Interpretazioni

07 Dicembre 2011 - Interpretazioni

Nuovo sistema pensionistico

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato sul proprio sito internet una scheda di sintesi sulle nuove pensioni, come previste dal decreto legge n. 201/2011 (c.d. Monti). Il documento è consultabile su: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/ADE70918-C5DE-4E5F-A6CF-A68D03BF1CFF/0/LeNuovePensioni.pdf

02 Novembre 2011 - Interpretazioni

Apprendistato nel settore commercio e servizi

Il Ministero del lavoro, con risposta a interpello 26.10.2011, n. 40, fornisce un'interpretazione alquanto estensiva dei nuovi limiti di durata del contratto di apprendistato professionalizzante, disciplinati dal recente Testo Unico (D.Lgs. n. 167/2011).

Ricordando che la nuova normativa era stata approvata con l'accordo di tutte le parti sociali, salvo le organizzazioni datoriali del commercio (per il fatto che non era stato estesa a tale settore la possibilità di prevedere una durata massima del contratto di apprendistato professionalizzante di 5 anni, come invece riconosciuta al settore artigiano), il Ministero ha risposto considerando possibile l'attivazione di contratti di apprendistato per periodi formativi massimi di 5 anni nel settore commercio, subordinando però tale interpretazione estensiva delle norme di legge all'individuazione da parte della contrattazione collettiva di riferimento di specifiche figure professionali.

Secondo il Ministero, molte piccole attività commerciali, presenti in particolare in luoghi turistici, svolgono attività produttive con impiego di personale con particolari competenzeprofessionali assimilabili e contrattualmente sovrapponibili a quelli delle figure artigiane.

Ricordando che il Testo Unico sull'apprendistato distingue tra la durata del rapporto di apprendistato (che è un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) e quella del periodo di formazione, soltanto al termine del quale vi è la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto senza particolari motivazioni né formalità, salvo la forma scritta della comunicazione del recesso ed il rispetto dell'obbligo di preavviso, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. m) del Testo unico, riteniamo opportuno evidenziare che tale interpretazione appare molto estensiva ed è esposta a possibili problemi di tenuta legale.

Il testo della risposta ad interpello è integralmente consultabile sul sito: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/5E89B3C9-0CD0-43B1-9EE0-9EA43B167B14/0/402011.pdf

02 Novembre 2011 - Interpretazioni

Collocamento obbligatorio e regime delle compensazioni

Con la Circolare n. 27 del 24 ottobre 2011 il Ministero del lavoro fornisce alcuni chiarimenti in merito al collocamento obbligatorio e regime delle compensazioni, resi opportuni dalle recenti modifiche apportate alla materia dall'art. 9 del Decreto Legge n. 138 del13 agosto 2011 convertito nella Leggen. 148/2011.

La Circolare ribadisce alcuni punti-cardine del provvedimento di legge, ed in particolare, per le imprese multilocalizzate sul territorio nazionale:

- che gli obblighi di assunzione di categorie protette debbono essere adempiuti complessivamente a livello nazionale;

- che i datori di lavoro possono assumere presso un'unità produttiva piè lavoratori con diritto al collocamento obbligatorio di quanto previsto per quella singola unità, usando automaticamente le eccedenze per compensare il numero minore di assunti in altre unità. Pertanto, non è piè necessaria, l'autorizzazione preventiva da parte della DPL;

- che tale possibilità di compensazione territoriale e semplificazione amministrativa si estende anche alle imprese facenti parte di gruppi, sempre però limitatamente al territorio nazionale (a tale scopo, è utile ricordare che le imprese facenti parte di gruppi sono quelle identificabili in base all'art. 2359 del Codice civile e cioè le società controllate -cioè quelle in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtè di particolari vincoli contrattuali con essa-e le società collegate 'cioè quelle sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati- e, naturalmente, le società controllanti).

- che l'unico adempimento cui le imprese interessate sono tenute è l'invio online del Prospetto Informativo ai servizi regionali secondo le modalità già stabilite dal Decreto interministeriale del 2 novembre 2010 (consultabile su: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/1AAEB07B-FB9A-4624-9CF6-88E5A6FBCF2C/0/20101102_DI.pdf).

