E’ possibile far operare un lavoratore in solitario? | ADLABOR
Recentemente un ispettore del lavoro, nell’ambito delle sue normali attività di controllo in un punto vendita commerciale, ha rilevato la presunta irregolarità del fatto che la lavoratrice trovata presente (per inciso, regolarmente in forza come apprendista), non avrebbe dovuto trovarsi sola al lavoro.
Ma questa presunta irregolarità è suffragata da norme di legge? E se anche queste non ci fossero ed il rilievo dell’ispettore fosse privo di effetti concreti, esiste comunque un problema legato al lavoro in solitudine? E quali tipi di attività lavorative possono essere considerate a rischio?
Con le note che seguono proveremo a dare un contributo per analizzare la questione.
Definizione di lavoro in solitudine e di lavoratore “solitario”
Innanzitutto è opportuno cercare di capire di cosa e di chi stiamo parlando.
Per lavoro in solitudine si intende quella situazione lavorativa in cui un lavoratore si trova ad operare da solo, senza nessun contatto diretto con altri lavoratori.
Il lavoratore “solitario” è, di conseguenza, colui che svolge un’attività lavorativa senza una sorveglianza, un’interrelazione diretta o la presenza ravvicinata di altri soggetti. Rientrano in tale definizione molti tipi di attività, sia svolte in luoghi di lavoro fissi (piccoli laboratori od esercizi commerciali, stazioni di rifornimento o servizio, punti informazione, sale controllo, biglietterie, rivendite, reparti isolati di aziende, impianti di risalita, magazzini, centri di formazione o di ricerca, cantieri esterni, portinerie, aree agricole e forestali, ecc.), sia in luoghi di lavoro mobili (trasporti automobilistici e ferroviari di merci e passeggeri[1], attività di vendita itinerante, cantieri mobili, ecc.).
La condizione di solitudine non è necessariamente permanente, in quanto può accadere che un lavoratore riceva un compito occasionale che deve essere svolto autonomamente e isolato, per un periodo più o meno breve, oppure che diventi “solitario” a causa del permanere sul posto di lavoro oltre il normale orario lavorativo, senza la presenza di colleghi (cosa che si verifica spesso nei grandi palazzi direzionali nelle ore serali o in giorni prefestivi o festivi).
La cornice normativa
Secondo vari studiosi, non risulterebbero presenti nel nostro ordinamento delle norme specifiche che impongano al datore di lavoro l’obbligo di evitare che un lavoratore svolga la propria attività in solitudine, esistendo invece soltanto norme di carattere estremamente generico, quali ad esempio l’articolo 2087 del Codice Civile[2] che impone al datore di lavoro l’obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore e l’articolo 15 del Decreto legislativo 81/2008[3], che impone al datore di lavoro l’obbligo, ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, di effettuare la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza.
In realtà non è così.
Esistono invece specifiche norme, riferite a particolari situazioni lavorative considerate particolarmente a rischio per la salute e l’incolumità dei lavoratori, in cui il legislatore vieta lo svolgimento di attività lavorative in solitudine. Ne sono esempio l’articolo 66 del Testo Unico sulla sicurezza, che, disciplinando i lavori in ambienti sospetti di inquinamento, dispone come i lavoratori addetti a tali attività debbano essere “vigilati per tutta la durata del lavoro”[4]; l’articolo 113, che prevede come, durante l’esecuzione dei lavori su scale portatili, “una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza”[5]; oppure, ancora, l’art. 119, per il quale, in caso di lavori in pozzi, scavi e cunicoli, deve essere prevista “un’adeguata assistenza all’esterno…tale da permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi”[6] e, per finire, l’art. 121 che impone al datore di lavoro, nel caso di lavori da effettuarsi in luoghi in cui vi è la possibile presenza di gas o vapori tossici, non solo di predisporre la presenza all’esterno di personale addetto alla sorveglianza, ma anche di far sì che l’esecuzione dei lavori sia effettuata in modo “abbinato”[7].
