Con la legge 10 dicembre 2014 n.183 il Governo è stato delegato ad emanare decreti attuativi in materia di lavoro.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il decreto, che è in attesa di formalizzazione e pubblicazione, modifica gli effetti della declaratoria di illegittimità dei licenziamenti dei lavoratori, operai, impiegati e quadri assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto stesso, ed esclude, per tali licenziamenti, anche, ove prevista, l’onere della procedura preventiva di tentativo obbligatorio di conciliazione in sede di Direzione Territoriale del Lavoro.
L’articolo due del decreto prevede la reintegrazione del lavoratore nel caso in cui il giudice accerti la nullità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile altri casi di nullità od ancora in caso di licenziamento inefficace perché intimato in forma orale. Oltre alla reintegrazione, la pronunzia del giudice stabilisce un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino alla effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a cinque mensilità.
Lo stesso articolo prevede la facoltà, per il lavoratore, di optare per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione in luogo della reintegrazione, purché la richiesta venga effettuata entro 30 giorni dal deposito della sentenza o dall’invito del datore di lavoro riprendere servizio.
L’articolo tre (che rappresenta la vera novità estendendo i casi di esclusione della reintegrazione) prevede che, nel caso in cui venga accertato che non sussistono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo o per giusta causa, il giudice dichiari comunque estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanni il datore di lavoro al pagamento di un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
Il comma due dell’articolo tre mantiene ancora la reintegrazione, nel caso in cui, in un licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore ed il risarcimento, calcolato sulla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione, però in misura non superiore alle 12 mensilità.
L’articolo quattro prevede, in caso di licenziamento in cui siano stati accertati vizi formali (difetto di motivazione o inosservanza delle procedure disciplinari) che il giudice dichiari estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanni il datore di lavoro al pagamento di un’indennità, esente da contributi pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità.
L’articolo sei consente al datore di lavoro, entro 60 giorni dalla data del licenziamento, di offrire al lavoratore in sede protetta (direzione territoriale del lavoro – collegi sindacali di conciliazione) un importo, esente da imposizione fiscale e contributiva, di ammontare pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità.
L’offerta deve essere formalizzata tramite messa a disposizione di un assegno circolare la cui accettazione comporta l’estinzione del rapporto e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento.
L’articolo sette prevede, per i lavoratori operanti negli appalti, che l’anzianità di servizio ai fini della misura dell’indennità di una o due mensilità per ogni anno di servizio tenga conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.
L’articolo nove prevede, per i licenziamenti nelle piccole imprese (fino a 15 dipendenti), che l’indennizzo di uno o due mensilità per ogni anno di servizio, previsto nelle ipotesi degli articoli precedenti, sia dimezzato e non possa essere in ogni caso superiore a sei mensilità.
L’articolo 10 disciplina i licenziamenti collettivi, prevedendo, in caso di inosservanza della forma scritta, la reintegrazione e l’indennizzo non inferiore a cinque mensilità, mentre in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta, il solo pagamento di un’indennità di due mensilità per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a 24 mensilità.
L’articolo 12, infine, esclude, per i licenziamenti regolati dal decreto, l’applicazione della procedura processuale specifica per i licenziamenti (c.d. rito Fornero), per cui l’impugnativa giudiziale dovrà essere proposta con rito ordinario ex articolo 414 c.p.c.