La circolare è integralmente consultabile sul sito: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/BEE60FCC-6970-4ED2-946E-EE16FB6F4915/0/20111024_Circolare.pdf

27 Ottobre 2011 - Interpretazioni

CIG ordinaria seguita da CIG straordinaria

L'Inps torna nuovamente sulla questione della valutazione della ripresa produttiva per le aziende che, dopo il ricorso alla cassa integrazione ordinaria (CIGO) intendono ricorrere alla cassa integrazione straordinaria (CIGS), fornendo anche chiarimenti sulle modalità di conteggio delle settimane

L'argomento era già stato affrontato dall'Istituto in due precedenti indicazioni operative (messaggi n. 6990 del 27.3.2009e n. 25623 del 12.10.2010

I chiarimenti forniti con il nuovo messaggio n. 19350 del 11.10.2011 sono così sintetizzabili:

- nel caso in cui una azienda abbia usufruito di 52 settimane consecutive di CIGO, seguite da 52 settimane di CIGS e intenda chiedere un ulteriore periodo di CIGO, l'Inps ritiene che l'anno di CIGS possa essere considerato al pari di una ripresa di attività lavorativa solo nel caso in cui non ci sia stata sospensione a zero ore, ma l'attività lavorativa sia comunque proseguita per 52 settimane, seppure ad orario ridotto (confermando così che le settimane di CIGO e di CIGS per il medesimo stabilimento non si sommano ai fini della determinazione del limite temporale ed assimilando la CIGS ad orario ridotto all'effettiva ripresa dell'attività;

- nel caso in cui la ditta abbia usufruito di 52 settimane di CIGS a zero ore l'Inps ritiene invece non ammissibile la richiesta di un nuovo periodo di CIG ordinaria prima che sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di attività lavorativa.

Il messaggio è consultabile sul sito www.adlabor.it in 'Interpretazioni/Cig/Successione Cigo a Cigs- Messaggio Inps n.19350/2011'

02 Settembre 2011 - Interpretazioni

Stage – le novità della manovra: primo commento

Quando si parla di stage, normalmente ci si riferisce ai ''tirocini formativi e di orientamento'', disciplinati dall''art. 18 L. 196/97 (c.d. pacchetto Treu) e dal relativo Decreto Ministeriale attuativo 25 marzo 1998 n. 142. Le menzionate norme hanno introdotto la possibilità di stage anche per coloro che hanno già assolto l''obbligo scolastico (tipicamente neolaureati e disoccupati), al fine di ''agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro''. Per lo stage (o tirocinio) è necessaria la previa attivazione da parte di specifici enti (es. agenzie per l''impiego, università, centri di formazione accreditati presso la Regione, ecc.), con i quali l''azienda deve stipulare una convenzione.

Il D.M. 142/98 prevede limiti quantitativi (aziende sino a 5 dipendenti 1 tirocinante, sino a 19 dipendenti 2 tirocinanti, da 20 dipendenti i tirocinanti non possono superare il 10% dei dipendenti).

Ci sono poi limiti di durata, che variavano a seconda della categoria di soggetti: a) 4 mesi per studenti della scuola secondaria; a scuola secondaria; b) 6 mesi lavoratori inoccupati o disoccupati; c) 6 mesi allievi degli istituti professionali di Stato, di corsi di formazione professionale o di formazione post-diploma o post laurea, anche nei diciotto mesi successivi al completamento della formazione; d) 12 mesi per gli studenti universitari (compresi dottorandi e coloro che frequentano scuole di alta formazione), anche nei diciotto mesi successivi al termine degli studi; e) 12 mesi nel caso in cui i soggetti beneficiari siano persone svantaggiate (ma 24 mesi per soggetti portatori di handicap).

Con il D.L. 13 agosto 2011 n. 138 (c.d. Manovra finanziaria) il Governo ha voluto modificare la disciplina dei tirocini formativi, sia riguardo ai requisiti dei soggetti ammessi allo stage sia limitando la durata del tirocinio con lo scopo di contrastare l''abuso dello stage, anche nei confronti di soggetti già dotati di specifiche competenze. In tal senso, l''art. 11 del predetto D.L. 13 agosto 2011 n. 138 ha previsto che ''tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento dei relativo titolo di studio''.La norma è già vigente, seppur in attesa di conversione che dovrà avvenire entro 60 giorni dal 13 agosto.

