Licenziamento per giusta causa – Rilevanza del disvalore “ambientale” della condotta contestata | ADLABOR | ISPER HR Review
L’art. 2106 c.c. prevede che il provvedimento disciplinare è irrogabile se sussiste la giusta proporzione tra la condotta addebitata al lavoratore e la sanzione da comminare al dipendente contestato: in tema di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, è quindi sempre richiesta la proporzione tra fatto e sanzione.
Il principio di proporzionalità della sanzione irrogata riveste quindi un ruolo cardine per l’esercizio legittimo del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.
In particolare, in tema di licenziamento disciplinare, la verifica della proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto al fatto contestato va operata con riferimento alle circostanze del caso concreto, al fine di verificare la reale gravità dell’addebito sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo (Corte d’Appello di Milano 23 giugno 2020, n. 459).
E la giurisprudenza ha precisato che, ai fini della valutazione della proporzionalità del provvedimento espulsivo rispetto al fatto contestato, occorre valutare gli specifici elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie concreta, quali, ad esempio, la consistenza dei fatti contestati, l’assenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo nel prestatore, eventuali precedenti disciplinari a carico del lavoratore, nonché la sussistenza o meno di ricadute pregiudizievoli per il datore di lavoro.
Sotto un altro profilo l’art. 30, comma 3, legge n. 183/2010, prevede che “nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentativi (…)”.
Ciò sta a significare che, a prescindere dalle previsioni della contrattazione collettiva, i giudici non possono esimersi dal valutare la proporzionalità della sanzione per verificare l’idoneità delle specifiche condotte contestate a compromettere il vincolo fiduciario tipico del rapporto di lavoro subordinato.
Ma in tema di licenziamento disciplinare, ai fini della valutazione di proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione contestata, il giudice di merito deve esaminare la condotta del lavoratore, in riferimento agli obblighi di diligenza e fedeltà, anche alla luce del “disvalore ambientale” che la stessa assume quando, in virtu’ della posizione professionale rivestita, può assurgere, per gli altri dipendenti dell’impresa, a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli obblighi connessi al rapporto di lavoro subordinato.
Recentemente la Suprema Corte con l’ordinanza n. 25969 del 6 settembre 2023 ha ribadito il principio secondo cui, nella valutazione della proporzionalità di un licenziamento disciplinare, “tra i criteri soggettivi di valutazione della condotta oggetto di addebito ai fini della configurabilità di una giusta causa di recesso vi è anche il disvalore ambientale della condotta stessa, che si configura allorquando questa, per svariate ragioni (il ruolo del dipendente, la risonanza della vicenda, etc.), assurga, per gli altri dipendenti dell’impresa, a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli obblighi connessi al rapporto di lavoro”.
Occorrerà quindi per i datori di lavoro prestare particolare attenzione al momento di irrogare un provvedimento disciplinare espulsivo dovendo effettuare una attenta valutazione anche della posizione gerarchica ricoperta dal lavoratore, dall’eco “mediatico” dell’episodio contestato che costituiscono elementi che potrebbero rafforzare gli elementi a favore di un licenziamento.
Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 17 gennaio 2024.