lettera o contratto di assunzione, per particolari fattispecie può risultarne difficoltosa l’ identificazione. La mancata indicazione nel contratto della sede di lavoro comporta, in tale caso, che essa si identifichi con il domicilio fiscale del collaboratore (MF circolare n. 7/2001; Ag. Entr. circolare n. 67/2001).
In quanto erogatore di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, il committente è tenuto agli adempimenti propri del datore di lavoro.
All’ atto della risoluzione del rapporto oppure a fine anno in costanza di rapporto deve, quindi, procedere al conguaglio tra le ritenute operate e l’ imposta dovuta sull’ ammontare complessivo dei compensi, tenendo conto delle detrazioni spettanti.
In sede di conguaglio di fine anno il sostituto-committente deve tenere conto della richiesta del collaboratore in merito ad altri redditi posseduti, può se richiesto e se lo ritiene, considerare nel conguaglio anche altri oneri sostenuti dal collaboratore e da questi correttamente documentati.
Assistenza fiscale
Anche i collaboratori possono avvalersi dell’ assistenza fiscale diretta eventualmente prestata dal committente-sostituto d’ imposta, secondo le regole fissate per i dipendenti.
Sanzioni
Per le violazioni agli obblighi del committente in veste di sostituto d’ imposta si applicano le sanzioni previste per l’ inosservanza degli adempimenti in materia di ritenute, di certificazione e di dichiarazione, con la possibilità di utilizzare l’ istituto del ravvedimento operoso.
Si ricorda a tal proposito che:
- l’ omesso o ritardato versamento delle ritenute è punito con la sanzione pari al 30% dell’ importo non versato o versato in ritardo. Se il ritardo è compreso nei trenta giorni dal termine originario, la violazione può essere sanata versando contestualmente al debito, la sanzione nella misura del 3, 75% e gli interessi legali per i giorni di ritardo. Il tardivo versamento effettuato entro i termini di presentazione della dichiarazione per l’ anno al quale il versamento si riferisce è sanabile oltre che con gli interessi, con la sanzione del 6% per cento;
- la mancata effettuazione della ritenuta è autonomamente sanzionata nella misura del 20% dell’ importo non trattenuto.
Dal 1° gennaio 2001 la riqualificazione fiscale dei redditi di co-co-co operata dalla L. 342/00 ha fatto sì che tutti i rinvii fatti dalle norme all’ex art. 50 (oggi art. 54), che definisce la base imponibile dei redditi di lavoro autonomo, sono stati deviati all’ex art. 48 (oggi art. 51), che definisce la base imponibile dei redditi di lavoro dipendente. Ne consegue l’applicazione di tutti gli istituti tipici di questa categoria.
Devono essere rispettati i minimali e i massimali di cui all’ articolo 116 del T. U. I. R. n. 1124/1965.
Il tasso di premio è quello dell’ attività svolta, o per l’ uso dell’ automezzo.
Non è previsto nessun minimale. Il massimale è quello di cui all’ Art. 2, comma 18, della L. n. 335/1995.
Il contributo è calcolato in misura diversa a seconda che il collaboratore sia iscritto o meno ad altre forme di previdenza obbligatoria o sia titolare di pensione.
L’ accredito dell’ intero anno dipende dalla contribuzione versata su un importo minimo corrispondente al minimale di cui all’ Art. 1, comma 3, L. n. 233/1990 stabilito per gli iscritti alla Gestione del commercio.
L’ INPS, con nota del 15 marzo 2002, ha precisato che il trattamento di fine mandato, costituendo reddito derivante da collaborazione coordinata e continuativa, deve essere sottoposto a contribuzione previdenziale – al lordo di qualsiasi ritenuta fiscale – della gestione separata di cui all’ Art. 2, comma 26, L. n. 335/1995, nel momento in cui viene effettivamente corrisposto.
I collaboratori coordinati sono tenuti ad effettuare l’ iscrizione alla Gestione separata istituita presso l’ INPS utilizzando l’ apposito modulo predisposto dall’ Istituto.