Gli orientamenti giurisprudenziali
E’ di tutta evidenza che le norme appena citate si riferiscono a situazioni di grande ed evidente pericolosità, lasciando irrisolta la questione per molte altre situazioni. La giurisprudenza non ha avuto molte occasioni per pronunciarsi, ma quelle poche volte ha penalmente sanzionato il datore di lavoro sostenendo che è in ogni caso sua responsabilità quella di valutare ex ante i possibili rischi cui può andare incontro un lavoratore che svolge la propria attività in solitudine, in quanto tali rischi siano prevedibili, cioè quando, in base a massime di esperienza, venga valutato che è possibile che vengano tenute determinate condotte a cui possono conseguire, non eccezionalmente, determinati eventi di danno o di pericolo.[8]
Non solo, ma in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non può limitarsi a munire il lavoratore dei presidi di sicurezza previsti dalla legge o suggeriti dalla migliore tecnica del settore, bensì deve educare il lavoratore ad avvalersene ed accertare, quindi, sia che questi sia formato ed educato a servirsene, sia che sia solito farlo vincendo le prevedibili pigrizie, in particolare allorquando esegua lavori in solitudine[9].
Le possibili misure aziendali
Come abbiamo accennato, se per talune attività (come ad esempio i lavori in pozzi, scavi e cunicoli) le norme impongono al datore di lavoro l’obbligo di impedire che esse siano effettuate in solitudine, per tutte le altre attività ragioni essenzialmente di tipo economico fanno sì che invece i lavoratori svolgano le loro mansioni senza la presenza di colleghi.
Anche in questi casi, però, la tutela della loro incolumità dovrebbe indurre i datori di lavoro ad adottare una serie di misure tali da ridurre i rischi. Prima di accennarne, riteniamo però opportuno che, nell’ambito delle analisi che porteranno alla stesura del DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi) siano effettuate delle valutazioni specifiche riferite alle posizioni di lavoro in solitudine ed in particolare per accertare i seguenti aspetti riferiti:
-
a) al lavoratore ed alle mansioni da lui svolte:
– per quanto tempo rimane da solo;
– se è in grado di compiere tutti i propri compiti in solitudine (ha paura di lavorare in luoghi solitari? è capace di affrontare situazioni d’emergenza? è in grado di eseguire esattamente le istruzioni ricevute? ha particolari patologie che possano limitare le sue capacità di intrervento o determinare situazioni di emergenza? ha forme di dipendenza da alcol, droghe o medicamenti?)
– se è istruito adeguatamente sui pericoli cui è esposto e le misure di sicurezza da adottare (come utilizzare macchine, attrezzature ed impianti; come operare in modo isolato; che tipo di collegamenti da tenere; quali comportamenti da tenere in caso di situazioni eccezionali o di emergenza; come utilizzare i dispositivi di segnalazione di pericolo).
Si ritiene, in ogni caso, che qualsiasi attività isolata non dovrebbe essere consentita quando esiste un pericolo di infortunio che richieda l’aiuto immediato di una seconda persona[10].
-
b) al posto di lavoro ed agli impianti ed attrezzature utilizzate:
– se il lavoratore “solitario” svolge la sua attività in locali chiusi a chiave, come può il servizio d’emergenza accedere alla struttura in caso di necessità od emergenza;
– se macchinari, attrezzature, impianti sono sicuri e possono essere utilizzati in solitudine;
– se vi è un incremento del rischio di violenza o aggressione quando i lavoratori sono da soli;
-
c) alla tipologia di impianti e attrezzature necessarie a migliorare la sicurezza:
– quali sistemi tecnologici possono consentire l’attivazione manuale e/o automatica di un allarme;
– se è necessario od opportuno dotare il lavoratore di un sistema di comunicazione vocale;
– se il sistema di comunicazione funziona adeguatamente in ogni situazione;
-
d) alle modalità organizzative necessarie a migliorare la sicurezza:
– se esistono (e sono applicate) procedure per un contatto regolare con le persone che lavorano da sole.