La nuova disciplina, però, non si applica ai soggetti c.d. svantaggiati: disabili, invalidi fisici e quelli psichici e sensoriali, i tossico dipendenti, i soggetti in trattamento psichiatrico, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione, per i quali valgono i limiti di cui alla D.M. 142/98

Inoltre, i nuovi limiti di durata non valgono per i tirocini formativi e di orientamento ''curriculari''.

In realtà, il nostro legislatore non ha mai fornito alcuna definizione di tirocinio curriculare. L''espressione ''curriculare'' pare riferirsi ai quei tirocini per i quali la nota del Ministero del Lavoro 14 gennaio 2007 aveva ritenuto non sussistente l''obbligo di comunicazione preventiva al Centro per l''impiego (che l''art. 1, comma 1180 L. 296/1997 aveva genericamente esteso a tutti i tirocini di formazione orientamento). Per effetto di quella nota, si dovrebbero definire ''curriculari'' (anche al fine di escludere l''applicazione della nuova disciplina) quei tirocini che ''sono promossi da soggetti ed istituzioni formative a favore dei propri studenti ed allievi frequentanti, per realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro'', nel rispetto delle seguenti condizioni:

- Promotori: università e istituti di istruzione universitaria abilitati al rilascio di titoli accademici, istituzioni scolastiche che rilascino titoli di studio aventi valore legale, centri di formazione professionale operanti in regime di convenzione con la regione o la provincia;

- Destinatari: studenti universitari, studenti di scuola secondaria superiore, allievi di istituti professionali e di corsi di formazione iscritti al corso di studio e di formazione nel cui ambito il tirocinio è promosso;

- Svolgimento all''interno del periodo di frequenza del corso di studi o del corso di formazione.

Di converso, sono ''non curriculari'', con conseguente obbligo di comunicazione preventiva al Centro per l''Impiego e applicazione dei nuovi limiti introdotti dalla manovra i tirocini promossi a favore di soggetti inoccupati o disoccupati, in assenza dei predetti corsi di studio e formazione.

In mancanza di un chiarimento del Ministero su cosa sia effettivamente curriculare e non curriculare, può capitare che gli Enti ''attivatori'' degli stage nonché i diversi ''Sportelli Stage'' ubicati nelle diverse Regioni (sono gli Enti offrono assistenza ai soggetti interessati per la realizzazione dei tirocini, favorendo l''incontro tra domanda e offerta) lascino in sospeso le richieste di attivazione.

01 Settembre 2011 - Interpretazioni

Novità sulla contrattazione collettiva aziendale – un primo commento

L''art. 8 del D.L. 13 agosto 2011 (c.d. Manovra Finanziaria), se sarà confermato in sede di approvazione (la relativa legge dovrà essere emanata entro 60 giorni dalla pubblicazione) comporterà una vera e propria svolta nel diritto sindacale italiano. La norma stabilisce che il contratto collettivo aziendale potrà disciplinare tutti gli aspetti dell''organizzazione aziendale, esplicitando una serie di ambiti dipossibile intervento: alcuni già oggi oggetto di numerosi accordi aziendali (è il caso degli impianti audiovisivi e dell''orario di lavoro), ma altri normalmente oggetto di contrattazione a livello nazionale (classificazione e inquadramentodelpersonale, contratti flessibili come quelli a termine e part-time, regime della solidarietà negli appalti, casidi ricorsoallasomministrazionedilavoro, disciplina delle collaborazionicoordinatee continuative a progetto e non e, financo, leconseguenzedelrecesso dalrapportodilavoro,fattaeccezioneper illicenziamento discriminatorio e quello della lavoratrice inconcomitanza del matrimonio).

Rapporto tra contratto aziendale e nazionale: quale prevale?