La denuncia di inizio attività effettuata dal collaboratore segnala all’ INPS l’ esistenza del rapporto e garantisce all’ interessato la verifica degli obblighi di tutela previdenziale a suo favore.
Inoltre, gli stessi soggetti tenuti alla iscrizione sono tenuti a comunicare la cessazione dell’ attività entro i trenta giorni dal verificarsi (tale comunicazione non è obbligatoria ma usuale).
A differenza di quanto stabilito per i lavoratori dipendenti, a carico del committente non è previsto alcun obbligo di iscrizione, ma è opportuno che quest’ ultimo si assicuri che il collaboratore ha provveduto a quanto di sua competenza.
Qualora non sia previsto un compenso per l’ attività svolta, il collaboratore non è tenuto ad iscriversi alla gestione separata istituita presso l’ INPS, visto che in ogni caso il soggetto medesimo non dovrà versare alcun contributo (v. INPS circolare n. 124/1996).
La legge n. 335/1995, Art. 2, comma 26, ha imposto l’ obbligo di contribuzione alla Gestione separata presso l’ INPS per i percettori di redditi di cui alla lett. a) del secondo comma dell’ Art. 53 T. U. I. R.
Per espressa previsione dell’ Art. 34 della legge n. 342/2000 il riferimento deve essere, ora, inteso alla lettera c-bis) del primo comma dell’ articolo 50 stesso T. U. I. R.
L’ aliquota di contribuzione è differenziata a seconda dei seguenti casi:
- collaboratori non iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria. Per il 2003 il contributo è pari al 14%: 13, 50 piè 0, 50 per finanziare l’ indennità economica per maternità, l’ assegno per il nucleo familiare e la malattia (Art. 84, D. Lgs. n. 151/2001; INPS circc. n. 21/2003; n. 26/2002). Con effetto dal 1° gennaio 2004, l’ aliquota contributiva pensionistica è stabilita in misura identica a quella in vigore per la gestione pensionistica dei commercianti (si veda a tal proposito l’ argomento Artigiani e commercianti e per la misura dei contributi da essi dovuti, il modulo Dati tabellari). Per gli anni successivi, si applica l’ incremento annuo nella misura stabilita dall’ Art. 59, co. 15 della L. n. 449/1997 (0, 2% per ciascun anno) fino al raggiungimento dell’ aliquota di 19 punti percentuali (v. Art. 45, del D. L. n. 269/2003);
- collaboratori già iscritti ad una gestione previdenziale obbligatoria o per coloro che sono titolari di pensione non diretta (indiretta, di reversibilità): 10%;
- collaboratori titolari di pensione diretta. Tali soggetti fino al 31 dicembre 2002 versavano i contributi applicando l’ aliquota del 10%. L’ Art. 44, comma 6, L. n. 289/2002 (finanziaria 2003) ha disposto dal 1° gennaio 2003 un incremento di 2, 5 punti percentuali (12, 50%) e a partire dal 1° gennaio 2004, un ulteriore incremento di 2, 5 punti percentuali (v. INPS circolare n. 21/2003). L’ aumento in oggetto opera sia per i soggetti titolari della sola pensione diretta sia per i soggetti che, pur percependo una pensione diretta siano anche iscritti ad un’ altra gestione previdenziale obbligatoria (INPS circolare n. 42/2003).
Il contributo INPS è ripartito, in via generale, tra datore di lavoro e lavoratore in misura pari per 1/3 a carico del collaboratore e per 2/3 a carico del committente; è dovuto entro un limite di massimale annuo, rivalutato annualmente sulla base degli indici ISTAT di variazione della vita. Per poter accreditare ai fini pensionistici l’ intero anno di assicurazione è necessario che la contribuzione risulti superiore ad un minimale, individuato in quello stabilito per i commercianti.
Il committente è tenuto ad effettuare il versamento del contributo, entro il 16 del mese successivo a quello di corresponsione del compenso, tramite il modello di pagamento unificato F24.
I compensi assoggettati a contribuzione devono essere riepilogati all’ INPS attraverso la compilazione del modello di denuncia annuale (mod. GLA). Il mod. GLA può essere presentato come denuncia principale o integrativa.
