Cambio a fine turno e passaggio di consegne tra lavoratori – Il datore di lavoro ha l’obbligo di remunerare il tempo impiegato? Le decisioni della giurisprudenza | ADLABOR | ISPER HR Review
Il lavoro su turni è una modalità di lavoro alquanto diffusa, determinata da esigenze produttive che impongono che l’attività venga effettuata a ciclo continuo (o quasi).
Basti pensare, storicamente, ad impianti e macchinari industriali attivi in modo continuo o a settori che devono garantire i servizi essenziali come quelli energetico, medico-sanitario o connessi ai trasporti di merci e passeggeri, presso i quali è pertanto necessario alternare i singoli lavoratori o intere squadre.
Recentemente, il lavoro su turni ha ampliato il suo tradizionale ambito di applicazione venendo utilizzato anche in settori non strettamente “essenziali”, per soddisfare le nuove esigenze della collettività nei settori, ad esempio, della ristorazione e della grande distribuzione organizzata.
Il lavoro a turni è disciplinato dal D.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dalla contrattazione collettiva cui la legge fa rinvio.
Il D.lgs. n. 66/2003 definisce come lavoro a turni “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane” e come lavoratore a turni “qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni”.
I sistemi di turnazione possono essere organizzati in maniera differente in base alle specifiche esigenze di produzione o offerta dei servizi aziendali che può arrivare ad essere svolta anche 24 ore su 24, grazie all’alternanza dei dipendenti.
Nel disciplinare il lavoro a turni alcuni contratti collettivi prevendono un’indennità di turno per compensare il lavoratore del particolare disagio subito nello svolgere la propria attività lavorativa a turni. Generalmente, l’indennità di turno consiste in una percentuale di maggiorazione della retribuzione oraria differenziata a seconda se il turno è collocato in ore diurne o notturne.
Nell’ambito del lavoro a turni, l’atto di “cambio/passaggio di consegne” fra lavoratori di due turni che si susseguono, consiste nella cessione di responsabilità tra due gruppi di lavoratori turnisti durante i cambi di turno.
La durata di questo processo può variare da pochi minuti a periodi di tempo più lunghi per ciascun cambio turno, a seconda della natura dell’attività lavorativa e delle condizioni tecniche da rispettare per la cessione della responsabilità connessa alla prestazione lavorativa.
La giurisprudenza del lavoro è quindi stata chiamata a decidere in ordine alle rivendicazioni di lavoratori turnisti, i quali ritenevano di avere diritto ad un compenso aggiuntivo, atto ad indennizzare il tempo loro occorrente per effettuare il cambio di consegne alla fine del turno di lavoro.
In particolare, i lavoratori in questione rivendicavano il pagamento a titolo di lavoro straordinario (o in via subordinata la concessione di riposi compensativi) del tempo necessario per il cambio turno, ritenendo che l’indennità forfettaria prevista dal CCNL applicabile (pari ad euro 25 mese) fosse sufficiente solo a coprire il disagio arrecato dall’ orario alternato e non il tempo impiegato per il passaggio di consegne/cambio turno.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17326 del 16 giugno 2023, respingeva tale ricostruzione ritenendo l’indennità prevista dal CCNL, al contrario, onnicomprensiva (e quindi compensativa di entrambi gli aspetti citati).
Secondo la Suprema Corte l’indennità forfettaria concessa dall’azienda andava a compensare sia il disagio del cambio turno – non essendo peraltro dimostrata la natura in sé disagevole di tale attività – sia il tempo necessario per effettuare il cambio turno/consegne, purché però questo fosse limitato a un’attività minimale, di pochi minuti.
In particolare la Corte di Cassazione ha affermato che: “Il cambio consegne a fine turno è un’attività di lavoro svolta mettendo a disposizione del datore le proprie energie operative per quanto necessario alla prestazione, non diversamente dai tempi necessari alla vestizione dunque, o si tratta di momenti assolutamente minimali di eccedenza dall’orario di turno, oppure i periodi destinati ad esso vanno remunerati ed entrano nel computo dell’orario secondo le modalità proprio del lavoro straordinario.
In tal senso non è illegittima la clausola della contrattazione collettiva che preveda un contenuto compenso unitario ed a forfait mensile per i disagi conseguenti al cambio consegne, intesi in termini di eccedenze marginali ed eventualmente anche variabili di orario, nell’ordine di pochi minuti, destinate a manifestarsi attraverso una minima sovrapposizione tra i turni, mentre, in caso di più ampio superamento dell’orario normale, attuato su richiesta o comunque con il consenso esplicito o implicito del datore di lavoro, è dovuto lo straordinario, o eventualmente il recupero orario compensativo e non è legittima una liquidazione con quelle modalità”.
Dalla pronuncia citata, e soprattutto dalla qualificazione del “cambio di consegne” come vera e propria attività lavorativa che ne fa la Cassazione, sembrerebbe emergere il principio per cui qualsiasi tempo di attesa dovrebbe essere indennizzato in qualche forma. D’altro canto, dalla sentenza n. 17326 del 16 giugno 2023 della Suprema Corte si ricava anche che il tempo impiegato nel passaggio delle consegne debba essere retribuito come lavoro straordinario/riposi compensativi ove imponga una dedizione prolungata da parte del lavoratore, nel caso ad esempio della mancanza di specifiche sovrapposizioni di turno.
Può quindi essere opportuno laddove si ricorra al lavoro su turni, onde evitare il proliferare del contenzioso, prevedere in mancanza di una previsione collettiva ad hoc, una specifica indennità forfettaria(ho altra forma compensativa) finalizzata a compensare il tempo occorrente, qualora il cambio turno non sia istantaneo, ma presupponga tempi più lunghi per perfezionare il cambio di consegne tra i lavoratori che si avvicendano nella prestazione.
Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 15 novembre 2023.