Circolare INL 19 febbraio 2018 n. 5 | ADLABOR
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito, con la circolare n. 5 del 2018, alcune indicazioni in merito all’installazione e utilizzazione di impianti audiovisivi ed altri strumenti di controllo.
Qui di seguito riportiamo il testo della circolare.
L’art. 23 del d.lgs. n. 151/2015 e il successivo art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 185/2016 hanno modificato l’art. 4 della legge n. 300/1970 adeguando l’impianto normativo e le procedure preesistenti alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute. Lo scopo della norma, dunque, rimane quello di contemperare, da un lato, l’esigenza afferente all’organizzazione del lavoro e della produzione propria del datore di lavoro e, dall’altro, tutelare la dignità e la riservatezza dei lavoratori. Con la presente circolare, condivisa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si forniscono indicazioni operative in ordine alle problematiche inerenti l’installazione e l’utilizzazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo.
Istruttoria delle istanze presentate
Una prima questione riguarda le modalità secondo cui effettuare l’istruttoria in ordine alle istanze presentate per il rilascio del rovvedimento e, in particolare, la valutazione dei presupposti legittimanti il controllo a distanza dei lavoratori.
Va premesso che tale istruttoria non coinvolge normalmente aspetti tecnici particolari che debbano essere valutati da personale con la qualifica di “ispettore tecnico” e, pertanto, tale attività va demandata al personale ispettivo ordinario o amministrativo operante all’interno delle varie unità organizzative dell’Ufficio e, solo in casi assolutamente eccezionali comportanti valutazioni tecniche di particolare complessità, anche al personale ispettivo tecnico.
L’oggetto dell’attività valutativa, infatti, va concentrata sulla effettiva sussistenza delle ragioni legittimanti l’adozione del provvedimento, tenendo presente in particolare la specifica finalità per la quale viene richiesta la singola autorizzazione e cioè le ragioni organizzative e produttive, quelle di sicurezza sul lavoro e quelle di tutela del patrimonio aziendale.
Conseguentemente, le eventuali condizioni poste all’utilizzo delle varie strumentazioni utilizzate devono essere necessariamente correlate alla specifica finalità individuata nell’istanza senza, però, particolari ulteriori limitazioni di carattere tecnico che talvolta finiscono per vanificare l’efficacia dello stesso strumento di controllo. L’eventuale ripresa dei lavoratori, di norma, dovrebbe avvenire in via incidentale e con carattere di occasionalità ma nulla impedisce, se sussistono le ragioni giustificatrici del controllo (ad esempio tutela della “sicurezza del lavoro” o del “patrimonio aziendale”), di inquadrare Direttamente l’operatore, senza introdurre condizioni quali, per esempio, “l’angolo di ripresa” della telecamera oppure “l’oscuramento del volto del lavoratore”.
Parimenti, sempre in tema di videosorveglianza, non appare fondamentale specificare il posizionamento predeterminato e l’esatto numero delle telecamere da installare fermo restando, comunque, che le riprese effettuate devono necessariamente essere coerenti e strettamente connesse con le ragioni legittimanti il controllo e dichiarate nell’istanza, ragioni la cui effettiva sussistenza va sempre verificata in sede di eventuale accertamento ispettivo. Ciò in quanto lo stato dei luoghi e il posizionamento delle merci o degli impianti produttivi è spesso oggetto di continue modificazioni nel corso del tempo (si pensi ad esempio alla rotazione delle merci nelle strutture della grande distribuzione) e pertanto rendono scarsamente utile una analitica istruttoria basata su planimetrie che nel corso del breve periodo non
sono assolutamente rappresentative del contesto lavorativo.
Del resto, un provvedimento autorizzativo basato sulle esibizione di una documentazione che “fotografa” lo stato dei luoghi in un determinato momento storico rischierebbe di perdere efficacia nel momento stesso in cui tale “stato” venga modificato per varie esigenze, con la conseguente necessità di un aggiornamento periodico dello specifico provvedimento autorizzativo, pur in presenza delle medesime
ragioni legittimanti l’installazione degli strumenti di controllo.
Da ultimo va precisato che il provvedimento autorizzativo viene rilasciato sulla base delle specifiche ragioni dichiarate dall’istante in sede di richiesta. L’attività di controllo, pertanto, è legittima se strettamente funzionale alla tutela dell’interesse dichiarato, interesse che non può essere modificato nel corso del tempo nemmeno se vengano invocate le altre ragioni legittimanti il controllo stesso ma non dichiarate nell’istanza di autorizzazione.
Gli eventuali controlli ispettivi successivi al rilascio del provvedimento autorizzativo, pertanto, dovranno innanzitutto verificare che le modalità di utilizzo degli strumenti di controllo siano assolutamente conformi e coerenti con le finalità dichiarate.
Tutela del patrimonio aziendale.
Fra le ragioni giustificatrici del controllo a distanza dei lavoratori l’elemento di novità introdotto dalla più recente normativa è rappresentato dalla tutela del patrimonio aziendale che in precedenza veniva considerato come unico criterio legittimante delle visite personali di controllo di cui all’art. 6 della stessa legge.