Fino al 31 marzo 2000, la denuncia periodica era trimestrale (mod. GLA/D) e doveva essere presentata entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento (modello cartaceo) oppure entro la fine del secondo mese successivo al trimestre di riferimento (supporto magnetico).
Il mod. GLA, da utilizzare a decorrere dal 1° aprile 2000, si compone di due parti:
- il foglio GLA/R che contiene i dati anagrafici del committente e gli estremi dei versamenti contributivi effettuati nell’ anno;
- il foglio GLA/C nel quale devono essere indicati i dati del collaboratore, i compensi erogati e i contributi dovuti per i singoli periodi di corresponsione. Trovano spazio in quest’ ultimo foglio le eventuali agevolazioni contributive (L. S. U. che collaborano con la P. A. ) e l’ indicazione delle eccedenze di contributi utilizzate in compensazione di quanto dovuto (INPS circolare n. 16/2001).
- entro il 31 marzo dell’ anno successivo a quello di riferimento, su supporto cartaceo;
- entro il 30 aprile dell’ anno successivo a quello di riferimento, utilizzando i supporti magnetici o tramite Internet (INPS circolare n. 40/2002).
I suddetti termini valgono anche se il rapporto di collaborazione è cessato in corso d’ anno.
Devono essere utilizzati uno o piè fogli GLA/C per ogni collaboratore impiegato, il numero totale progressivo dei modelli compilati deve essere indicato sul foglio GLA/R.
Come ricorda l’ INPS nella circolare n. 193/1998, sono diversi i motivi per i quali un assicurato, iscritto alla Gestione separata, può essere a credito verso l’ INPS.
In presenza di un credito per versamenti effettuati in misura superiore al dovuto, l’ iscritto alla Gestione separata può considerare l’ eccedenza quale acconto dei futuri pagamenti e procedere alle relative compensazioni.
Così, i versamenti effettuati dai committenti, per i collaboratori ed i venditori a domicilio, che superano il massimale contributivo, sono contabilizzati dall’ INPS in conto sui versamenti, eventualmente dovuti, per l’ anno successivo.
In alternativa, l’ assicurato può optare per il rimborso della somma, maggiorata degli interessi del 4, 5% annuo, dalla data della domanda a quella dell’ effettivo rimborso.
In questo caso, il committente, o il collaboratore redigono la domanda, utilizzando lo schema allegato alla stessa circolare n. 193/1998, specificando gli anni ai quali si riferisce la richiesta ed i relativi importi. Il rimborso è effettuato per 2/3 a favore del committente, per un terzo al collaboratore.
Il venire meno dell’ obbligazione contributiva, ad esempio, per errore sull’ esistenza dell’ obbligo, comporta, invece, la restituzione dei contributi versati, aumentati degli interessi legali calcolati dalla data di presentazione della domanda a quella di restituzione dell’ importo, restituzione che, secondo le regole generali, sarà effettuata per intero al committente.
Rientrano nella fattispecie del versamento indebito le contribuzioni versate all’ INPS a favore di giornalisti e pubblicisti, in quanto tali soggetti, nel caso prestino attività di collaborazione continua, devono essere iscritti all’ INPGI, nella specifica gestione separata.
Un caso del tutto particolare si presenta, invece, per gli assicurati che, all’ atto dell’ entrata in vigore della legge n. 335/1995 avevano compiuto i 60 anni e che, alla cessazione dell’ attività lavorativa non maturano il diritto alla pensione.
Il D.M. 2 maggio 1996, n. 282, Art. 4, comma 2, stabilisce che, nei primi cinque anni d’ applicazione della legge n. 335/1995, tali soggetti possono chiedere il rimborso dei contributi versati, che l’ INPS, in presenza dei requisiti, restituirà per intero, maggiorati degli interessi, al collaboratore (per la scadenza del periodo transitorio – 31 marzo o 29 giugno 2001, v. INPS circolare n. 104/2001).