In realtà, nulla si dice sul rapporto tra contratti collettivi di diverso livello: il decreto, infatti, non dice espressamente che gli accordi aziendali possono essere derogatori rispetto al contratto nazionale di categoria. Al riguardo, quindi, ci si deve fondare sulle indicazioni che la giurisprudenza ha fornito sino ad oggi. La Cassazione sembra essersi attestata sulla posizione per cui ''nell''ambito dei rapporti tra contratti collettivi di diritto comune, è ammissibile la deroga anche in senso peggiorativo delle previsioni contenute nel contratto collettivo nazionale da parte di un contratto collettivo di livello aziendale successivo cronologicamente, con il solo limite dei diritti quesiti'' (così Cass. 11 luglio 2005 n. 14511; nello stesso senso cfr. Cass. 19 maggio 2003, n. 7847; Cass. 6 ottobre 2000, n. 13300; Cass. 3 aprile 1996, n. 3092; nella giurisprudenza di merito, v. ad esempio Trib. Lucca 29 agosto 2005, Not. Giur. Lav, 2005, 585; contra, però, Cass. 17 novembre 2003, n. 17377; Trib. Roma 21 febbraio 1990, Foro it, 1990, I, c. 2961). Del resto, in mancanza di una legge, valgono i principi generali del diritto comune, sicché non può dirsi invalido il contratto aziendale che si ponga in contrasto con quello nazionale (cfr. in questo senso Cass. 18 giugno 2003, n. 9784; C. App. Milano 4 marzo 2003, Riv. It. dir. lav., 2003, II, 511).

A chi si applica il contratto aziendale?

La manovra, però, interviene sull''altra annosa questione in tema di contrattazione aziendale, quella cioè relativa all''ambito di efficacia soggettiva del contratto collettivo. Ci si è sempre domandati: il contratto aziendale (e il problema si pone per quello peggiorativo rispetto al contratto nazionale) è applicabile a tutti i lavoratori, ivi compresi quelli non iscritti al sindacato? I lavoratori non iscritti, infatti, potrebbero avere l''interesse a sottrarsi all''applicazione di regole piè sfavorevoli introdotte dalla contrattazione di secondo livello.

La giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto fin ora che il contratto aziendale fosse applicabile erga omnes, anche laddove introducesse deroghe peggiorative rispetto al contratto nazionale (Cass. 28 maggio 2004, n. 10353; contra, un filone giurisprudenziale degli anni ''90, v. ad es. Cass. 4 maggio 1994, n. 4295). Tuttavia, l''applicazione generalizzata era esclusa qualora vi fosse un sindacato dissenziente (che non firmava il contratto aziendale), non potendosi applicare il contratto c.d. separato agli iscritti al sindacato non firmatario e ai non iscritti che non avessero a posteriori accettato l''accordo. Proprio attorno a questo problema è ruotata la vicenda Fiat, relativa agli impianti di Pomigliano e Mirafiori (ove sono stati stipulati accordi aziendali derogatori al contratto nazionale senza la firma della Fiom: da lì la creazione di una newco che non facesse applicazione del contratto nazionale metalmeccanici).

Una prima svolta è arrivata il 28 giugno 2011, allorquando Confinsustria, Cgil, Cisl e Uil hanno siglato un accordo (non retroattivo) in virtè del quale il contratto aziendale (anche peggiorativo di quello aziendale, ma nei limiti delle materie delegate dal contratto nazionale), anche se non sottoscritto da uno o piè dei sindacati firmatari dell''accordo interconfederale, è vincolante per tutti se, alternativamente: a) è stipulato dalla Rsu con il voto favorevole della maggioranza dei suoi membri; b) è stipulato da una o piè delle Rsa titolari della maggioranza delle deleghe in seno all''azienda. In quest''ultimo caso il contratto deve essere sottoposto a referendum abrogativo se lo chiede uno dei sindacati firmatari dell''accordo interconfederale ovvero il 30% dei lavoratori interessati (la maggioranza dei votanti può rendere il contratto privo di effetto). Nell''accordo si precisa altresì che l''eventuale clausola di tregua sindacale contenuta nell''accordo è vincolante per tutti.

Ora, interviene sulla questione l''art. 8, terzo comma della manovra prevede che ''le disposizioni contenutein contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell''accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia statoapprovato con votazione a maggioranza dei lavoratori''.

