20 Marzo 2020
Emergenza Coronavirus/COVID-19: limiti ai licenziamenti
Licenziamenti collettivi
Dal 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 18/2020, recante misure urgenti per contrastare l’emergenza Coronavirus – Covid-19) e fino al 16 maggio 2020, in base alla prima parte dell’art.46 del decreto citato (“A decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto, l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991 è precluso per sessanta giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti successivamente alla data del 23 febbraio 2020), non è possibile attivare le procedure di legge. La misura riguarda:
- le imprese, le quali, al termine del periodo di integrazione salariale straordinaria, non sono in grado di assicurare la ripresa piena dell’attività alle loro maestranze e non sono in grado di ricorrere a misure alternative;
- le imprese che, in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio della stessa provincia. I licenziamenti in questione sono esclusivamente quelli che, nello stesso arco temporale (120 giorni) e nello stesso ambito (ciascuna unità produttiva), siano comunque riconducibili alla stessa causale (riduzione e trasformazione di attività).
Dette imprese, quindi, nel caso intendessero aprire una procedura di licenziamento collettivo, dovranno attendere il 17 maggio 2020
Se, invece, le procedure fossero state aperte prima del 17 marzo 2020, teoricamente potrebbero essere completate, anche se riteniamo assai probabile che gli Enti pubblici competenti (DTL, Ministero del Lavoro) interverranno per convincere le imprese ad accettare una sospensione
Licenziamenti individuali
Dalla stessa data del 17 marzo 2020 e fino al 16 maggio 2020, in base alla seconda parte dell’art.46 del decreto citato (“Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604.”) non si possono effettuare i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, riferiti a:
- ragioni inerenti l’attività produttiva;
- ragioni inerenti il regolare funzionamento della stessa.
E’ dubbio se possano essere assimilati al giustificato motivo oggettivo i licenziamenti di dirigenti per giustificatezza non motivati da ragioni disciplinari.
Non sono interessati al blocco:
- i licenziamenti per giusta causa e quelli per giustificato motivo soggettivo di natura disciplinare (per i quali ricordiamo andrebbero comunque rispettate le procedure di legge ex art 7 Legge 300/1970 e di CCNL. Il condizionale è d’obbligo, alla luce delle problematiche legate agli effetti delle misure restrittive della mobilità adottare dal DL 18/2020 e dei reali rallentamenti dei servizi postali e giudiziari);
- i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo diversi da quelli di natura disciplinare, come ad esempio quelli di inidoneità;
- i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia, atteso che per la eventuale prosecuzione fino al limite dei settanta anni necessita il consenso del datore di lavoro (cfr. Cass. Sez. Unite n. 17589/2015);
- i licenziamenti per la fruizione del pensionamento per la “quota 100”;
- i licenziamenti dovuti al superamento del periodo di comporto. E’ possibile che sulla computabilità delle assenze per malattia collegate al Coronavirus/COVIS-19 (periodo di quarantena o ricovero ospedaliero), intervengano provvedimenti normativi;
- i licenziamenti dei lavoratori domestici;
- i licenziamenti degli apprendisti al termine al termine del periodo formativo.