Quali sono dunque le misure che il datore di lavoro dovrebbe porre in essere? Le principali sono:
– attività di formazione: centrate sul far comprendere esattamente al lavoratore l’importanza di svolgere le proprie mansioni con un’attenzione particolare non solo al rispetto delle norme di sicurezza (safety) specificamente applicabili, ma anche al rispetto di quelle ulteriori procedure e normative relative ai comportamenti da tenere quando si lavora in solitario ed orientate a sviluppare consapevolezza nell’autonomia, anche come fattore di riduzione dello stress/panico nelle situazioni non ordinarie;
– procedure e normative specifiche: finalizzate proprio ad indicare i comportamenti da tenere in caso di situazioni che possono determinare un incremento dei rischi, dalle momentanee interruzioni dal lavoro per necessità fisiologiche, all’eventuale richiesta di accesso alla postazione lavorativa di persone estranee (security);
– accertamenti sanitari periodici specifici: se il lavoratore “solitario” svolge le proprie mansioni in turno notturno (senza peraltro focalizzarsi troppo sulla definizione di legge, per la quale consiste in un “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”), il 1° comma dell’art. 14 del D.Lgs. 66/2003[11] prevede l’obbligo per il datore di lavoro di fare effettuare accertamenti sanitari periodici specificamente rivolti a accertare, con cadenza almeno biennale, l’idoneità psicofisica del lavoratore a svolgere mansioni in turno notturno. In via generale, inoltre, l’art. 28 del D.Lgs. 81/2008[12] impone anche, in tutti i casi, l’effettuazione di accertamenti sanitari periodici volti ad accertare l’idoneità psicofisica del lavoratore per quel che concerne l’eventuale esistenza di rischi di stress lavoro-correlato.
– mezzi di comunicazione: il datore di lavoro dovrebbe dotare i lavoratori “solitari” di strumenti (telefoni cellulari, avvisatori salvavita, cercapersone e simili) che gli consentano, in caso di emergenza, di contattare con estrema semplicità chi possa intervenire rapidamente per fornire assistenza[13];
– strumenti di controllo a distanza: l’argomento, pur essendo particolarmente delicato sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori e sotto quello della tutela della privacy, non deve però impedire che si possa far uso di tutti gli strumenti di controllo a distanza (telecamere, webcam, ecc., sistemi a dialogo, sensori di movimento/posizione ecc.) per la tutela dell’incolumità del lavoratore “solitario”: sia il 2° comma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori[14] sia il 4° comma dell’art. 26 del Codice della privacy[15] consentono al datore di lavoro di installare ed utilizzare legittimamente tali impianti, purchè, nel primo caso, “siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro”, e vi sia un preventivo accordo sindacale (o, in difetto, un’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro) che ne disciplini le condizioni di utilizzazione e, nel secondo, vi sia l’autorizzazione preventiva dell’Autorità Garante della privacy. Certo, nel primo caso è possibile che i rappresentanti sindacali chiedano che le informazioni ottenute con questi sistemi di controllo a distanza, nel caso abbiano fatto riscontrare dei comportamenti od atti del lavoratore disciplinarmente rilevanti, non siano utilizzabili ai fini di eventuali contestazioni disciplinari. Starà alla normale dialettica negoziale valutare se accogliere o meno tale richiesta;
– controlli da parte di altre persone: se non vi sono grossi problemi affinché il datore di lavoro possa organizzare verifiche periodiche od occasionali mediante intervento diretto da parte di altri lavoratori suoi dipendenti, sembra molto problematica la possibilità di ricorrere all’intervento di terzi, come ad esempio guardie giurate dipendenti da società di vigilanza, in quanto l’interpretazione letterale dell’art. 2 dello Statuto dei lavoratori[16], che limita il loro impiego soltanto per “scopi di tutela del patrimonio aziendale”, inibendo loro addirittura l’accesso ai locali di lavoro, porta a ritenere tale intervento del tutto illegittimo, non consentendo deroghe neppure con accordo sindacale o con autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro;
– misure di riduzione dei rischi: possono essere di tipo tecnologico od organizzativo. Un esempio di quelli di tipo tecnologico sono i cosiddetti dispositivi vigilanti, detti anche attivatori-risponditori o dispositivi a “uomopresente”, che possono consistere sia in un congegno (pulsante, pedale, tasto) che il lavoratore deve attivare periodicamente o su richiesta sia in sistemi collegati al costante mantenimento di una postura da parte del lavoratore. Qualora ciò non accada, si attivano automaticamente dei sistemi di allarme. Un classico esempio sono i sistemi VACMA/ SCMT utilizzati da Trenitalia, la cui introduzione fu però assai contestata da alcuni sindacati italiani con la motivazione formale dello stress causato al macchinista obbligato a esercitare ripetitivamente una pressione sul pedale, ma con quella più concreta che il sistema fosse solo un pretesto per ridurre il numero di macchinisti in cabina da due ad uno soltanto. Va doverosamente evidenziato che tutti questi sistemi, pur efficaci in se stessi, presentano dei limiti dovuti :
– all’eventuale perdita di coscienza da parte dell’infortunato in caso di sistemi ad azionamento manuale;
– al tipo di mansione, per cui ad esempio i sensori di postura non sono sempre adatti:
– alla periodicità con cui vengono effettuate dai controllori le chiamate dall’esterno al lavoratore in solitudine nei sistemi a dialogo.
