Potere di controllo | ADLABOR
Lo schema si propone di fornire una disamina delle caratteristiche essenziali del potere di controllo del datore di lavoro: le condizioni di legittimità per il suo esercizio, la facoltà di delega, i soggetti sottoposti e i limiti cui soggiace tale potere, così come previsti dalla L. 300/1970 e delineati dalla giurisprudenza.
Potere di controllo
Definizione
L. 300/1970, artt. 2-6 e 8) (D.Lgs. 196/2003 art. 114) |
Consiste nella possibilità per il datore di lavoro di verificare, nel rispetto dei limiti di legge, che il lavoratore subordinato rispetti gli obblighi di diligenza e fedeltà.
Il datore di lavoro può delegare il suo potere di controllo non solo a suoi collaboratori ma anche a terzi |
Datori di lavoro interessati | Tutti
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Possibilità di delega | Il datore di lavoro può delegare questo suo potere di controllo non solo a suoi collaboratori, alle cui disposizioni i lavoratori subordinati da essi gerarchicamente dipendenti, sono tenuti ad obbedire, ma anche, in taluni casi indicati dalla Legge, a terzi |
Lavoratori soggetti al potere di controllo | Tutti i lavoratori dipendenti dal datore di lavoro, a prescindere dalla categoria contrattuale di inquadramento.
Si ritiene lecito anche il controllo dei lavoratori somministrati e distaccati |
Limiti
(L. 300/1970 art. 2)
(L. 300/1970 art. 3)
(L. 300/1970 art. 4) |
I poteri di controllo sui lavoratori sono rigorosamente soggetti ad una serie di limitazioni:
– guardie particolari giurate: possono essere impiegate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale, mentre è loro espressamente vietato effettuare controlli sull’attività lavorativa dei lavoratori; – responsabili gerarchici: definiti dalla legge “personale di vigilanza”, hanno il diritto/dovere di controllare l’attività lavorativa dei lavoratori ad essi subordinati; – strumenti di controllo a distanza: espressamente vietato il loro uso; se questo è finalizzato soltanto al controllo dell’attività dei lavoratori. Consentito invece se il loro utilizzo è richiesto da esigenze tecniche, organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro. Se dal loro utilizzo può derivare la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, la legittimità è subordinata ad un accordo sindacale aziendale oppure ad un’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro; |
Note: un orientamento giurisprudenziale minoritario ha ritenuto legittimi l’installazione e l’utilizzo di apparecchiature di controllo a distanza senza accordo sindacale e senza autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro nel caso (Cass. 23 febbraio 2012 n. 2722). Contra: da ultimo, Cass. 1 ottobre 2012 n. 16622 | |
Giurisprudenza: Il divieto di controlli a distanza ex art. 4, della legge n. 300 del 1970, implica che i controlli difensivi posti in essere mediante sistema informatico di rilevamento delle telefonate ricadono nell’ambito dell’art. 4, comma 2, della legge n. 300 del 1970, e, fermo il rispetto delle garanzie procedurali previste, non possono impingere la sfera della prestazione lavorativa dei singoli lavoratori; qualora interferenze con quest’ultima vi siano, e non siano stati adottati dal datore di lavoro sistemi di filtraggio delle telefonate per non consentire, in ragione della previsione dell’art. 4, comma 1, di risalire all’identità del lavoratore, i relativi dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratore medesimo. (Cass. 1 ottobre 2012 n. 16622) | |
(L. 300/1970 art. 5)
(D.Lgs. 81/2008, art. 41) |
– accertamenti sanitari: sono legittimi soltanto quelli effettuati da strutture sanitarie pubbliche o, per quanti riguarda gli accertamenti sanitari preassuntivi e periodici, dal medico competente; |
Giurisprudenza: L’art. 5 l. n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori) che, con riferimento alla disciplina del potere di controllo del datore di lavoro nei confronti del lavoratore assente per malattia, impone l’obbligo di operare gli accertamenti esclusivamente attraverso medici del servizio pubblico, ha portata generale e si estende quindi a tutte le aziende. ( Cass. penale sez. III 9 dicembre 2004 n. 1728) | |
(L. 300/1970 art. 6) | – perquisizioni personali: sono legittime soltanto se:
– sono indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale; – sono eseguite all’uscita dei luoghi di lavoro; – sono salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore – avvengono con l’applicazione di sistemi di selezione automatica; – l’obbligo di sottoporsi ai controlli rigurda l’intera collettività dei lavoratori oppure gruppi di essi; – ipotesi e modalità di esecuzione debbono essere concordate con le rappresentanze sindacali aziendali oppure con autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. |
Giurisprudenza: Le limitazioni poste dall’art. 6 dello statuto dei lavoratori all’espletamento delle visite personali di controllo riguardano esclusivamente i controlli sulla persona del dipendente e le ispezioni degli accessori dell’abbigliamento che possono essere considerati diretta ed abituale pertinenza della persona del lavoratore. Per converso, risulta estranea all’ambito di applicazione di detta normativa la verifica dei contenitori che, sotto il duplice aspetto della funzione e delle dimensioni, non costituiscono un accessorio in senso stretto della persona e che possono essere utilizzati per l’asportazione, ancorché lecita, di oggetti dall’ambiente di lavoro. (Trib. Alba 30 aprile 2009 e Consiglio Stato sez. VI 10 ottobre 2002, n. 5439) | |
(L. 300/1970 art. 8)
(L. 300/1970 art. 8) |
– indagini sulle opinioni: tassativamente vietate, anche se effettuate a mezzo terzi
– indagini su fatti non attinenti l’attitudine professionale del lavoratore: tassativamente vietate, anche se effettuate a mezzo terzi |
Note: Non è ben chiaro cosa si intenda esattamente per “attitudini professionali”. Se nell’ambito delle fasi preassuntive di selezione del personale o in costanza di rapporto le attitudini professionali consistono nelle competenze tecniche e professionali del settore specifico (“hard skills”, nonchè nelle capacità personali di comunicare e relazionarsi (“soft Skills”), ai fini dei controlli si ritiene che le attitudini professionali consistano invece in comportamenti, atti e fatti posti in essere dal lavoratore in possibilie violazione di suoi obblighi di diligenza e fedeltà
Con il termine “terzi” ci si riferisce comunemente agli investigatori privati, anche se sono “terzi” anche i sanitari dipendenti di strutture sanitarie pubbliche ai quali vengono affidati i controlli sulle stato di salute del lavoratore. |
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Giurisprudenza: Le norme poste dagli art. 2 e 3 l. 20 maggio 1970 n. 300 a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitando la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi, con specifiche attribuzioni nell’ambito dell’azienda (rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria a tutela del patrimonio aziendale e di controllo della prestazione lavorativa) non escludono il potere dell’imprenditore di controllare non solo direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica, ma anche con dipendenti di un’agenzia investigativa l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, già commesse o in corso di esecuzione. E ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può legittimamente avvenire anche occultamente. (Cass 18 novembre 2010 n. 23303) |