L’ INPS ha però precisato, con la circolare n. 104/1999, che il rimborso viene effettuato esclusivamente se gli importi versati non sono utili nemmeno per la liquidazione di un supplemento ad altra pensione di cui il soggetto sia titolare.
Il suddetto rimborso non è, tecnicamente un rimborso di oneri, ma rientra nell’ ambito delle prestazioni ed è soggetto, quindi, al relativo regime fiscale.
Inps prestazioni
Dal 1° gennaio 1998, per i soggetti non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, oltre al versamento dell’ aliquota I. v. s. , è prevista una ulteriore aliquota contributiva, pari allo 0, 50%, destinata al finanziamento dell’ onere derivante dall’ estensione ai soggetti stessi della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare, prevista dal sedicesimo comma dell’ Art. 59 della legge n. 449/1997.
Dal 1° gennaio 2000, per effetto dell’ Art. 51 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, la tutela è estesa anche al ricovero ospedaliero per malattia.
Ai sensi dell’ Art. 80, comma 12 della legge n. 388/2000 la tutela della maternità prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto periodo, dell’ articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente (Art. 64, D. Lgs. n. 151/2001).
Il D.M. 4 aprile 2002 che ha approvato la nuova disciplina relativa all’ indennità di maternità e all’ assegno familiare, dando attuazione completa all’ Art. 80, co. 12, L. n. 388/2000.
Tale decreto stabilisce che, alle madri lavoratrici iscritte alla gestione separata è corrisposta un’ indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla data stessa. Sono escluse dal beneficio le lavoratrici iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie e le pensionate.
Il D.Lgs. 80/2015 ha introdotto l’articolo 69 ter al D.Lgs. 151/2001 che prevede che: “I lavoratori e le lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennita’ di maternita’ anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente».
Se al momento dell’ evento indennizzabile (due mesi prima della data del parto o data di ingresso in famiglia del minore per adozione/affidamento) la lavoratrice madre non è piè iscritta alla gestione separata ma ha comunque maturato il previsto requisito contributivo minimo, ha pur sempre diritto all’ indennità di maternità, a meno che non abbia titolo a prestazioni di maternità di importo superiore in forza di una attività lavorativa diversa (subordinata o autonoma) successivamente intrapresa. In caso contrario, a richiesta dell’ interessata, è erogabile, a carico della gestione separata, il trattamento differenziale fino a copertura dell’ importo spettante quale lavoratrice “parasubordinata”.
Nell’ ipotesi, invece, in cui la lavoratrice madre, pur essendo iscritta alla gestione separata, non ha maturato, alla data dell’ evento, i tre mesi di contribuzione, può beneficiare della prestazione di maternità prevista per le lavoratrici subordinate se, antecedentemente all’ iscrizione come “parasubordinata” abbia svolto attività di lavoro dipendente e sussistono i requisiti di applicabilità del prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico ai sensi dell’ Art. 24 del D. Lgs. n. 151/2001 (v. INPS circolare n. 138/2002).
L’ indennità di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
Inoltre, diversamente da quanto previsto per le lavoratrici dipendenti, per le lavoratrici iscritte alla gestione separata dei lavoratori autonomi non sussiste, proprio per le caratteristiche del lavoro svolto, l’ obbligo di astensione dal lavoro nei due mesi precedenti e nei tre mesi successivi al parto e pertanto non è prevista un’ indennità per “interdizione anticipata”.
L’ indennità di maternità è determinata per ciascuna giornata del periodo indennizzabile, comprese le festività, in misura pari all’ 80% di 1/365 del reddito, derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa, utile ai fini contributivi, vale a dire nei limiti del massimale annualmente previsto (Art. 4, D.M. 4 aprile 2002).
Nei confronti dei collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata, viene preso a riferimento il reddito dei dodici mesi precedenti l’ inizio del periodo indennizzabile, risultante dai versamenti contributivi effettuati sulla base della dichiarazione del committente.