Esempi invece di misure di tipo organizzativo, applicabili in tutti quegli esercizi commerciali dove, in particolari orari, operano lavoratori “solitari” con compiti di maneggio denaro, consistono nella riduzione degli importi presenti nelle casse, con periodici versamenti di denaro in cassaforti ad apertura vincolata o in casse continue alimentate da posta pneumatica oppure in sistemi di videosorveglianza degli accessi che utilizzino sistemi di ripresa ad alta definizione accessibili dal lavoratore “solitario” e sistemi di registrazione in locali distanti da quello sorvegliato. Anche in questo caso, però occorrerà fare attenzione al rispetto delle prescrizioni previste dal già citato D.Lgs. 196/2003 sulla tutela della privacy.
– misure di intervento in caso di necessità od emergenza: il datore di lavoro dovrà anche predisporre tutte le necessarie misure che consentano di intervenire tempestivamente in caso di richiesta da parte del lavoratore “solitario” o di attivazione dei sistemi di allarme. Tali misure vanno dalla predisposizione di procedure di organizzazione dell’intervento di soccorso[17] (medico-sanitario, dei vigili del fuoco, delle forze dell’ordine, del personale del datore di lavoro) alla predisposizione di sistemi di comunicazione (linee telefoniche dedicate, collegamenti radio) e di allarme che consentano di attivare rapidamente tali interventi, alla concreta organizzazione ed effettuazione dell’intervento di soccorso, che rappresenta uno dei punti più critici nel caso di lavoro solitario, in quanto vi possono essere difficoltà, da parte del lavoratore infortunato, di chiedere soccorso all’esterno del luogo di lavoro e da parte dei soccorritori, se e quando allertati, di raggiungere l’infortunato o, se il lavoro in solitudine si svolge di notte, di accedere all’interno del luogo dove è necessario l’intervento.
Note conclusive
Come abbiamo avuto modo di accennare, il lavoro in solitudine presenta rischi specifici che vanno senz’altro monitorati, inducendo i datori di lavoro ad adottare, come recita l’art. 2 del D.Lgs. 81/2008, “tutte le misure necessarie, secondo la particolarita’ del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali” nel rispetto della salute e dell’integrita’ del lavoratore “solitario”.
Il recente, gravissimo incidente ferroviario accaduto in Spagna a fine luglio 2013, che vede protagonista un tipico lavoratore “solitario”, il macchinista, ci fa purtroppo capire come le misure adottate possono ridurre i rischi, ma non certo evitarli in toto.
Sarebbe auspicabile, a nostro modo di vedere, un intervento legislativo che, integrando il D.Lgs. 81/2008, vada a colmare quella che riteniamo una lacuna nell’apparato normativo posto a tutela dei lavoratori.
Avv. Vincenzo Meleca
[1] Nel caso di trasporti aeronavali, è assai raro che i piloti lavorino in solitudine
[2] Codice Civile Articolo 2087-Tutela delle condizioni di lavoro: “1. L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”
[3] Decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, Articolo 5 – Misure generali di tutela: “1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza; (omissis)”
[4] D.Lgs. 81/2008 Art.66 – Lavori in ambienti sospetti di inquinamento: “1. E’ vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrita’ fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosita’ dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.”
[5] D.Lgs. 81/2008, art. 113 – Scale, comma 8: “Per l’uso delle scale portatili composte di due o piu’ elementi innestati (tipo all’italiana o simili)….si devono osservare le seguenti disposizioni: (omissis) d) durante l’esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza della scala”.
[6] D.Lgs. 81/2008, art.119-Pozzi, scavi e cunicoli, comma 7: “Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza all’esterno e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.”
[7] D.Lgs. 81/2008, art 121-Presenza di gas negli scavi, comma 2 “Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilita’ dell’aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all’interno ed essere in grado di sollevare prontamente all’esterno il lavoratore colpito dai gas”. e comma 5 “Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell’esecuzione dei lavori.”
