Contribuzione – Quota a carico del lavoratore – Rivalsa | ADLABOR
In caso di omesso o tardivo pagamento dei contributi, il datore di lavoro è tenuto a pagare i contributi non versati anche per la quota a carico del lavoratore, non potendo rivalersi nei suoi confronti.
L’articolo 19 della Legge 218/1952 dispone che il datore di lavoro è responsabile del versamento dei contributi anche per la parte a carico del lavoratore. Tale norma precisa altresì che “il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce”.
Quindi il datore di lavoro versa, per conto del lavoratore, anche la quota di contributi previdenziali a carico di quest’ultimo, rivalendosi sul lavoratore trattenendo il relativo importo in busta paga.
L’articolo 23 della Legge 218/1952, per il caso di omesso o tardivo pagamento dei contributi, prevede che “il datore di lavoro che non provvede al pagamento dei contributi entro il termine stabilito o vi provvede in misura inferiore alla dovuta è tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributo non versate tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori, nonché al versamento di una somma aggiuntiva pari a quella dovuta, […]”.
Secondo la giurisprudenza il combinato disposto delle disposizioni sopra richiamate delinea il regime giuridico applicabile a due diverse fattispecie: infatti, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro provveda al pagamento della contribuzione alla scadenza fissata dalla legge (l’art. 18 D.Lgs. 241/1997 prevede che il versamento dei contributi debba essere effettuato entro il giorno 16 del mese di scadenza, vale a dire entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è scaduto l’ultimo periodo di paga cui si riferisce la denuncia contributiva, come precisato dalle circolari INPS n. 79/1998 e n. 259/1998), il datore di lavoro ha il diritto di rivalersi sul lavoratore per la quota di contributi previdenziali a carico di quest’ultimo; invece, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro ometta il pagamento dei contributi o vi adempia tardivamente, questi è tenuto al pagamento dei contributi non versati, sia per la quota a proprio carico sia per la quota a carico del lavoratore (in questo senso Cass. civ., sez. lav., 17.09.2015, n. 18232/2015).
Secondo la Cassazione, infatti, “il datore di lavoro che non abbia provveduto ai versamenti dovuti nei termini di legge resta obbligato, ai sensi dell’art. 23 della legge 4 aprile 1952, n. 218, in via esclusiva per l’adempimento, con esclusione del diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore per la quota a carico di quest’ultimo” (Cass. civ., sez. 18.08.2014, n. 18027).
In argomento, la Suprema Corte ha altresì specificato che, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro debba corrispondere al lavoratore differenze retributive in virtù di un accertamento da parte del giudice, l’obbligo di versare i contributi previdenziali, anche per la quota a carico del lavoratore, “decorre dal momento del mancato pagamento delle quote di retribuzione, quale conseguenza di un illecito contrattuale” (Cass. civ., sez. lav., 02.11.2015, n. 22379).
In concreto, in caso di accertamento giudiziale del diritto a differenze retributive, all’atto della liquidazione di dette differenze e del conseguente versamento previdenziale, il datore di lavoro non potrà rivalersi trattenendo la quota di contribuzione a carico del lavoratore ma dovrà accollarsi anche questa quota senza possibilità di recuperarla, considerando l’accertamento giudiziale del diritto a differenze retributive assimilabile ad un ritardato pagamento della retribuzione. La giurisprudenza, in sostanza, ha attribuito valenza di “sanzione civile” al divieto di rivalsa in caso di ritardato pagamento della retribuzione, per cui il datore di lavoro, non potendo rivalersi sul lavoratore per la quota di contribuzione a suo carico, sosterrà anche l’onere di tale quota. Non condividiamo tale impostazione che si traduce, in sostanza, in un indebito beneficio a favore dei lavoratori il cui datore sia inadempiente o ritardatario mentre i dipendenti di datori corretti subiscono la rivalsa ma, allo stato, gli orientamenti giurisprudenziali non paiono tenere conto della disparità di trattamento testé evidenziata e del fatto che i lavoratori che non subiscono la rivalsa ottengono, in concreto, un beneficio previdenziale maggiore non contribuendo, per la loro quota, agli accantonamenti previdenziali di loro competenza.