Tale presupposto necessita però di una attenta valutazione in quanto l’ampiezza della nozione di “patrimonio aziendale” rischia di non trovare una adeguata delimitazione e, conseguentemente, non fungere da “idoneo filtro” alla ammissibilità delle richieste di autorizzazione.
In primo luogo va chiarito che tale problematica non si pone per le richieste che riguardano dispositivi collegati ad impianti di antifurto che tutelano il patrimonio aziendale in quanto tali dispositivi, entrando in funzione soltanto quando in azienda non sono presenti lavoratori, non consentono alcuna forma di controllo incidentale degli stessi e pertanto possono essere autorizzati secondo le modalità di cui alla nota n. 299 del 28 novembre 2017.
Diversa invece è l’ipotesi in cui la richiesta di installazione riguardi dispositivi operanti in presenza del personale aziendale, in quanto in tal caso la generica motivazione di “tutela del patrimonio” va necessariamente declinata per non vanificare le finalità poste alla base della disciplina normativa.
In tali fattispecie, come ricorda il garante della privacy, i principi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio, che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative dei diritti dei lavoratori.
Del resto, anche secondo la Corte di Cassazione, la sussistenza dei presupposti legittimanti la tutela del patrimonio aziendale mediante le visite personali di controllo, va valutata in relazione ai mezzi tecnici e legali alternativi attuabili, all’intrinseca qualità delle cose da tutelare, alla possibilità per il datore di lavoro di prevenire ammanchi attraverso l’adozione di misure alternative (Cass. sent. n. 84/5902).
Inoltre, tra gli elementi che devono essere tenuti presenti nella comparazione dei contrapposti interessi, non possono non rientrare anche quelli relativi all’intrinseco valore e alla agevole asportabilità dei beni costituendi il patrimonio aziendale.
Telecamere
I sistemi di videosorveglianza di più recente introduzione si basano su tecnologie digitali adatte all’elaborazione su PC e trasmissione su rete dati (tipo internet). Le nuove soluzioni video in tecnologia IP hanno rivoluzionato il concetto di videosorveglianza, rendendo possibili funzioni e scenari applicativi inimmaginabili fino a pochi anni fa.
I sistemi di videosorveglianza che utilizzano tale tecnologia sono caratterizzati dall’utilizzo di una rete IP, cablata oppure wireless, che consente il trasporto dei dati video e audio digitali da un computer all’altro attraverso internet; è anche possibile registrare, visualizzare e mantenere le informazioni video e audio in qualsiasi punto della rete opportunamente dimensionata. Inoltre è possibile installare impianti di videosorveglianza a circuito chiuso, collegati all’intranet aziendale o via internet a postazione remota.
A tal proposito si precisa che, ove sussistano le ragioni giustificatrici del provvedimento, è autorizzabile da postazione remota sia la visione delle immagini “in tempo reale” che registrate.
Tuttavia, l’accesso da postazione remota alle immagini “in tempo reale” deve essere autorizzato solo in casi eccezionali debitamente motivati.
L’accesso alle immagini registrate, sia da remoto che “in loco”, deve essere necessariamente tracciato anche tramite apposite funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un congruo periodo, non inferiore a sei mesi; pertanto non va più posta più come condizione, nell’ambito del provvedimento autorizzativo, l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.
Quanto invece al “perimetro” spaziale di applicazione della disciplina in esame, l’orientamento giurisprudenziale tende ad identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche quelli esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario o occasionale (ad es. zone di carico e scarico merci). La Corte di Cassazione penale (sent. n. 1490/1986) afferma infatti che l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero da un provvedimento dell’Ispettorato del lavoro.
Sarebbero invece da escludere dall’applicazione della norma quelle zone esterne estranee alle pertinenze della ditta, come ad es. il suolo pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda, nelle quali non è prestata attività lavorativa.
Dati biometrici
L’utilizzo di dispositivi e tecnologie per la raccolta e il trattamento di dati biometrici sta andando incontro ad una crescente diffusione. Il Garante per la protezione dei dati personali ha emanato un Provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2014. Il Garante evidenzia, al punto 4.2, come “l’adozione di sistemi biometrici basati sull’elaborazione dell’impronta digitale o della topografia della mano può essere consentita per limitare l’accesso ad aree e locali ritenuti “sensibili” in cui è necessario assicurare elevati e specifici livelli di sicurezza oppure per consentire l’utilizzo di apparati e macchinari pericolosi ai soli soggetti qualificati e specificamente addetti alle attività”.
Ne consegue che il riconoscimento biometrico, installato sulle macchine con lo scopo di impedire l’utilizzo della macchina a soggetti non autorizzati, necessario per avviare il funzionamento della stessa, può essere considerato uno strumento indispensabile a “…rendere la prestazione lavorativa…” e pertanto si possa prescindere, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/1970, sia dall’accordo con le rappresentanze sindacali sia dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsto dalla legge.