Nel caso in cui l’ anzianità assicurativa sia inferiore ai dodici mesi, il periodo di riferimento e l’ indennità sono determinati proporzionalmente in relazione alla data di decorrenza della anzianità stessa; in tale ipotesi, infatti, il reddito totale va diviso non per 365 giorni, ma per il numero dei giorni di calendario compresi nei mesi che vanno da quello di iscrizione a quello in cui cade la fine del periodo di riferimento.
Si precisa che l’ anzianità contributiva è pari o superiore a 12 mesi quando l’ iscrizione risulta effettuata da 12 o piè mesi rispetto al mese di inizio del periodo indennizzabile, è inferiore a 12 mesi quando l’ iscrizione è stata effettuata da meno di 12 mesi rispetto al suddetto mese (v. INPS circolare n. 93/2003).
L’ indennità viene corrisposta dalla competente gestione separata, a seguito di apposita domanda, presentata dagli interessati nell’ apposito modello “MAT/GEST. SEP. “, entro il termine di un anno dalla fine del periodo indennizzabile. Alla domanda deve essere allegata la copia della denuncia annuale (mod. GLA) ovvero la dichiarazione del/dei committenti da cui risultino gli importi e le date dei versamenti (INPS circolare n. 138/2002).
Il D.lgs 80/2015 ha modificato l’articolo 69-bis del D.lgs. 151/2001 prevedendo che :”In caso di adozione, nazionale o internazionale, alle lavoratrici di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un’indennita’ per i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalita’ di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.”
Come per le lavoratrici dipendenti, l’ interruzione spontanea, terapeutica o volontaria della gravidanza che si verifichi prima del 180° giorno dall’ inizio della gestazione, è considerata come malattia e pertanto non comporta l’ erogazione dell’ assegno di aborto, previsto dall’ ormai abrogato D.M. 27 maggio 1998 (v. INPS circolare n. 138/2002).
L’ interruzione della gravidanza verificatasi dopo il 180° giorno dall’ inizio della gestazione, anche nell’ ipotesi di bambino nato morto o deceduto dopo un breve lasso temporale, è considerata a tutti gli effetti parto e, pertanto, dà diritto all’ indennità di maternità per un periodo complessivo di cinque mesi.
Al padre lavoratore iscritto alla gestione separata ed avente i requisiti necessari è corrisposta un’ indennità di paternità per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, o per il periodo residuo che sarebbe spettato alla lavoratrice madre, in caso di morte o grave infermità della madre o di abbandono, nonchè in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (Art. 3, D.M. 4 aprile 2002; INPS circolare n. 138/2002).
In caso di adozione o affidamento l’ indennità è riconosciuta anche al padre adottivo o affidatario, qualora la madre non ne faccia richiesta e sempre che sussistano i requisiti contributivi di cui all’ Art. 2 del D.M. 4 aprile 2002.
Dal 1° gennaio 1998, agli iscritti alla gestione separata è estesa la disciplina dell’ assegno per il nucleo familiare di cui all’ Art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153 e sono pertanto eliminate le limitazioni alla composizione del nucleo e al reddito pro-capite previste dall’ abrogato Art. 4, co. 2 del D.M. 27 maggio 1998 (Art. 5, D.M. 4 aprile 2002; INPS circolare n. 138/2002).
L’ assegno è corrisposto dalla competente gestione separata, in relazione alle modalità di attribuzione della specifica contribuzione, a seguito di domanda presentata dai lavoratori interessati, a decorrere dal mese di febbraio dell’ anno successivo a quello per il quale viene richiesta la prestazione. L’ assegno è erogato con pagamento diretto da parte delle strutture periferiche dell’ INPS, sulla base delle stesse tabelle in vigore per i lavoratori dipendenti.
L’ assegno non spetta se la somma dei redditi derivanti dalle attività indicate all’ Art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995, è inferiore al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare. L’ assegno spetta anche al nucleo a composizione reddituale mista che raggiunga il requisito del 70% del reddito complessivo con la somma dei redditi da lavoro dipendente di cui all’ Art. 2, comma 10, della legge n. 153/1988 e da lavoro di cui all’ Art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995. In particolare, il diritto alla prestazione viene riconosciuto in caso di nucleo familiare a composizione mista, qualora il requisito del 70% sia raggiunto da 2 titolari del diritto all’ assegno (uno come lavoratore dipendente, e l’ altro come lavoratore parasubordinato) ovvero da un solo titolare che faccia valere un reddito misto da lavoro dipendente e da attività di collaborazione coordinata e continuativa (v. INPS circolare n. 193/2003).