La formulazione della norma lascia un po'' perplessi, poiché piè che dettare una regolamentazione per il futuro sugli accordi aziendali, rivolge lo sguardo al passato (e tra le righe agli accordi Fiat). Il futuro sembra portare verso una valorizzazione della contrattazione aziendale e decentrata in genere, il che deve essere registrato con favore, stante la maggiore prossimità di tale livello di contrattazione ai problemi specifici delle imprese, inducendole a vedere nelle relazioni industriali un''opportunità e non un ostacolo. Tuttavia, non è chiaro se la regola dell''art. 8 possa trovare applicazione anche per gli accordi conclusi dopo l''Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 oppure no. Stando al solo Accordo Interconfederale i problemi non paiono risolti. Esso detta regole ben precise sulla contrattazione aziendale, anche in ordine alle materie su cui è possibile la contrattazione in pejus, ma esse sono di dubbia efficacia vincolante. Infatti, si tratta di clausole obbligatorie, che vincolano le Associazioni sindacali firmatarie dell''accordo e non già i singoli datori di lavoro; senz''altro, poi, non i datori di lavoro non iscritti a Confindustria. Diverso, sarebbe invece dire che le regole sono quelle dell''art. 8 della Manovra, con applicazione generalizzata del principio di maggioranza e possibilità di contrattazione aziendale (si deve ritenere anche derogatoria) su pressoché ogni aspetto del rapporto di lavoro e dell''organizzazione aziendale. Ma stando all''attuale formulazione, probabilmente, ciò sembra difficilmente possibile. Aspettiamo il testo definitivo per trarre delle conclusioni.

27 Luglio 2011 - Interpretazioni

Termini decadenziali per le impugnazioni di licenziamenti, contratti a termine e altre fattispecie previste dall’art. 32 L. 183/2010: il punto della situazione

Schematizziamo i principali nuovi termini decadenziali introdotti dall'art. 32 L. 183/2010 (c.d. collegato lavoro alla Finanziaria 2010), entrato in vigore dal 24 novembre 2010:

a) a) Licenziamenti (modificato art. 6 l. 604/66):

  • Impugnazione (atto scritto stragiudiziale) entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione (come già prima):
  • Proposizione del ricorso: 270 giorni dall'impugnazione (in alternativa al ricorso: richiesta di conciliazione o arbitrato e se questa è rifiutata dalla controparte, ricorso entro i 60 giorni successivi al rifiuto)

Decreto mille proroghe (D.L.225/2010 del 29 dicembre 2010, conv. con L. 26 febbraio 2011): ledisposizioni 'relative al termine di 60 giorni' si applicano a partire dal 31 dicembre 2011.

L'interpretazione piè plausibile ci pare la seguente: il termine di 60 giorni per l'impugnazione del licenziamento resta fermo (si applica il vecchio art. 6 l. 604/66); il termine di 270 giorni è già operativo (anche se qualcuno cercherà di sostenere che la proroga dovrebbe valere anche per detto termine).

Per i licenziamenti comminati prima del 24 novembre 2010: applicabile la nuova disciplina? La legge nulla dice e dovrebbe valere il principio di irretroattività; si potrebbe però ritenere che il termine di 270 giorni decorra non dall'impugnazione (avvenuta prima del 24 novembre 2010), ma dalla data di entrata in vigore della legge: se si aderisse a questa tesi, il ricorso andrebbe proposto entro il 21 agosto 2011 (solo dopo questa data vedremo come la giurisprudenza affronterà le eccezioni di decadenza che verranno proposte).

b) b) Contratto a termine:

  • Impugnazione (sia invalidità termine sia violazione norme su successioni e proroghe): impugnazione entro 60 giorni dalla scadenza. Per i contratti già conclusi al 24 novembre 2010, impugnazione entro il 23 gennaio 2011: questo termine è prorogato al 31 dicembre 2011 dal decreto mille proroghe.
  • Ricorso: entro 270 giorni dall'impugnazione (questo termine dovrebbe essere già operativo; come per i licenziamenti possibile anche l'interpretazione che ritenga prorogata l'operatività del termine di 270 giorni al 31.12.2011).

c) I nuovi termini (60 giorni per impugnazione stragiudiziale e 270 per il ricorso giudiziale) si applicano anche a:

  • Impugnazione rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto;
  • Impugnazione trasferimento;
  • Impugnazione passaggio datore di lavoro ex art. 2112 c.c.;
  • Accertamento di un rapporto di lavoro con soggetto diverso dal titolare del contratto (somministrazione, appalto illecito, ecc.).