[8] Tribunale Ravenna 28 giugno 2011, che ha rilevato come, in caso di infortunio, la responsabilità del datore di lavoro non può essere esclusa da eventuali comportamenti colposi concorrenti del lavoratore perché spetta al datore di lavoro, che è garante dell’integrità fisica e dell’incolumità dei lavoratori, evitare anche le conseguenze degli errori dovuti alla loro inesperienza, negligenza, eccessiva sicurezza o disattenzione. Si fa eccezione a tale regola – in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione causale – unicamente in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore, che può verificarsi solo a fronte di condotte abnormi, imprevedibili ed eccezionali dello stesso. Nel caso di specie, il lavoratore aveva commesso un tragico errore, svolgendo in solitudine un lavoro per il quale non aveva ricevuto un’adeguata formazione e preparazione, sottovalutando per eccesso di sicurezza il rischio cui si esponeva. Conforme Cassazione penale sez. IV, 10 novembre 2009 n. 7267, in Guida al diritto 2010, 12, 103.
[9] Cassazione penale sez. IV, 3 ottobre 2000 n. 12775, in Riv. pen. 2001, 165. Nel caso in esame, si trattava di un lavoratore addetto alla conduzione di mezzi di autotrasporto.
[10] Ad esempio nei seguenti casi che richiedono la sorveglianza continua da parte di una seconda persona: lavori a installazioni elettriche sotto tensione; lavori con sorgenti radioattive fuori dei locali di irradiazione; lavori nelle camere di combustione, in camini di fabbrica e canale di raccordo; lavori in recipienti e in ambienti ristretti; lavori in pozzi, fosse e canalizzazioni; l’entrata in sili; lavori di demolizione edifici; lavori in aria compressa e lavori da sommozzatore;
lavori su binari ferroviari. E’ inoltre opportuno che vi sia anche soltanto un contatto visivo o vocale in altri casi, quali, ad esempio: i lavori forestali con rischi particolari, (lavori con la motosega, su terreni ripidi, d’esbosco, salire su alberi); i lavori a sistemi tecnici in esercizio particolare, per es. registrazione, riparazione di guasti, lavori di manutenzione; i lavori che costituiscono un rischio per i lavoratori di essere afferrati da elementi e utensili rotanti;– i lavori in corrispondenza di zone pericolose normalmente inaccessibili e perciò non protette.
[11] D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66, Art. 14 – Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno: “1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’ articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 , e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi.”
[12] D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, Art.28 – Oggetto della valutazione dei rischi: “1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonche’ nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonche’ quelli connessi alle differenze di genere, all’eta’, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma 8, lettera mquater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.”
[13] Può apparire banale, ma è invece importante che l’installazione di tali sistemi di comuinicazione debba essere effettuata avendo cura di verificare preventivamente che strutture architettoniche non impediscano la trasmissione wireless.
[14] Legge 20 maggio 1970 n. 300, Art. 4 – Impianti audiovisivi: “1. È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. 2: Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti. “
[15] D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196, Art.26 – Garanzie per i dati sensibili: “1. I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, nell’osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal presente codice, nonché dalla legge e dai regolamenti. 2. Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di autorizzazione entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto. Con il provvedimento di autorizzazione, ovvero successivamente, anche sulla base di eventuali verifiche, il Garante può prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell’interessato, che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare. 3. (omissis). 4. I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento anche senza consenso, previa autorizzazione del Garante: a)-c); omissis; d) quando è necessario per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria per la gestione del rapporto di lavoro, anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro e della popolazione e di previdenza e assistenza, nei limiti previsti dall’autorizzazione e ferme restando le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo.”
[16] Legge 20 maggio 1970 n. 300, Art. 2 – Guardie giurate: “1. Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. 2.Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale. 3. È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull’attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma. 4. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l’Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.”
[17] Un esempio di procedura a favore di lavoratori “solitari” è quella predisposta dalla ULSS di Legnago consultabile su http://www.aulsslegnago.it/prev_e_protezione/2011/Istruzioni%20Operative/IO%2017%20Attivit%C3%A0%20svolta%20senza%20%20sorveglianza%20o%20presenza%20ravvi..pdf)