Il diritto di precedenza nei contratti a termine: un aspetto controverso e la risposta della giurisprudenza | ADLABOR | ISPER HR Review
Il diritto di precedenza a favore dei lavoratori già assunti con un contratto a termine dal medesimo datore di lavoro è disciplinato dall’art. 24 del d.lgs. 81/2015 ed è un istituto al quale un’azienda deve prestare particolare attenzione, onde evitare rivendicazioni da parte dei lavoratori che hanno esercitato tale diritto.
Il comma 1 dell’art. 24 d.lgs. 81/2015 prevede che: “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”.
Il diritto di precedenza, con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato per mansioni già espletate durante il rapporto a termine, è esercitabile dal lavoratore allorquando, in esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso il medesimo datore di lavoro, vengono complessivamente superati i sei mesi di rapporto.
Ma, tralasciando termini e modalità a cui il lavoratore si deve attenere per esercitare il diritto di precedenza, occorre prestare attenzione al caso in cui il datore di lavoro trasforma a tempo indeterminato un preesistente rapporto di lavoro a termine con un lavoratore che esercita le stesse mansioni del lavoratore che ha esercitato il diritto di precedenza.
Circa l’operatività del diritto di precedenza del lavoratore rispetto a una trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto in essere, la Corte di Cassazione (Cass., 20 dicembre 1996,n.11442), sia pure riferendosi alla conversione in rapporto a tempo indeterminato di un contratto di formazione e lavoro e con riferimento ai lavoratori licenziati (art.15, co.6, della L. n.264/49), aveva sostenuto la tesi che il diritto di precedenza si riferisse all’ipotesi di costituzione di nuovi rapporti, distinguendo tra l’ipotesi di trasformazione o “conversione” del rapporto preesistente e quella di costituzione di un nuovo autonomo rapporto a tempo indeterminato.
Il principio scaturito da tale pronuncia è per analogia applicabile anche al diritto di precedenza di cui all’art. 24 d.lgs. 81/2015, in quanto la norma di riferimento parla di diritto di precedenza nelle assunzioni, mentre nel caso di rapporto di lavoro in corso (trasformato da contratto a termine in indeterminato) non c’è una nuova assunzione, ma soltanto una trasformazione.
Ed anche il Ministero del Lavoro, tramite la risposta ad interpello n. 2 del 2017, pur riferendosi al contratto di apprendistato, ha affermato che: “ … va esclusa la violazione dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 81/2015 atteso che ai fini dell’esercizio del diritto di precedenza rileva il momento dell’assunzione dell’apprendista, che si realizza con l’attivazione del contratto di apprendistato e non con la successiva fase di naturale prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione”.
Ciò per dire che il principio esposto dal Ministero per il caso dell’apprendistato è mutuabile alla trasformazione a tempo indeterminato del contratto a termine: ai fini del diritto di precedenza non rileva la trasformazione/prosecuzione di un rapporto già in essere, ma soltanto una nuova assunzione a tempo indeterminato.
La questione se il diritto di precedenza è applicabile anche alla stabilizzazione dei contratti a termine già in essere è stata recentemente affrontata dalla Corte di Appello di Milano.
Nel procedimento affrontato dalla Corte d’Appello milanese il lavoratore appellante propugnava la tesi secondo cui il diritto di precedenza riguarderebbe non solo le “nuove assunzioni”, ma anche le trasformazioni dei rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato che venivano equiparate a delle assunzioni.
Respingendo l’interpretazione fornita dal lavoratore, la Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 200 del 22 febbraio 2021, ha respinto le domande dei lavoratori che assumevano la violazione del diritto di precedenza anche per le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a termine già in essere, confermando l’orientamento adottato dalla medesima Corte d’Appello di Milano con la sentenza n.281 del 20 aprile 2020.
In particolare, entrambe le pronunce citate hanno affermato che: “la norma (l’art. 24 del d.lgs. 81/2015, n.d.r.) è chiara nel riconoscere il diritto di precedenza solamente nell’ipotesi in cui il datore di lavoro proceda ad una nuova assunzione a tempo indeterminato. Solamente in questo caso la scelta del datore di lavoro di procedere ad una nuova assunzione invece di accogliere la domanda di precedenza dell’ex lavoratore a termine, integra una violazione dell’art. 24 del d.lgs. n. 81/2015. Il datore di lavoro in tale ipotesi, infatti, ignorerebbe e violerebbe l’intento del legislatore di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari.
Tale violazione non si verificherebbe invece nel caso in cui il datore di lavoro abbia proceduto non ad una assunzione ex novo ma alla trasformazione di un rapporto di lavoro a termine. In questo caso il rapporto di lavoro già esiste e ciò che viene modificato è solo la durata.
L’intento dell’art. 24 d.lgs. n. 81/2015 è senz’altro quello di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari, offrendo loro una tutela particolare.
Tuttavia la norma limita eccezionalmente la sfera di libertà del datore di lavoro, per cui non può essere interpretata estensivamente”.