Il termine per l'impugnazione è prorogata al 31.12.2011 per effetto del decreto mille proroghe. Se però l'impugnazione c'è stata, dovrebbe già valere il termine di 270 giorni. Se la fattispecie è anteriore al 24 novembre 2010 e l'impugnazione vi è stata, potrebbe ritenersi che il termine di 270 giorni per fare ricorso decorra dalla data di entrata in vigore della legge e quindi scada il 21 agosto 2011 (come per i licenziamenti e i contratti a termine possibile anche l'interpretazione che ritenga prorogata l'operatività del termine di 270 giorni al 31.12.2011).

11 Maggio 2011 - Interpretazioni

Patto di non concorrenza- erogazione in corso di rapporto

Il patto di non concorrenza nel lavoro subordinato è regolato dall'articolo 2125 cod. civ. che ne stabilisce alcune condizioni tra cui la fissazione del corrispettivo. La giurisprudenza si sta orientando a ritenere illeciti i corrispettivi per patto di non concorrenza erogati costanza di rapporto, normalmente unitamente alla retribuzione mensile. Ciò perché la non prevedibilità della durata del rapporto rende indeterminabile l'entità del corrispettivo che potrebbe risultare non congruo rispetto al sacrificio che viene chiesto al lavoratore. (Così da ultimo Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 28 gennaio 2011 - Guida al lavoro, 2011 n. 19). E' quindi consigliabile, ove si voglia stipulare un patto di concorrenza valido, quantomeno prevedere un corrispettivo predeterminato e di entità congrua anche riservandosi la possibilità di erogarlo, in tutto o in parte, in corso di rapporto.

14 Marzo 2011 - Interpretazioni

ROL ed ex-festività: effetti del mancato pagamento

Il Ministero del Lavoro, con risposta ad interpello 8 marzo 2011, n. 16, ha precisato che il mancato godimento o pagamento entro le scadenze indicate dai contratti collettivi dei permessi per riduzione dell'orario di lavoro e sostitutivi delle festività soppresse non comporta alcuna sanzione a carico delle aziende.

A proposito dell'insorgenza dell'obbligazione contributiva in caso di mancato godimento dei permessi in questione nonché del mancato pagamento dell'indennità sostitutiva alle scadenze previste dai CCNL, il Ministero evidenzia che tale obbligazione va individuata in relazione al termine ultimo di godimento dei permessi. Di conseguenza, il versamento dei relativi contributi va effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui si colloca il termine ultimo di godimento del permesso.

Infine, il Ministero precisa che, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito a ROL ed ex festività, gli ispettori del lavoro possono utilizzare l'istituto della diffida accertativa per crediti patrimoniali ex art. 12, D.Lgs. n. 124/2004, diffidando il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti.

In tale ipotesi, qualora il datore di lavoro non adempia alla diffida accertativa o nonpromuova un tentativo di conciliazione che si concluda con esito positivo, la diffida, con provvedimento del Direttore della DPL, acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo.

Il provvedimento del Ministero del Lavoro è consultabile integralmente sul sito:

http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/AB4AF0BC-19A7-404E-B869-DAFD712159DC/0/162011.pdf

19 Gennaio 2011 - Interpretazioni

Impugnazione contratti a termine e di somministrazione

La Legge 183/2010, entrata in vigore il 24.11.2010, all'art. 32, comma 4, ha esteso anche all'impugnazione per nullità dei contratti a tempo determinato il regime previsto per i licenziamenti individuali,basato sul termine di 60 giorni per comunicare l'impugnazione stessa anche in via stragiudiziale.Tale disposizione si applica non solo ai nuovicontratti, ma anche a quelli in corso dalla data del 24 novembre 2010 e ai contratti di lavoro a termine già conclusi alla data di entrata in vigore della legge 183/2010, con decorrenza dei termini di impugnazione dalla medesima data di entrata in vigore e cioè dal 24 novembre 2010. Una prima interpretazione del Tribunale di Roma (sentenze n. 118986/2010 e n. 19101/2010) parrebbe estendere anche ai contratti di somministrazione l'applicabilità del nuovo termine di decadenza di 60 giorni per l'impugnazione. Pertanto, le impugnazioni dei contratti a termine e di somministrazione conclusi prima del 24 novembre 2010 dovranno pervenire ai datori di lavoro entro il 23 gennaio 2011.

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