01 Settembre 2011

Novità sulla contrattazione collettiva aziendale – un primo commento

L”art. 8 del D.L. 13 agosto 2011 (c.d. Manovra Finanziaria), se sarà confermato in sede di approvazione (la relativa legge dovrà essere emanata entro 60 giorni dalla pubblicazione) comporterà una vera e propria svolta nel diritto sindacale italiano. La norma stabilisce che il contratto collettivo aziendale potrà disciplinare tutti gli aspetti dell”organizzazione aziendale, esplicitando una serie di ambiti dipossibile intervento: alcuni già oggi oggetto di numerosi accordi aziendali (è il caso degli impianti audiovisivi e dell”orario di lavoro), ma altri normalmente oggetto di contrattazione a livello nazionale (classificazione e inquadramentodelpersonale, contratti flessibili come quelli a termine e part-time, regime della solidarietà negli appalti, casidi ricorsoallasomministrazionedilavoro, disciplina delle collaborazionicoordinatee continuative a progetto e non e, financo, leconseguenzedelrecesso dalrapportodilavoro,fattaeccezioneper illicenziamento discriminatorio e quello della lavoratrice inconcomitanza del matrimonio).

Rapporto tra contratto aziendale e nazionale: quale prevale?

In realtà, nulla si dice sul rapporto tra contratti collettivi di diverso livello: il decreto, infatti, non dice espressamente che gli accordi aziendali possono essere derogatori rispetto al contratto nazionale di categoria. Al riguardo, quindi, ci si deve fondare sulle indicazioni che la giurisprudenza ha fornito sino ad oggi. La Cassazione sembra essersi attestata sulla posizione per cui ”nell”ambito dei rapporti tra contratti collettivi di diritto comune, è ammissibile la deroga anche in senso peggiorativo delle previsioni contenute nel contratto collettivo nazionale da parte di un contratto collettivo di livello aziendale successivo cronologicamente, con il solo limite dei diritti quesiti” (così Cass. 11 luglio 2005 n. 14511; nello stesso senso cfr. Cass. 19 maggio 2003, n. 7847; Cass. 6 ottobre 2000, n. 13300; Cass. 3 aprile 1996, n. 3092; nella giurisprudenza di merito, v. ad esempio Trib. Lucca 29 agosto 2005, Not. Giur. Lav, 2005, 585; contra, però, Cass. 17 novembre 2003, n. 17377; Trib. Roma 21 febbraio 1990, Foro it, 1990, I, c. 2961). Del resto, in mancanza di una legge, valgono i principi generali del diritto comune, sicché non può dirsi invalido il contratto aziendale che si ponga in contrasto con quello nazionale (cfr. in questo senso Cass. 18 giugno 2003, n. 9784; C. App. Milano 4 marzo 2003, Riv. It. dir. lav., 2003, II, 511).

A chi si applica il contratto aziendale?

La manovra, però, interviene sull”altra annosa questione in tema di contrattazione aziendale, quella cioè relativa all”ambito di efficacia soggettiva del contratto collettivo. Ci si è sempre domandati: il contratto aziendale (e il problema si pone per quello peggiorativo rispetto al contratto nazionale) è applicabile a tutti i lavoratori, ivi compresi quelli non iscritti al sindacato? I lavoratori non iscritti, infatti, potrebbero avere l”interesse a sottrarsi all”applicazione di regole piè sfavorevoli introdotte dalla contrattazione di secondo livello.

La giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto fin ora che il contratto aziendale fosse applicabile erga omnes, anche laddove introducesse deroghe peggiorative rispetto al contratto nazionale (Cass. 28 maggio 2004, n. 10353; contra, un filone giurisprudenziale degli anni ”90, v. ad es. Cass. 4 maggio 1994, n. 4295). Tuttavia, l”applicazione generalizzata era esclusa qualora vi fosse un sindacato dissenziente (che non firmava il contratto aziendale), non potendosi applicare il contratto c.d. separato agli iscritti al sindacato non firmatario e ai non iscritti che non avessero a posteriori accettato l”accordo. Proprio attorno a questo problema è ruotata la vicenda Fiat, relativa agli impianti di Pomigliano e Mirafiori (ove sono stati stipulati accordi aziendali derogatori al contratto nazionale senza la firma della Fiom: da lì la creazione di una newco che non facesse applicazione del contratto nazionale metalmeccanici).

Una prima svolta è arrivata il 28 giugno 2011, allorquando Confinsustria, Cgil, Cisl e Uil hanno siglato un accordo (non retroattivo) in virtè del quale il contratto aziendale (anche peggiorativo di quello aziendale, ma nei limiti delle materie delegate dal contratto nazionale), anche se non sottoscritto da uno o piè dei sindacati firmatari dell”accordo interconfederale, è vincolante per tutti se, alternativamente: a) è stipulato dalla Rsu con il voto favorevole della maggioranza dei suoi membri; b) è stipulato da una o piè delle Rsa titolari della maggioranza delle deleghe in seno all”azienda. In quest”ultimo caso il contratto deve essere sottoposto a referendum abrogativo se lo chiede uno dei sindacati firmatari dell”accordo interconfederale ovvero il 30% dei lavoratori interessati (la maggioranza dei votanti può rendere il contratto privo di effetto). Nell”accordo si precisa altresì che l”eventuale clausola di tregua sindacale contenuta nell”accordo è vincolante per tutti.

Ora, interviene sulla questione l”art. 8, terzo comma della manovra prevede che ”le disposizioni contenutein contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell”accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia statoapprovato con votazione a maggioranza dei lavoratori”.

La formulazione della norma lascia un po” perplessi, poiché piè che dettare una regolamentazione per il futuro sugli accordi aziendali, rivolge lo sguardo al passato (e tra le righe agli accordi Fiat). Il futuro sembra portare verso una valorizzazione della contrattazione aziendale e decentrata in genere, il che deve essere registrato con favore, stante la maggiore prossimità di tale livello di contrattazione ai problemi specifici delle imprese, inducendole a vedere nelle relazioni industriali un”opportunità e non un ostacolo. Tuttavia, non è chiaro se la regola dell”art. 8 possa trovare applicazione anche per gli accordi conclusi dopo l”Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 oppure no. Stando al solo Accordo Interconfederale i problemi non paiono risolti. Esso detta regole ben precise sulla contrattazione aziendale, anche in ordine alle materie su cui è possibile la contrattazione in pejus, ma esse sono di dubbia efficacia vincolante. Infatti, si tratta di clausole obbligatorie, che vincolano le Associazioni sindacali firmatarie dell”accordo e non già i singoli datori di lavoro; senz”altro, poi, non i datori di lavoro non iscritti a Confindustria. Diverso, sarebbe invece dire che le regole sono quelle dell”art. 8 della Manovra, con applicazione generalizzata del principio di maggioranza e possibilità di contrattazione aziendale (si deve ritenere anche derogatoria) su pressoché ogni aspetto del rapporto di lavoro e dell”organizzazione aziendale. Ma stando all”attuale formulazione, probabilmente, ciò sembra difficilmente possibile. Aspettiamo il testo definitivo per trarre delle conclusioni.

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