Dal 1° gennaio 2000 la tutela per la malattia è estesa ai lavoratori iscritti alla Gestione separata, ma solo in caso di ricovero ospedaliero.
Per l’ attuazione di tale tutela è stato emanato il D.M. 12 gennaio 2001 (v. anche INPS circolare n. 147/2001).
In base all’ Art. 1 del D.M. 12 gennaio 2001 l’ indennità di malattia in caso di degenza ospedaliera è corrisposta a condizione che:
- nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell’ evento risultino accreditate, nei confronti dei lavoratori interessati, almeno tre mesi anche non continuativi della contribuzione dovuta alla Gestione separata;
- il reddito individuale non sia superiore, nell’ anno solare precedente a quello in cui è iniziato l’ evento, al 70% del massimale contributivo di cui all’ Art. 2, co. 18, L. n. 335/1995 valido per lo stesso anno.
L’ indennità va calcolata – con percentuali diverse a seconda della contribuzione attribuita nei dodici mesi precedenti il ricovero – sull’ importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo di cui all’ Art. 2, comma 18, L. n. 335/1995 valido per l’ anno nel quale ha avuto inizio l’ evento (Art. 2, D.M. 12 gennaio 2001 e INPS circolare n. 62/2003).
In particolare l’ indennità giornaliera sarà pari:
- all’ 8% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero risultano accreditate da tre a quattro mensilità di contribuzione;
- al 12% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero risultano accreditate da cinque a otto mensilità di contribuzione;
- al 16% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero risultano accreditate da nove a dodici mensilità di contribuzione.
Le percentuali possono essere variate, con periodicità biennale, in relazione all’ andamento della Gestione separata di cui all’ Art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995.
L’ indennità spetta, fino al massimo di 180 giorni nell’ anno solare, per tutte le giornate di ricovero (comprese quella di dimissione e le festività) presso strutture ospedaliere pubbliche e private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale ovvero per ogni giornata di degenza, autorizzata o riconosciuta dal Servizio stesso, presso strutture ospedaliere estere.
L’ indennità è erogata dall’ INPS a seguito di presentazione di apposita domanda da parte dell’ interessato entro il termine di decadenza di 180 giorni dalla data di dimissione ospedaliera.
Alla domanda deve essere allegata l’ autocertificazione attestante i redditi dell’ anno precedente assoggettati a contributo alla predetta Gestione separata.
Per effetto dell’ Art. 5 del D. Lgs. n. 38/2000, dal 16 marzo 2000 il committente è tenuto ad assicurare all’ INAIL i collaboratori coordinati e continuativi per i quali sussiste il rischio lavorativo, di cui all’ Art. 1 del Testo Unico n. 1124/1965 e comunque per l’ uso non occasionale dell’ automezzo personalmente guidato, per l’ espletamento delle proprie mansioni.
Ai fini dell’ assicurazione INAIL, il committente è, inoltre, tenuto a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dal testo unico (v. INAIL circc. 11 aprile 2000, n. 32 e 13 marzo 2000).
- apertura della posizione assicurativa con la presentazione della denuncia di esercizio, oppure una denuncia di variazione se il rischio è già assicurato, fornendo all’ INAIL i dati dei lavoratori parasubordinati da assicurare. In particolare devono essere comunicati i seguenti elementi:
- dati anagrafici e codice fiscale dei lavoratori parasubordinati;
- descrizione dell’ attività svolta o dei lavori affidati;
- modalità di esecuzione dei lavori;
- misura dei compensi pattuiti;
- durata del rapporto di collaborazione.
