Indennità per il trasferimento del lavoratore: regime fiscale e contributivo | ADLABOR
Quando l’assunzione comporta il trasferimento del dipendente neoassunto nel comune ove è ubicata la nuova sede di lavoro o in comuni limitrofi, obbligando il lavoratore ad un cambio di residenza, l’azienda gli deve versare un’indennità di trasferimento? E quale regime fiscale e contributivo va applicato a tale emolumento?
La contrattazione collettiva e individuale può prevedere il diritto del lavoratore a percepire un trattamento economico indennitario (oltre che di rimborso delle spese sostenute), qualora il dipendente debba mutare la propria residenza a causa del trasferimento da una sede aziendale all’altra (es. si veda l’articolo 170 del CCNL Commercio).
Tale compenso è da intendersi come una sorta di concorso del datore di lavoro alle spese che il lavoratore deve sostenere per prendere servizio nella sede di nuova assegnazione ed è riconosciuto ad un lavoratore già assunto e successivamente assegnato, per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, ad una diversa sede.
Inoltre, il datore di lavoro può corrispondere un trattamento economico, che prende il nome di indennità di prima sistemazione, anche nel caso di spostamento del lavoratore dalla propria residenza alla sede di lavoro, in occasione dell’assunzione, dunque in concomitanza all’instaurazione del rapporto di lavoro.
In considerazione della loro funzione, questi trattamenti dovrebbero godere di un regime di esenzione fiscale e contributiva, seppure parziale.
Infatti, le indennità di trasferimento sembrerebbero escluse da tassazione e contribuzione nella misura del 50% (cfr. Art. 51, c.7 TUIR), con dei tetti annui di:
- € 1.549,37, in caso di trasferimento all’interno dei confini nazionali;
- € 4.648,11, in caso di trasferimento all’estero;
- € 6.197,48, nell’ipotesi in cui nello stesso anno il dipendente sia trasferito in Italia e successivamente all’estero o viceversa.
Tuttavia, se le indennità in questione, con riferimento allo stesso trasferimento, sono corrisposte per più anni, la disposizione si applica solo per le indennità corrisposte per il primo anno.
L’INPS, con Circolare del 26/7/1999, n.156, ha poi stabilito che l’esenzione del 50% dell’indennità di trasferimento si applica anche se il trasferimento è stato richiesto dal lavoratore.
Tuttavia, l’interpretazione dell’articolo 51 comma 7 del TUIR (” Le indennità di trasferimento, quelle di prima sistemazione e quelle equipollenti, non concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare per un importo complessivo annuo non superiore a lire 3 milioni (1.549,37 euro) per i trasferimenti all’interno del territorio nazionale e 9 milioni (4.648,11 euro) per quelli fuori dal territorio nazionale o a destinazione in quest’ultimo. Se le indennità in questione, con riferimento allo stesso trasferimento, sono corrisposte per più anni, la presente disposizione si applica solo per le indennità corrisposte per il primo anno. Le spese di viaggio, ivi comprese quelle dei familiari fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 13, e di trasporto delle cose, nonché le spese e gli oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell’avvenuto trasferimento della sede di lavoro, se rimborsate dal datore di lavoro e analiticamente documentate, non concorrono a formare il reddito anche se in caso di contemporanea erogazione delle suddette indennità”) fornita dall’agenzia delle Entrate, con la risoluzione 95/E del 23 aprile 2003, ha evidenziato la specificità del beneficio volto ad attenuare il disagio del dipendente trasferito presso una nuova sede aziendale, ma ha escluso che il beneficio si possa applicare anche ad una nuova assunzione.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il particolare regime fiscale previsto per le indennità di trasferimento, di prima sistemazione e per le spese di viaggio e trasporto sostenute dal lavoratore si applica soltanto nel caso di cambiamento della sede di lavoro contrattualmente stabilita in una diversa sede.
Non rileva, secondo l’Agenzia delle Entrate, che l’assunzione presso un altro datore di lavoro comporti il trasferimento del dipendente neoassunto nel Comune ove è ubicata la nuova sede di lavoro o in Comuni limitrofi, obbligandolo quindi a un cambio di residenza.
L’agevolazione tiene conto “delle reali esigenze dei lavoratori trasferiti e per evitare che fattispecie di tal genere vengano fatte confluire nell’ambito della disciplina delle trasferte”. Da tale assunto discende il principio per cui costituiscono indennità di trasferimento solo quelle corrisposte ai lavoratori che vengono trasferiti in una sede di lavoro diversa da quella individuata contrattualmente, e che devono pertanto sostenere delle spese o comunque affrontare disagi per il mutamento di destinazione della sede di lavoro. E tale condizione si verifica unicamente quando l’assegnazione non temporanea di una nuova sede di lavoro avvenga successivamente all’instaurazione del rapporto di lavoro.
Pertanto, nel caso in cui con l’assunzione il neo-dipendente debba mutare la propria residenza, l’eventuale indennità/rimborso spese riconosciutagli dal datore di lavoro, costituirebbe retribuzione a tutti gli effetti ed andrebbe pertanto assoggettata a contribuzione e tassazione ordinaria e non a quella agevolata.
A cura di Francesco Bedon