Festività infrasettimanali – Obbligo della prestazione o diritto all’astensione? La parola alla giurisprudenza | ADLABOR | ISPER HR Review
La disciplina delle festività è contenuta nella L. n. 260 del 1949 – in parte novellata dalla L. n. 90 del 1954- che dichiara giorni festivi determinate ricorrenze religiose e civili. In particolare gli articoli 1, 2 e 3 della L. 260/1949 considerano festività – nazionali e religiose- le seguenti giornate:
- il primo giorno dell’anno;
- il 6 gennaio, giorno dell’Epifania (vedi di seguito);
- il 25 aprile, anniversario della liberazione;
- il giorno di lunedì dopo Pasqua;
- il 1° maggio, festa del lavoro;
- il 2 giugno, festa della Repubblica (vedi di seguito);
- il 15 agosto, giorno dell’Assunzione della B.V. Maria;
- il 1° novembre, giorno di Ognissanti;
- l’8 dicembre, giorno della festa dell’Immacolata Concezione;
- il 25 dicembre, giorno di Natale;
- il 26 dicembre, festività di Santo Stefano.
L’art. 5 della L. 260/1949 afferma che, in tali specifiche giornate, i lavoratori hanno diritto ad astenersi dal lavoro conservando la retribuzione piena e, in aggiunta a questa, una retribuzione maggiorata per il lavoro eventualmente prestato in tali ricorrenze.
Dalla norma citata, che non vieta quindi al datore di lavoro di richiedere ai propri dipendenti la prestazione di lavoro nelle giornate festive infrasettimanali, emerge la sussistenza di un diritto soggettivo del lavoratore ad astenersi dal lavoro durante le festività infrasettimanali. Tuttavia trattandosi di un diritto disponibile, il lavoratore, nell’esercizio della propria autonomia individuale, può anche decidere di lavorare in tali giornate.
Infatti, le festività infrasettimanali, a differenza del riposo settimanale e delle ferie, non sono oggetto di tutela costituzionale (art. 36, comma 3) non investendo il diritto alla salute, tramite il ripristino delle energie psico-fisiche del lavoratore, bensì l’esigenza di consentire la celebrazione comunitaria di ricorrenze civili o religiose.
Ma in presenza di quali condizioni e con quali accorgimenti è possibile pretendere lo svolgimento dell’attività lavorativa durante i giorni di festività?
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha reso nel tempo una serie di pronunce sull’argomento che valutate unitariamente forniscono un quadro abbastanza chiaro del regime delle festività infrasettimanali.
La prima delle pronunce che vale la pena analizzare è la sentenza della Corte di Cassazione n. 16592 del 7 agosto 2015, secondo cui: “Ai lavoratori deve essere riconosciuto il diritto soggettivo, derogabile solo per accordo tra le parti, di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, non potendosi applicare in via analogica la normativa relativa al riposo settimanale”.
In particolare la Suprema Corte con tale pronuncia ha confermato il suo consolidato orientamento secondo cui il datore di lavoro non può pretendere lo svolgimento della prestazione di lavoro da parte del lavoratore nelle festività infrasettimanali senza aver preventivamente stipulato con lo stesso un accordo individuale.
Ma circa il diritto soggettivo ex L. 260/1949 di astenersi dal lavoro durante le festività infrasettimanali, la giurisprudenza ha anche affermato che non costituisce un diritto disponibile a livello collettivo.
Da ciò deriva la nullità delle clausole della contrattazione collettiva che dovessero prevedere come obbligatoria la prestazione lavorativa durante i giorni di festività infrasettimanale, salvo che gli accordi sindacali suddetti siano stati stipulati da OO.SS. cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato, non potendo le organizzazioni sindacali derogare in senso peggiorativo ad un diritto del singolo lavoratore.
In particolare la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15 luglio 2019, n. 18887 ha stabilito che: “La normativa in tema di festività infrasettimanali (legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954) è completa ed autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal prestare la propria attività lavorativa in occasione di determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose, con la conseguenza che il predetto diritto non può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di un accordo tra il datore di lavoro e lavoratore o di accordi sindacali stipulati da oo.ss. cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato”.
Recentemente la Suprema Corte, con la sentenza n. 8958 del 31 marzo 2021 si è nuovamente pronunciata sull’argomento del lavoro nelle festività infrasettimanali, affermando il principio per cui “La rinuncia al diritto all’astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali (di cui all’art. 2 della legge n. 260 del 1949) può essere anche validamente inserita come clausola del contratto individuale di lavoro“.
Posto quindi che il lavoratore ha la facoltà di rinunciare al diritto di non prestare attività lavorativa nelle festività infrasettimanali, secondo la sentenza n. 8958/2021 tale rinuncia può essere inserita come clausola nel contratto di assunzione, a condizione però che l’oggetto di tale accordo sia chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla L. 260/1949 ed il potere del datore di richiedere la prestazione in tali giornate sia esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.
In realtà, le motivazioni della Suprema Corte con cui è stata cassata la decisione del giudice di secondo grado, perlomeno nel caso specifico, lasciano più di qualche perplessità.
Infatti, nel caso di specie, la Corte d’Appello di Trento aveva confermato l’annullamento delle sanzioni disciplinari irrogate a tre commesse per essersi astenute dal lavoro durante alcune festività nazionali infrasettimanali, sebbene all’atto dell’assunzione avessero sottoscritto la seguente clausola: “si conviene che, qualora richiesto, lei sarà chiamata a prestare attività lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge“.
Tale clausola infatti era stata ritenuta nulla dalla Corte d’Appello in considerazione:
- della sua indeterminatezza, non precisando le festività cui si riferiva;
- della mancata previsione di un corrispettivo;
- della posizione di debolezza rivestita dalla lavoratrice al momento della sottoscrizione (ossia alla data di assunzione o di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato);
- della piena quanto unilaterale discrezionalità del datore di lavoro, non precisando le modalità del preavviso al fine di permettere alla lavoratrice la programmazione del tempo libero.
Sebbene la Cassazione abbia rigettato tale interpretazione del giudice di secondo grado, in luogo di una esegesi letterale della clausola contrattuale, gli indici di cui sopra andranno presi in considerazione nella stipula di accordi individuali finalizzati ad ottenere la disponibilità dei dipendenti a lavorare nei giorni infrasettimanali festivi, così da minimizzare il rischio di contenzioso.
Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 19 maggio 2021