- comunicazione, ex Art. 14, comma 2, D. Lgs. n. 38/2000, del codice fiscale dei lavoratori assunti o cessati dal servizio (DNA) contestualmente all’ instaurazione o alla cessazione del rapporto, allegando alla documentazione presentata all’ inizio dell’ attività lavorativa (o alla denuncia di variazione) l’ apposito modello predisposto dall’ INAIL che evidenzia la durata del contratto e l’ emolumento stabilito;
- pagamento del premio alle scadenze di legge o a quelle fissate dall’ INAIL;
- denuncia dell’ infortunio e della malattia professionale occorsi ai lavoratori, da effettuarsi nei termini e con le modalità disciplinate dal DPR n. 1124/1965 (v. Infortuni sul lavoro e malattie professionali);
- denuncia di cessazione della lavorazione – da effettuarsi nei termini di legge – finalizzata alla chiusura della relativa posizione assicurativa, se specificamente accesa per l’ attività svolta dal lavoratore parasubordinato;
- messa in atto degli adempimenti di cui agli articoli 20 e seguenti del DPR n. 1124/1965, vale a dire la tenuta dei libri paga e matricola (per tale argomento v. la nota Libri matricola e paga).
A seguito delle innovazioni introdotte dall’ Art. 90, comma 3 della legge n. 289/2002, a partire dal 1° gennaio 2003, non sono piè da assicurare contro gli infortuni sul lavoro, i collaboratori coordinati e continuativi che ricevono indennità per attività amministrativo-gestionale esercitate per conto di associazioni o di società sportive dilettantistiche (quali, ad esempio, le attività di segreteria o di contabilità svolte con l’ ausilio di personale computer) (v. INAIL nota 19 marzo 2003).
Per i lavoratori parasubordinati, il premio INAIL è ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due terzi a carico del committente. L’ obbligo del versamento del premio è in ogni caso a carico del committente.
Tale premio è calcolato, in base al tasso applicabile all’ attività svolta, sull’ ammontare del compenso lordo stabilito, osservando peraltro un minimale ed un massimale previsto dall’ Art. 116, comma 3, del DPR n. 1124/1965 e pari all’ importo minimo e massimo di retribuzione assunto per la determinazione delle rendite del settore industria (Art. 5, comma 4, D. Lgs. n. 38/2000; D.M. 31 luglio 2003; INAIL circolare n. 32/2000).
Gli importi assunti a base per la determinazione del premio dovranno, ovviamente, confluire nell’ autoliquidazione dell’ anno di riferimento, operata a cura del committente.
Se il collaboratore ha piè rapporti di collaborazione soggetti all’ obbligo assicurativo i sopra indicati importi minimi e massimi potranno tenere conto di tale pluralità ed essere riparametrati, per ciascun committente, in proporzione dell’ incidenza del compenso che egli ha erogato sul totale dei compensi percepiti dal collaboratore stesso.
Per quanto riguarda il pagamento del premio si applicano le modalità previste dagli artt. 28 e 44 del DPR n. 1124/1965, con la previsione del pagamento di una rata anticipata in base ai compensi pattuiti o presunti e della conseguente regolazione sui compensi effettivamente corrisposti in relazione all’ anno di riferimento (per maggiori chiarimenti si rinvia alla nota illustrativa INAIL Assicurazione – Determinazione, denuncia e versamento dei premi).
Per le violazioni in materia previdenziale ed assistenziale si applica il regime delle sanzioni contributive, così come modificato dall’ Art. 116, comma 8 e successivi, della legge Finanziaria 2001 (L. n. 388/2000) e di seguito riportato (per maggior chiarimenti si rinvia a quanto esposto nella nota illustrativa INPS – Denuncia e versamento dei contributi).
I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti:
- nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’ anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5, 5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40% dell’ importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge;
- in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l’ intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’ anno, pari al 30%; la sanzione civile non può essere superiore al 60% dell’ importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’ anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5, 5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40% dell’ importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
Dopo il raggiungimento del tetto massimo delle sanzioni civili nelle misure previste alle lettere a) e b), senza che si sia provveduto all’ integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo maturano interessi nella misura degli interessi di mora di cui all’ Art. 30 del DPR n. 602/1973.