E la Corte d’Appello di Milano ha poi concluso affermando che: “La tesi degli appellanti, quindi, volta a considerare nell’ambito di operatività dell’art. 24 d.lgs. n. 81/2015 anche la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato è infondata”.
Appare infatti evidente come, in termini giuridici, le trasformazioni senza soluzione di continuità di contratti temporanei già in essere non costituiscano delle assunzioni, il che esclude l’applicabilità del diritto di precedenza qualora il datore di lavoro provveda a trasformare un contratto a termine in corso in un rapporto a tempo indeterminato, in quanto non si tratta di una assunzione, ma di trasformazione di un rapporto in essere.
Del resto, lo spirito della normativa sul diritto di precedenza è quello di garantire a chi ha già svolto una determinata mansione in un certo contesto aziendale, di essere richiamato a svolgere tale mansione quando l’azienda operi nuove assunzioni, ovverosia, incrementi l’organico esistente. Ma quando non vi è nessun incremento di organico, non si può pensare di garantire un posto di lavoro che, in concreto, non esiste proprio perché non vi è introduzione di nuova forza lavoro ma semplicemente la stabilizzazione di quella già in organico.
Ma vi è un ulteriore aspetto problematico a cui prestare attenzione nell’attuazione del diritto di precedenza ex art. 24 del d.lgs. 81/2015.
Infatti, ai fini dell’applicazione del comma 1 dell’articolo 24 del D.lgs. 81/2015, le mansioni svolte dal lavoratore nel corso del rapporto di lavoro a termine rilevano al fine di circoscrivere le occasioni di lavoro per le quali può essere rivendicato il diritto di precedenza.
Il parametro, adottato dalla disposizione citata al fine di delimitare l’ambito del diritto di precedenza, è più restrittivo di quello adottato dalle precedenti disposizioni che facevano riferimento alla medesima qualifica.
Peraltro, l’intenzione del legislatore di delimitare rigorosamente l’ambito del diritto di precedenza è confermata anche dal fatto che, mentre il comma 2 dell’articolo 19 del D.lgs. 81/2015 (relativo al limite massimo di durata di 24 mesi di un rapporto a termine) si riferisce alle “mansioni di pari livello e categoria”, il comma 1 dell’articolo 24 del medesimo D.lgs. si riferisce esclusivamente alle mansioni già espletate.
Questa circostanza induce ad affermare, sulla base del canone di interpretazione sistematica, che con il comma 1 dell’articolo 24 d.lgs. 81/2015, il legislatore abbia voluto limitare il diritto di precedenza alle nuove assunzioni che abbiano ad oggetto le stesse, identiche, mansioni già svolte dal lavoratore a termine, con esclusione, quindi, delle nuove assunzioni che abbiano ad oggetto mansioni soltanto “equivalenti”.
Ora, per mansioni devono intendersi i compiti che il lavoratore quotidianamente svolge, i quali determinano il suo posizionamento all’interno di una delle qualifiche stabilite dal contratto collettivo di lavoro.
Infatti, le mansioni possono essere ben diverse, o comunque svolte con un diverso grado di autonomia e responsabilità, addirittura nell’ambito di una medesima qualifica e/o profilo professionale previsto nel CCNL.
Esemplificando, se un dipendente ha espletato delle mansioni rientranti in un profilo professionale di quarto livello per più di sei mesi, l’assunzione a tempo indeterminato di un nuovo soggetto nel medesimo profilo professionale, ma di quinto livello, quindi con competenze e costi più limitati, non determina alcuna violazione del diritto di precedenza.
Sul punto si è espressa anche la giurisprudenza di merito, anche se in relazione ad una fattispecie parzialmente diversa, affermando che: “Il diritto di precedenza nelle assunzioni riguarda quei profili che sono corrispondenti a quelli rivestiti nel corso dello svolgimento del contratto a tempo determinato. In buona sostanza il diritto ad essere assunto con contratto a tempo indeterminato, dopo essere stato più volte assunto con contratto di lavoro a termine, non spetta al lavoratore in ogni caso, ma solo ove le nuove assunzioni concernano pari mansioni ed inquadramento, ossia condizioni coincidenti” (Corte d’Appello di Roma, sent. 29 maggio 2019, n. 2284).
Successivamente anche il Tribunale di Lodi con sentenza n. 44 del 22 luglio 2020 ha affermato che “l’inquadramento in livelli diversi ,come argomentato dalla resistente e condiviso dal Tribunale, di per sé ” comporta una intrinseca diversità delle mansioni, fra un …….. di 4° livello ed uno inquadrato al 5°, che non possono essere confrontate solo sotto il profilo “meccanico”, ma devono essere comparate anche sotto un profilo prettamente “qualitativo”.
Il principio che se ne ricava è quindi che le mansioni espletate e l’inquadramento vanno di pari passo e devono essere considerate un tutt’uno per operare la valutazione se un’assunzione rispetta il diritto di precedenza.
Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 7 aprile 2021